Impariamo a reagire ai pensieri negativi ossessivi con la metacognizione

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La metacognizione è il pensiero applicato al pensiero, cioè la capacità di monitorare, regolare, controllare, valutare il processo e il prodotto della coscienza.
In questa definizione, a differenza del concetto di stato mentale, non c’è nessun riferimento all’aspetto emotivo, che rimane totalmente escluso. La metacognizione, infatti, si rivolge esclusivamente alle ragioni del mantenimento del rimuginìo, senza indagare le origini e le motivazioni del pensiero che ci assilla.
Secondo questo modello, ci si trova intrappolati in un disturbo a causa delle proprie credenze; confutare queste ultime è l’obiettivo del lavoro con lo psicologo.

Rimuginìo, ruminazione e convinzioni dannose

Gli studiosi Wells e Papageorgiu sostengono che, di fronte a un evento, tendiamo a rispondere con un insieme di strategie disfunzionali che, nonostante ci creino disagio, continuiamo a ripetere:
  • Rimuginìo: stile di pensiero volontario, connotato negativamente, volto al futuro (che percepiamo come una minaccia), verbale e astratto - apparentemente più controllabile rispetto a una immagine dettagliata
  • Ruminazione: stile di pensiero volontario, anch’esso orientato in senso negativo, rivolto al passato e alla ricerca di risposte Le convinzioni riguardanti il rimuginìo e la ruminazione possono essere connotate positivamente o negativamente:
- le convinzioni positive vedono nell’atto di ruminare e rimuginare un modo per trovare soluzioni e superare le emozioni negative;
- le convinzioni negative riguardano la paura della perdita di controllo sui propri pensieri, il timore di una ricaduta fisica dell’eccessivo pensare e la paura della pazzia e incrementano l’ansia e il senso di fallimento.
Entrambe possono mantenere vivo il disturbo, perché spingono la mente a un’intensa attività che non necessariamente porta a una soluzione o a un miglioramento, anche quando si pone questo obiettivo.
immagine: rimuginìo e ruminazione - pensare troppo
[immagine: rimuginìo e ruminazione - pensare troppo_SGLpsicologa / Photo by Aarón Blanco Tejedor on Unsplash]

Possibile non è uguale a reale

Lo stato mentale indica l’insieme di credenze, emozioni, pensieri e comportamenti con cui reagiamo all’accadere di certi eventi.
Esistono due modalità di valutazione del nostro stato mentale:
1) Lo riteniamo reale: a furia di pensarci, il nostro timore diventa una realtà.
Per esempio: una persona che stiamo aspettando è in ritardo e iniziamo ad aver paura che le sia successo qualcosa di terribile. All’inizio questo pensiero si presenterà solo come una sgradevole, remota possibilità; continuando a pensarci su, ci convinceremo che non può essere accaduto niente di diverso da ciò che temiamo.
2) Applichiamo la metacognizione: riusciamo a osservare i nostri pensieri trattandoli come eventi separati da noi stessi e dalla realtà.
Per esempio: quando ci troviamo nella situazione indicata sopra e il pensiero sgradevole compare, non facciamo nulla, fermi nella consapevolezza che si tratta di semplici produzioni mentali non per forza corrispondenti alla realtà.

Come fermare un circolo vizioso di pensieri?

L’elemento fondamentale del pensiero che porta disagio, secondo i due autori citati, è rappresentato dalla sindrome cognitivo-attentiva (CAS), cioè l’insieme di strategie dominate da ruminazione e rimuginìo che, anziché placare l’ansia, la fanno aumentare.
Ecco come contrastarla:
1) Mettiamo in discussione i nostri percorsi mentali
La prima azione da compiere per fermare il continuo lavoro della mente e formulare un piano efficace per la soluzione del problema è confutare l’utilità di rimuginìo e ruminazione: dobbiamo renderci conto che siamo entrati in un loop in cui vengono poste sempre le stesse premesse, le quali portano inevitabilmente alle medesime conclusioni insoddisfacenti. Non è ponendoci incessantemente la stessa domanda che otterremo la risposta che cercavamo. Alcune domande non hanno risposta e dobbiamo accettarlo, altre richiedono silenzio e concentrazione e la mente agitata non ci aiuta; altre ancora vanno affrontate con una strategia basata su informazioni, ma ci vuole tempo per raccoglierle.
[immagine: metacognizione - percorsi mentali_SGLpsicologa / Photo by Evan Dennis on Unsplash]

2) Alleniamoci a osservare i nostri pensieri con distacco
Il secondo passo è il training attentivo, da svolgere insieme a uno psicoterapeuta: utilizzando esercizi specifici scopriremo che i nostri pensieri sono gestibili e meno autonomi di quanto crediamo.
Infine lo specialista ci insegnerà a usare la Detached Mindfulness, cioè a essere con la mente nel momento presente, pienamente consapevole dei nostri stati interni (pensieri, credenze, ricordi e sensazioni) e a prendere le distanze da ogni reazione emotiva o comportamentale. Questo esercizio ci aiuta a sviluppare la capacità di osservare il nostro pensiero senza emettere alcun tipo di giudizio, considerarlo un evento di passaggio nella mente e, dopo averlo accolto, lasciarlo andare via. Entra quindi in gioco il concetto di distacco come capacità di separare il sé dai propri pensieri, senza adottare comportamenti disfunzionali. La credenza di fondo dei rimuginatori è che questo loro comportamento non si possa controllare: gli esercizi del training attentivo e la pratica della detached mindfulness agiscono proprio confutando questa credenza. Perché, citando Wells, “I pensieri non sono importanti, importante è come reagiamo”.
[immagine: detached mindfulness - SGLpsicologa / Photo by Autumn Goodman on Unsplash]
Se ti senti intrappolato nei tuoi pensieri negativi, sappi che esiste una via d’uscita. E possiamo trovarla insieme.

BIBLIOGRAFIA
Wells, Papageorgiu, Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e depressivi, Eclipsy, 2009