tag:blogger.com,1999:blog-64471913056097180422024-03-25T19:20:35.386+01:00Sveva Giribaldi Laurenti - psicologa, psicoterapeutaIl mio nome è Sveva Giribaldi Laurenti e sono una psicologa. Mi occupo di sostegno psicologico e psicoterapia per bambini, adolescenti e adulti.Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.comBlogger55125tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-90249428431762733312021-06-24T18:00:00.003+02:002021-06-24T18:05:11.282+02:00L’ACT contrasta l’evitamento esperienziale alla base della dipendenza, anche tecnologicaTra le dipendenze del nuovo millennio, oltre a sostanze stupefacenti, alcol e fumo, sono sempre più studiate quelle legate alla tecnologia. La proliferazione di supporti e canali comunicativi che ci connettono agli altri (pensiamo a smartphone e social media) innesca in noi il desiderio di ciò che avvertiamo come mancanza: di oggetti da comprare o esperienze da vivere, di notizie su un dato argomento, di evasione dalla quotidianità. L’esasperazione della ricerca e l’allungamento del tempo di permanenza in rete possono nascondere la volontà di evitare i nostri stati interiori, specie se non ci fanno stare bene. Questo meccanismo è anche alla base di una condizione di dipendenza. Vediamo come la tecnica psicologica ACT può intervenire per arginarla.
<h2>Cosa si intende per dipendenza?</h2>
L’Organizzazione Mondiale della Sanità classifica come dipendenza <b>una condizione fisica o psichica</b> data dall’interazione di un organismo con una sostanza <b>che porta al bisogno compulsivo di assumere la sostanza</b>, sia per provarne gli effetti psichici, sia per evitare il malessere dato dall’astinenza<sup>[1]</sup>.<div><b>La sostanza</b> non è per forza materiale,<b> può essere anche un comportamento che non riusciamo ad abbandonare</b>.</div><div><br /></div><div>Il libro <a href="https://play.google.com/store/books/details/In_Sostanza_Manuale_sulle_dipendenze_patologiche?id=5xJhDwAAQBAJ&hl=it&gl=US" target="_blank"><i>In sostanza, Manuale sulle dipendenze patologiche</i></a> (Lugoboni e Zamboni, 2018) si concentra su due <b>dipendenze di tipo tecnologico</b>:</div><div><br /><ul style="text-align: left;"><li><b>il gioco d’azzardo patologico</b> (GAP), una modalità di gioco ricorrente, persistente e in grado di generare forti emozioni negative come tristezza, ansia o solitudine. È un<b>o dei disturbi del controllo degli impulsi</b>, che comprendono alimentazione incontrollata, onicofagia (mangiarsi le unghie), tricotillomania (strapparsi i capelli) e altri gesti preceduti da tensione o eccitazione e seguiti da piacere o sollievo<sup>[2]</sup>.</li><li><b>l’Internet Addiction Disorder</b> (IAD) o comportamento di dipendenza da internet, menzionato per la prima volta dallo psichiatra americano Golberg nel 1995. Indica “un uso problematico, eccessivo o disfunzionale della rete”. La definizione è stata poi ampliata negli anni successivi per identificare <b>un uso</b> né pratico, né lavorativo, né piacevole <b>di internet</b>, ma <b>che soddisfa una necessità impulsiva e incontrollabile</b>. Le persone che soffrono di questa dipendenza investono<b> molto tempo in rete, a discapito delle attività quotidiane e della sfera psico-sociale. In caso di mancato collegamento</b>, il loro disagio raggiunge <b>stati angosciosi e ansiosi che possono assumere le dimensioni di una crisi d’astinenza</b><sup>[3]</sup>.</li></ul><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5p0KAe9BzB8osRRO33wF2nxJli-MwK26Eibv4ulp81m5y-15TR3n7bn7BlDPGozfArGMxJutzvrVR1PrKW3AMLuoBJ3fBRB29wzjYjXNdPzrsCKFeJUkcuVHmlMGEb12ZHWA9gD6agi7S/s2000/ACT+e+dipendenze+-+internet+addiction+disorder.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5p0KAe9BzB8osRRO33wF2nxJli-MwK26Eibv4ulp81m5y-15TR3n7bn7BlDPGozfArGMxJutzvrVR1PrKW3AMLuoBJ3fBRB29wzjYjXNdPzrsCKFeJUkcuVHmlMGEb12ZHWA9gD6agi7S/w640-h426/ACT+e+dipendenze+-+internet+addiction+disorder.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e dipendenze – internet addiction disorder / foto di <a href="https://unsplash.com/@beccatapert?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Becca Tapert</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><br /></div><div>Questa seconda patologia è particolarmente insidiosa, perché <b>grazie a strumenti che sono entrati a far parte delle nostre abitudini d’uso quotidiane</b> (come per esempio gli smartphone) <b>e alla pervasività degli spazi virtuali</b> in molte delle nostre esperienze (pensiamo a quante azioni compiamo abitualmente con un <i>click </i>o un <i>tap</i>),<b> siamo costantemente esposti al rischio</b>.</div><div>Particolari <b>limitazioni alle relazioni sociali di persona</b>, come per esempio i lockdown dovuti alla pandemia di Covid-19, possono creare le <b>condizioni ideali per un abuso</b> della rete, specie tra <b>gli adolescenti</b>. Sono loro <b>la fascia di popolazione più a rischio</b>, perché sono nati in un mondo già digitalizzato e<b> il confine tra online e offline è sempre più sfumato per loro</b>. Non a caso, i nati tra il 1996 e il 2009 sono chiamati anche <a href="http://www.psicoattivo.com/non-accettazione-delle-emozioni-e-uso-di-droghe/" target="_blank">iGeneration</a>.<h2><br />Come si interviene a livello psicologico sulle dipendenze, tecnologiche e non?</h2>
