Il potere chiarificatore dell’auto osservazione sugli schemi mentali

18:02 1 Comments A+ a-

A volte abbiamo l’impressione che certe situazioni siano per noi intollerabili e che ci scatenino emozioni quasi fuori controllo. La psicologia cognitiva ritiene che, in realtà, le situazioni in sé siano neutre, né positive né negative, sono semplici accadimenti quotidiani. Attraverso l’auto osservazione dei nostri pensieri e delle nostre emozioni e con qualche domanda sulla provenienza delle nostre reazioni, possiamo riuscire a capire di più noi stessi e a gestire meglio il nostro stato d’animo.
Proviamo a immaginare di vedere un nostro caro amico sul lato opposto della strada. Lo salutiamo, ci sbracciamo… Niente. Il nostro amico prosegue senza degnarci di uno sguardo. Quale sarebbe la nostra prima reazione emotiva? Probabilmente una delle seguenti, a seconda del significato personale che diamo al suo comportamento:
  • divertimento, se pensiamo “è il solito distratto!”
  • rabbia, se pensiamo “non mi ha salutato di proposito!”
  • senso di colpa, se pensiamo “gli avrò fatto qualcosa di male?”
  • tristezza, se pensiamo “mi sbagliavo su di lui, non è l’amico che credevo.”
È come se portassimo un paio di occhiali e la visione del mondo circostante fosse influenzata da questi. La forma, il colore e tutte le caratteristiche delle nostre lenti immaginarie ci fanno vedere in modo del tutto soggettivo qualsiasi evento.
Se questa premessa è vera, la prima azione che possiamo compiere quando ci sentiamo invasi da un’emozione potente, è provare a essere consapevoli di quanto sta accadendo: l’evento collegato all’emozione non è negativo in sé, è ciò che noi ne pensiamo a renderlo insopportabile. Dobbiamo cercare di toglierci queste lenti per riuscire a capire come esse influenzino la nostra visione della realtà, dobbiamo cioè fermarci a riflettere sui significati personali che stanno alla base delle nostre emozioni e che applichiamo quasi inconsapevolmente a tutto ciò che ci succede.
immagine: auto osservazione - visione soggettiva della realtà / Photo by Jad Limcaco on Unsplash

Significati personali, le lenti (deformanti) con cui osserviamo la realtà

I significati personali sono centrali nella valutazione degli eventi e spesso ci portano a interpretazioni disfunzionali (quelle che ci arrecano dolore, disagio o scatenano emozioni difficili da gestire). Queste interpretazioni distorcono il contenuto dell’accaduto e suscitano in noi pensieri e rappresentazioni che non corrispondono alla realtà; il rischio è di finire avviluppati in una spirale negativa. Le interpretazioni disfunzionali sono spesso rappresentate da pensieri rapidi che il più delle volte attraversano la nostra mente senza che ce ne rendiamo conto. Questo avviene perché:
  • si presentano alla mente in modo automatico
  • sono plausibili per chi li produce
  • esprimono una modalità di attribuzione di significato costante (nell’esempio dell’amico: “ecco, mi sono sbagliato ancora una volta, credevo di aver trovato un nuovo amico e invece non era così…”)
  • hanno la forma telegrafica di un linguaggio personale specifico (esempio: “non ho amici”) L’attribuzione costante di significati deriva da strutture mentali stabili di grado superiore, gli schemi.

Gli schemi e le loro insidie: essere mentalmente rigidi non ci aiuta a stare bene

Il concetto di schema è stato elaborato da Jeffrey Young (1990/1999) e indica quei comportamenti che si sviluppano in risposta a degli stessi significati che diamo ripetutamente agli eventi nella nostra vita. Uno schema, secondo l’autore, è caratterizzato da alcuni tratti:
  • è un tema o un modello generale pervasivo
  • è composto da ricordi, emozioni, cognizioni e sensazioni
  • è riferito a noi stessi e alle nostre relazioni con gli altri
  • è qualcosa che abbiamo sviluppato nell'infanzia o nell'adolescenza
  • si è consolidato durante la nostra storia di vita
Possiamo considerare i comportamenti come la risposta a un determinato schema, il quale ha la funzione di garantire un tema centrale a cui teniamo in maniera particolare (per esempio “devo essere accettato da tutti”), ma che cerchiamo sempre di raggiungere attraverso un percorso che prevede un’unica modalità di azione.

Le reazioni comportamentali non sono l’unico modo di agire che ci caratterizza. Di fronte a un evento possiamo avere due tipi di reazioni: comportamentali o emotive.
Le reazioni comportamentali sono, appunto, le strategie intenzionali motivate dallo schema; mantengono i circoli viziosi e le credenze legate al pensiero automatico.
Uno schema, infatti, diventa disfunzionale quando:
  • è rigido
  • è pervasivo
  • provoca sofferenza
  • causa una bassa capacità di discriminare gli eventi
Le reazioni emotive, invece, sono fonti insostituibili di informazioni. Ognuna ha un significato ben preciso che, associato all’intensità, può aiutarci a comprendere il pensiero che l’ha scatenata:
  • proviamo ansia quando avvertiamo una minaccia non meglio definita
  • paura quando, al contrario, la minaccia è definita
  • tristezza quando sentiamo di aver perso qualcosa di importante legato al nostro passato
  • rabbia per un diritto leso
  • colpa quando, con il nostro agire, danneggiamo in qualche modo l’immagine di noi stessi
  • vergogna se la nostra immagine sociale viene minacciata
immagine: auto osservazione - reazioni emotive / Photo by Scott Webb on Unsplash
Quando ragioniamo all’interno dello schema, siamo portati a distorcere la possibilità che avvenga la situazione che ci fa paura estremizzandola, adattandola alle nostre convinzioni (continuando con l’esempio di prima, “se entro in un gruppo già consolidato nessuno mi accetterà, sarò emarginato/a da tutti”).
Bisognerebbe provare a verificare in maniera oggettiva il rischio che quella condizione si verifichi (per esempio: ”quanto è realistico pensare che frequentando un nuovo gruppo sarò emarginato da tutti? Non è più realistico e flessibile accettare che con alcuni avrò un buon legame e con altri no, senza che questa sia una catastrofe?”). Questa valutazione prende il nome di auto osservazione e rende l’evento temuto meno oscuro, più accettabile. È un passaggio essenziale per abbandonare gli schemi mentali che ci fanno stare male: non dimentichiamoci, infatti, che molti dei comportamenti che vorremmo cambiare in noi stessi sono strategie che usiamo per non cadere in uno scenario temuto, ma risultano disadattivi perché rappresentano per noi l'unica strada per farlo, anche se quella strada non ci piace e preferiremmo liberarcene. Aprendo lo sguardo a un orizzonte di possibilità più vasto, ecco che possono aprirsi davanti a noi nuovi percorsi da sperimentare per raggiungere i nostri obiettivi in modo più sereno e gratificante.
immagine: auto osservazione / Photo by Jean-Philippe Delberghe on Unsplash
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1 commenti:

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Unknown
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26 settembre 2019 alle ore 11:55 delete

Mi voglio complimentare con lei per questa disamina chiara precisa e concisa su un argomento che sta monopolizzando da qualche anno la mia attenzione,direi essenziale.grazie di nuovo

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