Disturbo d’ansia generalizzato, il male di chi non sa smettere di pensare

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I soggetti ansiosi passano anche più di metà giornata preoccupandosi, anche se si rendono conto che il loro comportamento non porta ad alcuna soluzione. Sentono di non riuscire a controllare i propri pensieri (e i conseguenti sintomi) riguardo a minacce che solitamente coinvolgono aree tematiche ricorrenti: la famiglia, il denaro, il lavoro, la salute personale. La preoccupazione si presenta sproporzionata rispetto all’evento temuto e pervasiva.
Quando l’ansia è caratterizzata da fastidiosi sintomi persistenti indotti dalla preoccupazione - spesso anche somatici - possiamo parlare di disturbo d’ansia generalizzato.

Il tratto psichico distintivo dell’ansia generalizzata: il rimuginìo

Caratteristica centrale del disturbo è l’attesa apprensiva, una sorta di tensione psichica, con anticipazione pessimistica di esiti negativi per sé o per i propri familiari in assenza di realistiche motivazioni. A questa componente del disturbo d’ansia generalizzato si accompagna, dal punto di vista cognitivo, il rimuginìo. Secondo Borkovec et al. (1983), il rimuginìo è un incessante susseguirsi di immagini e pensieri di eventi con finali catastrofici apparentemente incontrollabili; il ritorno ripetitivo ai pensieri ansiogeni è dato dal fatto che la preoccupazione nasce dal tentativo di eseguire un problem solving mentale su una questione dall’esito incerto, ma di grande importanza per il soggetto. Wells (1999) sottolinea il carattere prevalentemente verbale del rimuginìo, a differenza delle immagini che colpiscono più in profondità la parte emotiva. Il linguaggio interiore si appoggia alla parte logica, creando un certo distacco dall’intensità dell’emozione; infatti i pensieri verbali stimolano una scarsa risposta cardiovascolare, mentre immagini dello stesso materiale evocano una risposta più forte.
immagine: disturbo ansia generalizzato - rimuginìo / Photo by Jad Limcaco on Unsplash
Come tutte le potenzialità dell’uomo, anche la preoccupazione di per sé non è patologica, ma anzi può essere una modalità funzionale di risoluzione di un problema: essa consiste nella contemplazione di situazioni potenzialmente pericolose e di strategie personali di fronteggiamento. È associata a una motivazione a prevenire o evitare un potenziale pericolo e, pur essendo spesso intrusiva (cioè non ricercata, ma spontanea), è controllabile, benché spesso ci sembri il contrario. Secondo Barlow et at. (1998) ciò che rende la preoccupazione patologica non è il contenuto dei pensieri in sé, ma la percezione che sia eccessiva e incontrollabile. Il rimuginìo ansiogeno è caratterizzato da:
  • una significativa diminuzione delle asserzioni orientate al presente, con prevalenza del futuro;
  • aumento dell’affettività ansiosa e depressiva (la sensazione di non riuscire più ad uscire da questi pensieri ricorrenti);
  • minore capacità di spostare la propria attenzione da un argomento all’altro o di focalizzarla;
  • prevalenza di parole che implicano un’interpretazione catastrofica (es. sempre, mai, tremendo, terribile).
Poiché i soggetti ansiosi vivono male l’incertezza, il rimuginìo è il loro modo per prepararsi al peggio, cercando di controllare gli eventi futuri per evitare le delusioni e proteggere le persone care, qualche volta anche in senso un po’ superstizioso.

Come si riconosce un ansioso patologico? Dalla tensione fisica e dalle sue convinzioni