Da <a href="http://www.psicoattivo.com/non-accettazione-delle-emozioni-e-uso-di-droghe/" target="_blank">uno studio su persone con dipendenza da eroina</a> è emerso che la principale motivazione che spinge le persone sviluppare una dipendenza è <b>la difficoltà a mettere in atto processi di <i>coping</i></b>, ossia l’incapacità di fronteggiare una situazione nuova o avversa, che ci causa stress<sup>[4]</sup>. Chi si rifugia nelle dipendenze spesso fugge da frustrazioni, dolore e sensi di colpa<sup>[5]</sup>. <b>Mette in atto un evitamento esperienziale</b>, con l’illusoria sensazione di stare meglio nel breve periodo, ma alla lunga sprofonda sempre di più nella sofferenza, scollegandosi dal presente.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZFEBFWjPPDuydd1a8OYaiHdvZDXP9_wbKaj0A3OD5laJQ_NMXMUtT4joQlv3aXQG62S-ADESJzP1tuObKOloNqPrmxGJUf3CLcqi5_LNdh-WcH479q2aU9Eizb4j_u7uzEWDqcu4uFXth/s2000/ACT+e+dipendenze+-+evitamento+esperienziale.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZFEBFWjPPDuydd1a8OYaiHdvZDXP9_wbKaj0A3OD5laJQ_NMXMUtT4joQlv3aXQG62S-ADESJzP1tuObKOloNqPrmxGJUf3CLcqi5_LNdh-WcH479q2aU9Eizb4j_u7uzEWDqcu4uFXth/w640-h426/ACT+e+dipendenze+-+evitamento+esperienziale.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e dipendenze – evitamento esperienziale / foto di <a href="https://unsplash.com/@sashafreemind?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Sasha Freemind</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: center;"></div><div>Con il suo<b> approccio orientato all’accettazione dell’esperienza dolorosa e al distaccamento dai propri pensieri</b>, l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) va proprio nella direzione opposta: <b>ci aiuta ad accogliere tutte le sensazioni, imparando a riconoscerle come prodotti della mente</b> e non come fatti; in questo modo possiamo <b>stare nel momento lucidamente</b> (mindfulness), senza sentirci sopraffatti dal carico emotivo che porta con sé.</div><div>Attraverso il sé come contesto possiamo anche <b>individuare i nessi tra eventi scatenanti e nostri stati d’animo</b> e renderci conto di cosa ci fa reagire in un certo modo, <b>senza mettere in atto meccanismi autogiudicanti</b>.</div><div><br /></div><div>Oltre ad aiutarci a riorganizzare il nostro rapporto con i pensieri e le nostre esperienze interne<sup>[6]</sup>, un altro importante beneficio dell’ACT è quello di <b>ridurre la percezione dello stigma sociale nella persona con dipendenza, che la limita nell’accesso al supporto di cui ha bisogno</b>. Chi vive questa condizione, infatti, si sente spesso impotente e prova sfiducia rispetto alla possibilità di riuscire ad abbandonare modelli di comportamento dannosi. Con il suo invito ad accettarsi per quel che si è, aspetti negativi compresi, l’ACT</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>elimina le barriere iniziali</b> rispetto alla psicoterapia;</li><li><b>permette alla persona con dipendenza di negoziare un impegno concreto</b> al cambiamento per raggiungere obiettivi realistici<sup>[7]</sup>.</li></ul><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjVRkDJvp547XOfG2afh1jHvEAI0FPj1ZS_e90uH9bX6vs4JkzynMFI-RmHuq-fUC-PacN-EL5yihfejMj3XDR12UJvbNmviGC4MqzfRJ6MzbgtCCtwhWgQkf_4Mtoct3pYKttlt3HG4_k/s2000/ACT+e+dipendenze+-+impegno+al+cambiamento.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1125" data-original-width="2000" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjVRkDJvp547XOfG2afh1jHvEAI0FPj1ZS_e90uH9bX6vs4JkzynMFI-RmHuq-fUC-PacN-EL5yihfejMj3XDR12UJvbNmviGC4MqzfRJ6MzbgtCCtwhWgQkf_4Mtoct3pYKttlt3HG4_k/w640-h360/ACT+e+dipendenze+-+impegno+al+cambiamento.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e dipendenze – impegno al cambiamento / foto di <a href="https://unsplash.com/@andrewshelley?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Andrew Shelley</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div style="text-align: center;"><br /></div>In conclusione, la dipendenza è spesso il risultato di una strategia maladattiva di evitamento esperienziale; quella tecnologica è caratterizzata dall’impulsività e dall’incontrollabilità. L’ACT, che lavora proprio sul metterci in contatto con il presente (in termini di esperienze, pensieri e stati d’animo) è un approccio molto utile</div><div><ul style="text-align: left;"><li>per <b>accettarci pienamente per quel che siamo</b> senza la pretesa di rifiutare ciò che non ci piace</li><li>per imparare ad <b>affrontare situazioni</b> stressanti anziché scappare</li><li>per <b>osservarci con distacco</b> anziché agire con impulsività</li><li>per <b>prendere in mano la situazione</b> e muoverci in vista di un valore e di obiettivi raggiungibili anziché restare fermi nel nostro malessere individuale.</li></ul><a href="http://www.psicoattivo.com/non-accettazione-delle-emozioni-e-uso-di-droghe/" target="_blank">Vuoi capire meglio come funziona una terapia ACT orientata all’abbandono di una dipendenza? Parliamone insieme.