Biofeedback e neurofeedback nel mental training sportivo

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Nell’attività agonistica il gesto atletico è influenzato dalla mente dello sportivo, da quello che pensa e prova. Le neuroscienze dello sport indagano questo nesso, con l’obiettivo di insegnare agli atleti a conoscere e modulare le attività del proprio sistema nervoso centrale. Il sistema nervoso centrale è l’insieme di cervello e midollo spinale, che raccoglie le informazioni dagli altri organi e dall’ambiente elaborando risposte per l’intero organismo.
In questo articolo analizziamo due tecniche per raggiungere la sincronia tra mente e corpo, il biofeedback e il neurofeedback. Nate per trattare condizioni di disturbo fisiologico e mentale, sono state successivamente applicate con successo al mental training nello sport agonistico.

Biofeedback per controllare le attività fisiologiche

Studi condotti negli Stati Uniti negli anni ’60 dallo psicologo comportamentista Miller evidenziano il collegamento tra emozioni e processi fisiologici del sistema cardiovascolare.
Nel 1970 i ricercatori Green e Walters perfezionano il concetto, stabilendo che, a ogni cambiamento fisiologico, ne corrisponde uno emotivo (principio psicofisiologico). Perché non applicare quanto scoperto alla preparazione atletica? È il passaggio che segna l’ingresso dello sport nei campi di ricerca delle neuroscienze e apre la strada al biofeedback nei primi anni ‘80.

Il biofeedback è una tecnica che:
  • misura specifiche attività fisiologiche (frequenza cardiaca, respirazione, tensione muscolare, temperatura e conduttanza della pelle);
  • oggettiva quanto rilevato attraverso feedback visivi e acustici che l’atleta può comprendere con facilità.
In questo modo, lo sportivo imparerà a conoscersi e ad autoregolarsi, controllando il suo corpo anche in situazioni di stress. 

bio e neurofeedback – attività fisiologiche / foto di Hans Reniers - Unsplash

Neurofeedback per restare concentrati in momenti di tensione

Il neurofeedback è una tecnica derivante dal biofeedback. Consiste nell’allenamento di alcuni parametri del sistema nervoso e ha l’obiettivo di modificare le onde cerebrali per migliorare le prestazioni nella pratica agonistica. Con questo tipo di mental training, l’atleta può capire come raggiungere uno stato di concentrazione rilassata in momenti di tensione (pensiamo per esempio a una battuta nel volley o nel baseball, al prendere la mira nel tiro con l’arco, al tiro in buca nel golf).

È una terapia sicura e non invasiva: è stata usata per trattare il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, l’epilessia e la demenza ancor prima di essere impiegata nello sport. Si basa sulla neuroplasticità, cioè sulla capacità del cervello di creare sempre nuove reti neurali sollecitato dall’esperienza.

Nel neurofeedback:
si effettua una mappatura cerebrale tramite elettrodi, che stabilisce il tipo di allenamento e le aree specifiche su cui concentrarsi;
gli elettrodi misurano le onde cerebrali dello sportivo, mentre questo cerca di controllare i segnali di distrazione o di ricordi di situazioni stressanti;
feedback visivi e acustici aiutano l’atleta ad afferrare questi processi invisibili: se raggiunge i progressi pianificati, riceve delle ricompense visive e auditive che consolideranno nuovi pattern di funzionamento da sfruttare in reali situazioni di ansia.

bio e neurofeedback – concentrazione rilassata / foto di Mitchell Griest - Unsplash

Bio e neurofeedback funzionano davvero?

Un caso di successo è la Nazionale italiana di calcio ai Mondiali del 2006. Alcuni suoi giocatori hanno fatto ricorso a bio e neurofeedback durante il torneo, che si è concluso con la vittoria dell’Italia sulla Francia ai rigori (ben oltre il tempo regolamentare). I calci di rigore rientrano nelle situazioni altamente stressanti, in cui il controllo di mente e corpo è fondamentale. Inoltre, nello stesso anno, il campionato italiano di calcio era stato scosso dallo scandalo Calciopoli, che aveva coinvolto le squadre di molti atleti convocati. Gli Azzurri hanno quindi gestito una competizione internazionale e una pressione ben al di sopra della media, riuscendo egregiamente nell’impresa.

bio e neurofeedback – stress sportivo / foto di Dominik Kuhn - Unsplash

In conclusione, bio e neurofeedback possono essere procedure molto efficaci, ma non da sole. È necessario un lavoro di ascolto e analisi preliminare della persona
  • che prenda in considerazione i suoi vissuti emotivi e relazionali
  • che consenta l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e collaborazione con il terapeuta. Rapporto su cui si getteranno le basi per il cambiamento dell’atleta.