Ancora Borkovec sottolinea, inoltre, come la preoccupazione per problemi quotidiani relativamente poco importanti possa servire da distrazione per tematiche di maggiore carica emotiva. Per Stober (1998) i concetti astratti che caratterizzano le preoccupazioni possono contribuire a diminuire l’immaginazione mentale e ridurre la capacità di iniziare passi concreti per la soluzione dei problemi. Quindi la preoccupazione diventa forma di evitamento per timore dell’errore, perfezionismo o allontanamento delle emozioni. All’inibizione dell’elaborazione emotiva si accompagnano segni di tensione fisica, come:
  • irrigidimento muscolare soprattutto al capo, al collo e al dorso,
  • dolori diffusi e cefalee, tremori e contrazioni;
  • iperattività neurovegetativa (respiro affannoso, palpitazione, sudorazione, secchezza delle fauci, sensazione di nodo alla gola o di testa vuota e leggera, vampate di caldo, disturbi gastroenterici);
  • disturbi cognitivi, rappresentati principalmente dal rimuginìo, scarsa concentrazione e facile distraibilità, disturbi della memoria;
  • disturbi della vigilanza (irrequietezza, irritabilità, nervosismo, stato di allarme);
  • disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente).
immagine: ansia generalizzata - disturbi del sonno / Photo by Bekah Russom on Unsplash
L’ansia patologica ha un decorso cronico e fluttuante e tende a peggiorare durante i periodi di stress. Spesso i soggetti che ne soffrono ricorrono ad autoterapie disfunzionali (come l’abuso di alcol o sostanze) e per questa ragione il disturbo si presenta frequentemente associato ad altri, come la depressione che insorge secondaria quando il paziente sente che sta perdendo il controllo della propria vita. Compare spesso in adolescenza, tuttavia è difficile da definire con esattezza, in quanto i pazienti hanno spesso la sensazione di soffrirne da sempre.
Il disturbo d’ansia generalizzato colpisce prevalentemente le donne (circa il 60% dei pazienti ansiosi), soprattutto se separate, vedove, divorziate, disoccupate o casalinghe.
In pochi si rivolgono allo psicologo, probabilmente perché la componente somatica dell’ansia spinge le persone a consultare altri specialisti e solo dopo il colloquio con loro si valuta la possibilità di un percorso psicologico.
Le persone che soffrono di un disturbo d’ansia generalizzato hanno alcune convinzioni che caratterizzano questo disagio:
  • il mondo è considerato sempre minaccioso (anche dietro a eventi neutri possono nascondersi pericoli che vanno scoperti);
  • le emozioni fanno paura ed è presente il circolo vizioso per cui lo stato di allerta viene scambiato per pericolo in sé;
  • la tranquillità intimorisce, perché viene scambiata per impreparazione al pericolo incombente; se la mente è sgombra ci si concentra sui pericoli potenziali;
  • l’esito catastrofico atteso si basa su un senso di inadeguatezza personale (in parole povere i soggetti ansiosi ritengono di non avere le capacità necessarie ad affrontare i problemi);
  • ci si giudica negativamente, facendo riferimento a una teoria costruita autonomamente su come non si debba essere psicologicamente deboli.
immagine: disturbo ansia generalizzato - convinzioni catastrofiche / Photo by Mario Azzi on Unsplash

Gestire l’ansia è meglio (e più realistico) che evitarla

Per contrastare questa situazione così difficile da sopportare e alcune volte con pesanti ricadute sulla propria vita, il punto di partenza è assumersi la responsabilità del controllo dei propri pensieri, sentimenti e comportamenti: l’ansia non deve essere evitata, può essere gestita; i pensieri non sono fuori dal controllo, possiamo utilizzare adeguate strategie che ci permettono di riportare nella sfera della tolleranza le emozioni e in quella intenzionale i comportamenti. Bisogna quindi cercare di distinguere le preoccupazioni irrealistiche da quelle ragionevoli, ma eccessive. In seguito, possiamo:
  • tenere un diario degli eventi e delle reazioni che suscitano in noi per affrontare i pensieri catastrofici ogni volta che si presentano stimoli in grado di scatenarli: infatti la scrittura rende possibile un certo distanziamento che permette di riprendere il controllo sui pensieri.
  • imparare a osservare i nostri pensieri riconoscendoli come tali (e quindi diversi da ciò che realmente sta accadendo) usando alcune tecniche volte all’acquisizione di consapevolezza (mindfulness): in questo modo non rimaniamo agganciati all’immagine, ma lasciamo andare, allenandoci a gestire la nostra mente, portandola a focalizzarsi su altri aspetti oltre il pensiero dominante.
  • per completare il nostro percorso verso la calma, in alcuni casi si possono utilizzare gli esercizi di rilassamento (per esempio il training autogeno).
Infine dobbiamo ricordare che non è realistico credere che anni di paure abituali e pensieri negativi possano essere del tutto superati in poche settimane; la modulazione dell’ansia richiede allenamento continuo, anche quando l’intensità dell’emozione e dei sintomi si sarà ridotta. Contattami se vuoi iniziare un percorso guidato e personalizzato per imparare a gestire emozioni e preoccupazioni.