</a></div><div><br /></div><span><a name='more'></a></span><div><sup>[1]</sup> <a href="https://azzurro.it/come-definisce-loms-la-dipendenza/?gclid=CjwKCAjwwqaGBhBKEiwAMk-FtB3wkifmZQVsyrhErLXiCey-08nMUE6gZNCSV-La-X02gw77_XAiRhoCThkQAvD_BwE" target="_blank">https://azzurro.it/come-definisce-loms-la-dipendenza/</a></div><div><sup>[2]</sup> <a href="https://www.ipsico.it/sintomi-cura/disturbi-del-controllo-degli-impulsi/" target="_blank">https://www.ipsico.it/sintomi-cura/disturbi-del-controllo-degli-impulsi/</a></div><div><sup>[3]</sup> <a href="https://play.google.com/books/reader?id=5xJhDwAAQBAJ&pg=GBS.PA58&hl=it" target="_blank">https://play.google.com/books/reader?id=5xJhDwAAQBAJ&pg=GBS.PA58&hl=it</a></div><div><sup>[4]</sup> <a href="https://www.psicoterapiascientifica.it/strategie-di-coping/" target="_blank">https://www.psicoterapiascientifica.it/strategie-di-coping/</a></div><div><sup>[5]</sup> <a href="https://www.neuroscienze.net/la-terapia-act/" target="_blank">https://www.neuroscienze.net/la-terapia-act/</a></div><div><sup>[6]</sup> <a href="https://www.stateofmind.it/2015/11/mindfulness-dipendenze/3/" target="_blank">https://www.stateofmind.it/2015/11/mindfulness-dipendenze/3/</a></div><div><sup>[7]</sup> <a href="https://formazionecontinuainpsicologia.it/terapia-act-steven-hayes/" target="_blank">https://formazionecontinuainpsicologia.it/terapia-act-steven-hayes/</a></div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-51307732888909737512021-05-30T18:24:00.007+02:002021-05-30T18:24:59.653+02:00L'ACT dà agli adolescenti gli strumenti per orientarsi nell'incertezza<div style="text-align: left;">L’<b>adolescenza</b> è un momento di <b>grande cambiamento</b> nella vita delle persone: fisico, emotivo, cognitivo e sociale. È anche la fase in cui <b>possono emergere disturbi psicosociali</b> (ansia, depressione e disturbi alimentari i più frequenti tra i giovani). Complici il distanziamento fisico e l’isolamento dato dalla chiusura delle scuole, <b>la pandemia ha accentuato i disagi sperimentati dai giovani</b>. I disturbi preesistenti e quelli innescati dal lockdown col tempo si stanno stabilizzando e intensificando; servono interventi per arginarli. L’<i>Acceptance and Commitment Therapy</i> (ACT) può aiutare ragazzi e ragazze ad adattarsi al contesto senza perdersi in comportamenti a rischio, il cui richiamo è forte a questa età. Per una maggiore efficacia, è stato messo a punto un modello psicologico su misura per gli adolescenti, il DNA-V: stessi assunti dell’ACT, ma declinati in un sistema di metafore più chiare e immediate per loro.</div><h2>I cambiamenti e le criticità dell’adolescenza</h2>
L’adolescenza abbraccia <b>buona parte della nostra età evolutiva</b>. È una fase molto delicata nella nostra vita: cambia <b>il rapporto con noi stessi</b> (in termini di immagine corporea, pensieri, attitudini, interesse verso la sfera sessuale) <b>e con gli altri</b>, in particolare con genitori e coetanei (i secondi si impongono sui primi, diventando le figure di riferimento principali).<div>Da adolescenti, <b>facciamo fatica a gestire l’intensità degli stati d’animo e la mole di pensieri che ci attraversano</b>: viviamo <b>in bilico tra la voglia di conoscere cose nuove e la paura di perdere i punti fermi</b> che fino a quel momento abbiamo avuto. Questo causa delle <b>forti oscillazioni</b> nel nostro umore, nell’autostima e nelle emozioni.</div><div><br /></div><div>L’adolescenza è anche il periodo in cui <b>emerge la maggior parte dei disturbi psicosociali</b>, precisamente <b>tra i 15 e i 25 anni</b><sup>[1]</sup>. I più ricorrenti tra i giovani sono:</div><div style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>ansia</b></li><li><b>depressione</b></li><li><b>disturbi alimentari<br /><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqW0yHH8tTdAGbRX5O46mgkFqVHK5dIW1BjGZPAz90nujrXSGppjNacLc-w-fatcwN5Z_6NCaUDZTLxJ9RoKNg5CdKcYfurCmLZowOoIIGhjV-mJ3Dr6_SIg36hq0UOXkn7QNOOV4WBgok/s2000/ACT+e+adolescenti+-+oscillazioni+emotive.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img alt="ACT e adolescenti – oscillazioni emotive" border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqW0yHH8tTdAGbRX5O46mgkFqVHK5dIW1BjGZPAz90nujrXSGppjNacLc-w-fatcwN5Z_6NCaUDZTLxJ9RoKNg5CdKcYfurCmLZowOoIIGhjV-mJ3Dr6_SIg36hq0UOXkn7QNOOV4WBgok/w640-h426/ACT+e+adolescenti+-+oscillazioni+emotive.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e adolescenti – oscillazioni emotive / Foto di <a href="https://unsplash.com/@benearlweber?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Ben Weber</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table></b></li></ul><h2>Il rischio d’insorgenza di disturbi psicosociali nei giovani è aumentato durante la pandemia</h2>
Con le sue restrizioni, una su tutte l’interruzione delle lezioni in presenza, <b>il Covid ha innalzato il rischio d’insorgenza di disturbi tra i minorenni</b>. I dati evidenziano due tendenze:</div><div style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li>una <b>stabilizzazione di disagi potenzialmente passeggeri</b>. <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2019/05/trauma-stress-post-traumatico.html" target="_blank">Il disturbo post traumatico da stress</a> dato dal primo lockdown (che, solo in Italia, potrebbe aver colpito <b>quasi 1 bambino su 3) si sta trasformando</b> in disturbo da disadattamento, <b>con ripercussioni fisiche e cognitive</b><sup>[2]</sup>.</li><li>un’<b>intensificazione dei disturbi già presenti</b> nel periodo precedente alla pandemia. Ansia e depressione sul lungo periodo provocano <b>disturbi del sonno</b> e <b>fatica psicologica</b>. La frustrazione innescata dall’isolamento porta anche ad episodi di <b>aggressività domestica, perdita di autostima e comportamenti autolesionisti</b>.</li></ul>Tra marzo e aprile 2020 è stata registrata un’<b>impennata degli accessi in ospedale di adolescenti</b> (+<b>50-57</b>% in tutto il mondo<sup>[3]</sup>). In Italia si nota una preoccupante <b>incidenza di autolesionismo marcato e tentato suicidio tra i giovani in Pronto Soccorso</b> (il 65% dei casi tra ottobre 2020 e aprile 2021). Boom di <b>richieste di aiuto</b> anche <b>per l’anoressia</b>: +28%<sup>[4]</sup>.</div><div style="text-align: left;">Come gestire al meglio le difficoltà emotive e psicologiche contingenti in un’età che è di per sé complessa?</div><div style="text-align: left;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiWscs25IOTCmv2Hrnd6phmripD8CAbs6e7tInBWu3vuw-DObfSqaRWBh9NLuN09lR89P1trqC0K7O1UiOIyrlN_gXrDz0jPNgZwr-kfpI8G9tXK7TYHNoS75yy03jprcOoZ-LxVyMFeri/s2000/ACT+e+adolescenti+-+stop+lezioni+in+presenza.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiWscs25IOTCmv2Hrnd6phmripD8CAbs6e7tInBWu3vuw-DObfSqaRWBh9NLuN09lR89P1trqC0K7O1UiOIyrlN_gXrDz0jPNgZwr-kfpI8G9tXK7TYHNoS75yy03jprcOoZ-LxVyMFeri/w640-h426/ACT+e+adolescenti+-+stop+lezioni+in+presenza.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e adolescenti – stop lezioni in presenza / Foto di <a href="https://unsplash.com/@fileccia?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">marco fileccia</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div style="text-align: left;"><h2>Un modello psicologico mirato può aiutare i giovani ad adattarsi al cambiamento</h2><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2021/04/ACT-e-covid.html" target="_blank">L’ACT (Acceptance and Commitment Therapy)</a> è una <b>tecnica psicologica</b> articolata in tre step (accettazione del dolore, contatto con il presente, individuazione dei propri valori fondanti) <b>che ci permette di reagire a eventi esterni adattando di volta in volta il nostro comportamento senza perdere di vista i nostri obiettivi</b>. Può essere un valido aiuto per gli adolescenti; ora più che mai, la flessibilità psicologica può essere una risorsa per adattarsi al periodo difficile che stanno vivendo.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Per rispondere in modo mirato alle necessità dei giovani, è stato messo a punto il <b>modello DNA-V</b>, che li allena a <b>padroneggiare tre competenze</b><sup>[5]</sup>: esploratore (D – discoverer), osservatore (N – noticer), consulente (A – Advisor). Tutt’e tre lavorano al servizio dei valori (V – values), che come nell’approccio originale dell’ACT orientano l’agire della persona.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Il <b>consulente </b>rappresenta la <b>capacità di autoconsigliarci</b>, la voce interiore che interpreta il passato, costruisce credenze nel presente, fa previsioni sul futuro. È un comportamento che <b>mette in campo l’esperienza</b> sotto forma di linguaggio e pensiero <b>per capire rapidamente cosa fare</b>. È una voce ambivalente: <b>a volte può essere d’aiuto, altre d’intralcio</b>. Attraverso questa metafora, l’adolescente impara che la voce interna è solo una parte di sé, non lo rappresenta nella sua interezza. Nell’ACT corrisponde all’accettazione e alla defusione.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">L’<b>osservatore</b> coincide con l’<b>abilità di entrare in contatto con noi stessi</b> e con il nostro sentire; ci aiuta a sganciarci dai pensieri che ci distaccano dalla realtà. Lo fa in tre modi: <b>raccoglie informazioni sensoriali</b>, dalle quali capiamo come stiamo interagendo con l’esterno; <b>ci rende consapevoli delle nostre azioni</b> e del loro effetto sugli altri; <b>ci fa cogliere le opportunità intorno a noi</b> favorendo il contatto con persone, cose e luoghi. In questo modo l’adolescente non si isola nel proprio mondo interiore, ma mantiene un solido appiglio al momento presente.</div><div style="text-align: left;">Nell’ACT gli stessi concetti sono ricompresi nella mindfulness e nel sé come contesto (lo sguardo esterno con cui osserviamo noi stessi e i nostri stati interiori).</div><div style="text-align: left;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg14EPudiwoVbpKf9STthtLzyk3tEwnpMHBlxaxxktDFGC-YgVLjZzDIFR5ADkcVCHq_Vlk4s8S7Ufj8_m7xjRNaBtNTGpBvK3zVIpcAMv4PhPWXr-6a6bSoYE10W0UnjkO12UTFAz6jfIH/s2000/ACT+e+adolescenti+-+stop+lezioni+in+presenza.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg14EPudiwoVbpKf9STthtLzyk3tEwnpMHBlxaxxktDFGC-YgVLjZzDIFR5ADkcVCHq_Vlk4s8S7Ufj8_m7xjRNaBtNTGpBvK3zVIpcAMv4PhPWXr-6a6bSoYE10W0UnjkO12UTFAz6jfIH/w640-h426/ACT+e+adolescenti+-+stop+lezioni+in+presenza.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e adolescenti – osservatore DNA-V / Foto di <a href="https://unsplash.com/@lightrisephoto?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Devon Divine</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">L’<b>esploratore</b> ci insegna a gestire <b>la voglia di esplorare e sperimentare il mondo</b>. Ci guida nel testare comportamenti e cose nuove valutandone il funzionamento, ricercare valori importanti per la nostra vita, mettere a fuoco i nostri punti di forza.</div><div style="text-align: left;">Grazie a questo approccio, <b>l’adolescente incanala la sua naturale propensione al rischio, alle novità e alle sensazioni forti in attività funzionali di scoperta</b>. Scoperte che renderanno la sua vita gratificante e ricca di senso.</div><div style="text-align: left;">Traducendo nel linguaggio ACT, questa figura abbraccia l’identificazione dei valori e l’azione impegnata.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">In conclusione, la pandemia è stata definita da alcuni psicologi un detonatore6 di disturbi tra gli adolescenti. Allo stesso modo, <b>il modello DNA-V può essere il catalizzatore di un percorso di scoperta e messa a frutto delle loro capacità cognitive, emotive, comportamentali</b>. Un viaggio dalla sicurezza dell’infanzia alla complessità della vita adulta, in cui la bussola per orientarsi – anche nell’incertezza più totale - sono i valori che ognuno sceglie per sé.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;"><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi saperne di più sul modello di impronta ACT rivolto agli adolescenti? Parliamone insieme.</a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div><sup>[1]</sup><a href="https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/disturbi-mentali-i-ragazzi-perduti-sulla-soglia-dei-18-anni" target="_blank">https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/disturbi-mentali-i-ragazzi-perduti-sulla-soglia-dei-18-anni</a></div><div><div><sup>[2]</sup><a href="https://www.adnkronos.com/speciali/boiron_adolescenti/" target="_blank">https://www.adnkronos.com/speciali/boiron_adolescenti/</a></div></div><div><sup>[3]</sup><a href="https://www.corriere.it/economia/lavoro/21_aprile_09/ansia-depressione-ragazzidopo-anno-teledidattica-pressione-pronto-soccorso-719630ba-98a0-11eb-a699-02d51c5755ff.shtml">https://www.corriere.it/economia/lavoro/21_aprile_09/ansia-depressione-ragazzidopo-anno-teledidattica-pressione-pronto-soccorso-719630ba-98a0-11eb-a699-02d51c5755ff.shtml</a></div><div><div><sup>[4]</sup><a href="https://www.ilsole24ore.com/art/il-neuropsichiatra-il-covid-e-stato-detonatore-i-ragazzi-e-boom-ricoveri-AEdWQOC">https://www.ilsole24ore.com/art/il-neuropsichiatra-il-covid-e-stato-detonatore-i-ragazzi-e-boom-ricoveri-AEdWQOC</a></div></div><div><sup>[5]</sup><a href="http://www.actforkids.it/dna-v/">http://www.actforkids.it/dna-v/</a></div><div><br /></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br /></div><br />Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-62757328947956804312021-04-23T16:54:00.004+02:002021-05-30T17:52:38.404+02:00Stacchiamoci dalle narrazioni, passiamo ai fatti. La tecnica dell’ACT applicata al CovidL’ACT è uno degli approcci della <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2019/09/cognitivismo-terza-generazione.html" target="_blank">psicologia cognitivo-comportamentale</a> moderna (o di terza ondata); mira a gestire in maniera funzionale pensieri o sentimenti dolorosi anziché modificarli o cercare di eliminarli. Basata su 3 pilastri (accettazione, consapevolezza, valori), si articola in 6 passi: dall’ascolto di noi stessi fino all’azione coerente ai nostri perché più profondi.<div>La tecnica punta a un cambio di prospettiva della persona. Maturando la capacità di adattare i propri comportamenti al contesto senza perdere di vista i propri obiettivi, essa vivrà una vita piena e consapevole. L’attenuarsi del dolore psicologico è un riflesso della flessibilità mentale acquisita. L’ACT può aiutarci ad affrontare pensieri e sentimenti legati alla pandemia, grazie al protocollo <i>FACE COVID</i>: 9 consigli pratici elaborati dallo psicologo Russ Harris condivisi da tutta la comunità psicologica.</div><div><br /></div><div>L’ACT è un approccio psicoterapeutico che <b>lavora sulla relazione che abbiamo con i nostri pensieri disfunzionali e le emozioni negative</b>. Muove dalla premessa che la <b>radice della nostra sofferenza</b> sia nel linguaggio, cioè nell’insieme di processi mentali (previsioni, ricordi, piani, giudizi, confronti) che alimentano il <b>dialogo con noi stessi</b>. Questo dialogo interiore può restituirci un’immagine distorta della nostra persona, <b>una narrazione che prende il sopravvento sui fatti</b>, su ciò che siamo realmente nel presente. Solo comprendendo questa fusione con i nostri pensieri possiamo gradualmente distaccarcene.</div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnrUBEzB6fWujjJKgRDdoRwJsWOnyaJRlvNO6ROVWYXYTMfZPE-dkQNsaqorI-kYtSB145r4b9GNePFZ7KiZvWCIspU3YnIKdhzdIz6kZMfHrXqYSnoVNBnEucJzmMN59I1ka4xC0VmQgT/s2000/ACT+e+Covid+-+fusione+con+i+pensieri.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnrUBEzB6fWujjJKgRDdoRwJsWOnyaJRlvNO6ROVWYXYTMfZPE-dkQNsaqorI-kYtSB145r4b9GNePFZ7KiZvWCIspU3YnIKdhzdIz6kZMfHrXqYSnoVNBnEucJzmMN59I1ka4xC0VmQgT/w640-h426/ACT+e+Covid+-+fusione+con+i+pensieri.png" title="ACT e Covid – fusione con i pensieri / foto di Charles Deluvio - Unsplash" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e Covid – fusione con i pensieri / foto di <a href="https://unsplash.com/@charlesdeluvio?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Charles Deluvio</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><br /><div>Un altro postulato dell’ACT è che il <b>dolore fa parte della vita</b>. Per vivere un’esistenza soddisfacente, <b>è più utile notarlo in noi</b> (ossia renderci consapevoli della sua presenza) che mettere in atto dei comportamenti per evitarlo. <b>L’evitamento finirebbe solo per amplificarlo</b>, facendoci inoltre spendere inutilmente energie. <b>L’accettazione di tutti i nostri stati d’animo</b> è quindi un altro pilastro di questa teoria.
Centrale è anche riuscire a <b>individuare i valori che muovono le nostre azioni</b>. Chiederci “<i>perché lo faccio?</i>” ci fa capire cosa conta davvero per noi e ci suggerisce <b>scelte che rispecchiano i nostri valori</b>, anche se impegnative o dolorose.<sup>[1]</sup></div><div><h2>Una maggiore flessibilità psicologica è a soli 6 passi da noi</h2>
L’ACT è composta da 6 passi:</div><div><ul style="text-align: left;"><li>accettazione delle esperienze dolorose come parte della nostra esperienza;</li><li>contatto con il momento presente (cioè accogliere le sensazioni mentali e fisiche del momento, applicando una tecnica chiamata <i>mindfulness</i>);</li><li>defusione (cioè presa di distanza dalla fusione con la nostra mente);</li><li>osservazione di noi stessi e dei nostri stati interiori con uno sguardo esterno;</li><li>individuazione dei nostri valori fondanti;</li><li>impegno concreto a perseguirli.<sup>[2]</sup></li></ul>L’<b>obiettivo</b> di questo approccio è guadagnare <b>flessibilità psicologica: essere in contatto con il momento presente e adattarsi</b> agli eventi e all’ambiente circostante <b>agendo in armonia con i nostri valori</b> (decidendo quindi di volta in volta se sia più funzionale cambiare o portare avanti un certo comportamento). La <b>diminuzione della sofferenza psicologica</b> è solo la <b>conseguenza di un cambio di prospettiva</b> più ampio: uscire dalla nostra mente per entrare nella nostra vita<sup>[3]</sup>.<br /><h3>Come affrontare le ripercussioni emotive date dal Covid-19 con l’ACT</h3>
La pandemia, le chiusure forzate e il clima di insicurezza nel quale siamo immersi da mesi possono portarci a maturare paura, ansia, apatia, rabbia, frustrazione… Sono tanti i pensieri e le emozioni in ballo; <b>viviamo una situazione alla quale non eravamo preparati e dalla quale non sappiamo quando e come usciremo</b>.</div><div><br /></div><div>Questa percezione sta avendo riscontri scientifici: un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità insieme all’Università della Campania<sup>[4]</sup> sul funzionamento psicosociale degli italiani durante il lockdown ha evidenziato:</div><div style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li>un aumento dei livelli di ansia, depressione e di sintomi riconducibili allo stress, soprattutto nella popolazione femminile.</li><li>un rapporto direttamente proporzionale tra la durata del lockdown e il rischio di sviluppare sintomi ansioso-depressivi seri. </li></ul><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7yBLprNPWPV1i4UP61Ayeq46hZhxTnqiV674_hp8iaV6sSR0o7rjpIgIDlzXp-ESfnEN4A-vPSpkqdpCRkOIvqKfwsyDkajCRamxsEmUbke5mNKbo894AzXaRIaWWg3YkvUH4-9ea6aXj/s2000/ACT+e+Covid+-+stress+popolazione+femminile.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7yBLprNPWPV1i4UP61Ayeq46hZhxTnqiV674_hp8iaV6sSR0o7rjpIgIDlzXp-ESfnEN4A-vPSpkqdpCRkOIvqKfwsyDkajCRamxsEmUbke5mNKbo894AzXaRIaWWg3YkvUH4-9ea6aXj/w640-h426/ACT+e+Covid+-+stress+popolazione+femminile.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ACT e Covid – stress popolazione femminile / foto di <a href="https://unsplash.com/@enginakyurt?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">engin akyurt</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: left;">Per fronteggiare questo periodo, Russ Harris (medico e psicoterapeuta inglese specializzato in gestione dello stress) ha stilato un <b>protocollo ispirato all’ACT</b> chiamato <b>FACE COVID</b>. Ogni lettera corrisponde a un’azione precisa, che adattata in italiano<sup>[5]</sup> suona così:</div><div style="text-align: left;"><br /><b>F - Focalizzati su ciò che puoi controllare</b>. L’andamento della pandemia, così come i grandi cambiamenti globali e il futuro in genere non dipendono da noi. Concentriamoci sulle azioni concrete che possiamo mettere in atto qui e ora.</div><br /><div><b><br /></b></div><div><b>A – Accogli i pensieri e i sentimenti</b>. Cerchiamo di essere consapevoli di ciò che accade dentro di noi.</div><div><br /></div><div><i>Un esempio? Possiamo formulare mentalmente frasi come “Noto che sto provando rabbia”, “la mia mente sta facendo pensieri catastrofici”, “Sto provando un sentimento di frustrazione”.</i></div><div><br /></div><div><b>C – Connettiti con il tuo corpo</b>. Percepiamo la nostra fisicità nello spazio: facciamo respiri profondi, sciogliamo le spalle o il collo con movimenti morbidi, uniamo i polpastrelli delle mani, premiamo con le piante dei piedi a terra. <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2021/03/il-senso-profondo-della-skin-hunger-la.html" target="_blank">Le esperienze tattili</a> ci ancorano al presente e possono aiutarci a ritrovare la calma.</div><div><b><br /></b></div><div><b>E – Entra pienamente in ciò che stai facendo</b>. Concentriamoci sull’ambiente in cui ci troviamo e notiamo quello che ci suggeriscono i sensi. Cosa vediamo? Quali suoni sentiamo? Che odori? ecc.</div><div><b><br /></b></div><div><b>C – Compi azioni mirate</b>. Domandiamoci cosa possiamo fare nel nostro piccolo per migliorare la nostra vita e quella degli altri e agiamo di conseguenza.</div><div><br /></div><div><b>Un esempio molto attuale? Rispettare le regole che prevengono il contagio</b>.</div><div><br /></div><div><b>O – Offri un atto di gentilezza e compassione</b>. Se stiamo soffrendo, concediamoci di provare emozioni negative. Cerchiamo di avere nei nostri riguardi la stessa gentilezza che avremmo nei confronti di amici o persone care nella stessa situazione.</div><div><b><br /></b></div><div><b>V – Valori</b>. Troviamo una o più linee guida che orientino le nostre azioni: gentilezza, rispetto, altruismo, libertà… Molte cose che facciamo spesso hanno una ragione di fondo comune che ci fa stare bene con noi stessi. Perseguiamola il più possibile.</div><div><br /></div><div><b>I – Individua le tue risorse</b>. Facciamo mente locale su chi e cosa può aiutarci se ne abbiamo bisogno: parenti, amici, vicini di casa, associazioni, numeri verdi, specialisti, servizi di assistenza, ecc.</div><div><b><br /></b></div><div><b>D – Disinfettati e stai a distanza</b>. Con pochi accorgimenti possiamo proteggere noi stessi, le persone intorno a noi e l’intera comunità.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx-dqO6L5UyAopdrnjONFEqMgJ8yX9MOKwPndK0CMK5GAnEhMwtqb1H20qSwyWLuX4N97nJss_YgRXVf63i1QmKpvJm8KeQvoxLjBqKrUS80h09O_CMholNB-Vb4nJyDng2M1G5xOGUs8U/s2000/ACT+e+Covid+-+protocollo+FACE+COVID.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2000" height="492" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx-dqO6L5UyAopdrnjONFEqMgJ8yX9MOKwPndK0CMK5GAnEhMwtqb1H20qSwyWLuX4N97nJss_YgRXVf63i1QmKpvJm8KeQvoxLjBqKrUS80h09O_CMholNB-Vb4nJyDng2M1G5xOGUs8U/w640-h492/ACT+e+Covid+-+protocollo+FACE+COVID.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ACT e Covid - protocollo FACE COVID / immagine originale: Hey! I miss you. di Daniel Barreto per <a href="https://unsplash.com/@unitednations" target="_blank">United Nation Covid-19 Response</a></td></tr></tbody></table><div><br /></div><div>Con queste indicazioni possiamo <b>lavorare in modo pratico e efficace su mente e corpo nel presente e gettare le basi per un nuovo approccio futuro</b>. Non a caso, il significato dell’acronimo ACT è <i>Acceptance and Commitment Therapy</i>, ossia terapia dell’accettazione e dell’impegno. Un ponte che parte dal qui e ora e ci porta passo dopo passo verso un orizzonte di vita più consapevole e gratificante.</div><div><br /></div><div><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi saperne di più sull’ACT? Stai vivendo un momento particolarmente difficile legato alla pandemia? Parliamone insieme.</a></div><div><br /></div><div><sup>[1]</sup> <a href="https://www.istitutobeck.com/acceptance-and-commitment-therapy-act">https://www.istitutobeck.com/acceptance-and-commitment-therapy-act</a></div><div><sup>[2]</sup> <a href="https://www.stateofmind.it/tag/acceptance-and-commitment-therapy-2/">https://www.stateofmind.it/tag/acceptance-and-commitment-therapy-2/</a></div><div><sup>[3]</sup> <a href="http://www.act-italia.org/teoria/act/">http://www.act-italia.org/teoria/act/</a></div><div><sup>[4]</sup> <a href="https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale">https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale</a></div><div><sup>[5]</sup> <a href="http://www.act-italia.org/associazione/risorse-covid/">http://www.act-italia.org/associazione/risorse-covid/</a></div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-21766964368758215772021-03-25T18:55:00.003+01:002021-03-25T18:55:39.602+01:00Il senso profondo della skin hunger, la mancanza delle esperienze tattiliLa <b>pandemia</b> limita i nostri spostamenti, le nostre relazioni sociali e i contatti fisici con le altre persone. Il <b>senso più penalizzato</b> è il <b>tatto</b>: da mesi non stringiamo mani, né ci abbracciamo. Molti di noi stanno affrontando questo momento da soli. Questa condizione altera il nostro equilibrio psicofisico e può farci sperimentare una vera e propria <b>astinenza da contatto</b> (o skin hunger). Una sensazione tanto intensa quanto <b>comprensibile sul piano scientifico</b>, alla luce delle caratteristiche che hanno permesso alla specie umana di sopravvivere e evolvere fino a oggi. Anche se in parte possiamo colmare la distanza tra noi e gli altri con la tecnologia, <b>contrastare i disturbi legati all’impossibilità di toccarci</b> è difficile. Difficile, sì, ma non impossibile. Ma che cos’è il tatto e perché è così importante per noi?<div><br /></div><div><b>Il tatto</b> è il senso che <b>ci permette di riconoscere le caratteristiche fisiche delle cose</b> a contatto con il nostro corpo: forma, durezza, temperatura e così via. Il <b>passaggio di informazioni</b> dall’esterno del corpo al cervello <b>avviene tramite recettori</b>; sono delle fibre nervose che <b>percepiscono il cambio di pressione</b> esercitato dagli oggetti <b>anche su porzioni piccolissime di pelle</b>. Le parti del nostro corpo più ricche di recettori (e quindi più sensibili) sono i polpastrelli, le labbra, le piante dei piedi <sup>[1]</sup>.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg15rYtZKsMILFPrUVt5urIVASefT6MN2kaYfh1r9lrDahaIf_hoxtsfhe12qB-Tz_-geLOBciAhyfgzWH8MwNf1STOE84iThHF4CPXWRjrg36OvuSteglcLcfoMtNtWVzUtndE369TwAxd/s2000/skin+hunger+-+tatto.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1334" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg15rYtZKsMILFPrUVt5urIVASefT6MN2kaYfh1r9lrDahaIf_hoxtsfhe12qB-Tz_-geLOBciAhyfgzWH8MwNf1STOE84iThHF4CPXWRjrg36OvuSteglcLcfoMtNtWVzUtndE369TwAxd/w640-h426/skin+hunger+-+tatto.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">skin hunger – tatto / Foto di <a href="https://unsplash.com/@purzlbaum?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Claudio Schwarz | @purzlbaum - Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div><h2>Il tatto ci dà sicurezza e affetto, da quando nasciamo alla vita adulta</h2><b>
Nei neonati</b>, il tatto è un senso fondamentale: il <b>riflesso della prensione</b>, che fa stringere la loro manina attorno al dito del genitore, <b>è un’istintiva ricerca di sicurezza e affetto</b>. Il calore percepito nel <b>contatto pelle a pelle</b>, subito dopo la nascita, <b>stabilizza i loro parametri vitali</b>. Crescendo, il <b>contatto ravvicinato favorisce le capacità di apprendimento e lo sviluppo emotivo</b>; il bambino, sicuro e protetto in braccio alla mamma o al papà, è più aperto all’esplorazione del mondo<sup>[2]</sup>.</div><div><br /></div><div>Anche la nostra <b>vita da adulti</b> è costellata da t<b>ante piccole esperienze tattili</b>, come le strette di mano e le pacche sulle spalle. Gesti che <b>hanno su di noi un effetto calmante</b>, perché attivano i recettori di pressione, che trasportano le informazioni dalla pelle al <b>nervo vago</b>. Si tratta di un nervo cranico che <b>distende il sistema nervoso, rallenta i battiti del cuore e abbassa la pressione</b>. Grazie alle esperienze tattili, anche <b>la produzione di cortisolo</b> (il cosiddetto ormone dello stress) <b>si riduce; aumenta</b> invece <b>l’ossitocina</b>, altro ormone che consolida i legami e che è rilasciata in grandi quantità durante il parto e nel rapporto sessuale<sup>[3]</sup>.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkWdjgur6PyGtH32oGIws8t8QvyOkGP7cQrcSAI8wotqxA3Gmu5LJ4Hdnx-6t3GNd-kXC_zIx9qMd7HOvEvZp88VcziaRWnjzQc5rheB1T1VGjRzEhFCOaUIDKQrGwgF8iCmQBBd6fI_p5/s2000/skin+hunger+-+riflesso+prensione+neonati.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="2000" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkWdjgur6PyGtH32oGIws8t8QvyOkGP7cQrcSAI8wotqxA3Gmu5LJ4Hdnx-6t3GNd-kXC_zIx9qMd7HOvEvZp88VcziaRWnjzQc5rheB1T1VGjRzEhFCOaUIDKQrGwgF8iCmQBBd6fI_p5/w640-h480/skin+hunger+-+riflesso+prensione+neonati.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">skin hunger – riflesso prensione neonati / foto di <a href="https://unsplash.com/@adroman?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Aditya Romansa - Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div><h2>La mancanza del tocco in pandemia abbassa le nostre difese immunitarie</h2>
Purtroppo il tatto e i suoi benefici effetti sono stati spazzati via dalla nostra quotidianità dalla pandemia. Questa mancanza, unita alla drastica riduzione delle relazioni sociali e del tempo passato all’aperto, ha delle <b>ricadute concrete sul nostro benessere</b>, in termini di:</div><div><ul style="text-align: left;"><li>disturbi del sonno</li><li>rapporto squilibrato con il cibo</li><li>mancanza di motivazione</li></ul></div><div>Non solo. <b>I livelli di cortisolo aumentano e abbattono le cellule <i>natural killer</i></b>: sono importantissime, perché individuano e attaccano le cellule colpite da tumori o virus. Di fatto, senza tocco il nostro sistema immunitario è più debole<sup>[4]</sup>.</div><div><br /></div><div>La condizione di <b>sofferenza legata all’impossibilità di toccarci è quindi perfettamente normale</b>, tanto da avere un nome: <b><i>skin hunger </i></b>(letteralmente fame di pelle). Come la fame di cibo, è una sensazione che si manifesta quando ci sentiamo privi di nutrimento; l’unica differenza è che, nel caso della skin hunger, il nutrimento di cui abbiamo bisogno è il contatto fisico.</div><div><br /></div><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGqC3oTJYZtAwFvfk_eiasppi17Hq-f7WbXRVYDVszSlYPoJDpDPeTswoWVM0CiEH8aXFQFxJaGNNBsAYwFkJYvfyveZ2keWTI9W0emvi4cIphTaOU8DGDn6AMjZTbym7bbSzpDEfpq8W2/s2000/skin+hunger+-+pandemia.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1414" data-original-width="2000" height="452" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGqC3oTJYZtAwFvfk_eiasppi17Hq-f7WbXRVYDVszSlYPoJDpDPeTswoWVM0CiEH8aXFQFxJaGNNBsAYwFkJYvfyveZ2keWTI9W0emvi4cIphTaOU8DGDn6AMjZTbym7bbSzpDEfpq8W2/w640-h452/skin+hunger+-+pandemia.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p align="left" style="line-height: 18.399999618530273px; margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;"><span style="font-family: Calibri, serif;"><span style="font-size: 12pt;">skin hunger – pandemia / Catherine Cordasco per </span></span><span style="color: #0563c1;"><span style="font-family: Calibri, serif;"><span style="font-size: 12pt;"><u><a href="https://unsplash.com/@unitednations" style="color: navy;" target="_blank">United Nations COVID-19 Response</a></u></span></span></span></p></td></tr></tbody></table></div><div><h2>Il nostro bisogno di contatto ha delle profonde radici biologiche</h2>
Questa esigenza <b>è un’eredità biologica delle specie animali che trovano nella convivenza in gruppi un’arma in più per la sopravvivenza</b>.</div><div>La <b>centralità dell’esperienza tattile</b> nel nostro sviluppo è stata <b>dimostrata da un famoso esperimento</b> condotto negli anni ’60 dallo psicologo statunitense Harlow<sup>[5]</sup>.</div><div><br /></div><div>Le madri biologiche di alcuni <b>piccoli di macaco</b> sono state sostituite con <b>due tipi di surrogati materni inanimati: uno di legno e filo e uno ricoperto di gommapiuma e spugna</b>. La funzione nutritiva è stata di volta in volta attribuita all’uno o all’altro. In tutti i casi, <b>i piccoli preferivano accoccolarsi vicino al surrogato morbido</b>, spostandosi brevemente solo per mangiare.</div><div><br /></div><div>È plausibile pensare che la morbidezza dei materiali ricordasse ai piccoli macachi il calore del contatto con il pelo materno. Dall’esperimento di Harlow si deduce che:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>affetto e vicinanza</b> nei piccoli <b>sono bisogni primari tanto quanto il nutrimento</b></li><li>il <b>ruolo del genitore</b> non si limita <b>all’accudimento</b>, ma deve essere <b>sostenuto dall’<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2019/07/attaccamento-stili-modelli-operativi-interni.html" target="_blank">attaccamento</a></b>.</li></ul></div><div>Queste evidenze sono ben visibili anche <b>nella specie umana</b>, per esempio quando il <b>bambino instaura un legame particolare con il suo peluche</b>. Il morbido pelo del pupazzo fa sentire il piccolo al <b>sicuro in un momento di distacco prolungato</b> dalle figure di riferimento, come il riposo notturno.</div><div><h3>La tecnologia può essere un aiuto, ma non un sostituto dei contatti umani</h3>
In un periodo di distanza forzata, <b>le tecnologie possono aiutare</b> a colmare la mancanza, <b>ma i sensi coinvolti</b> in queste esperienze <b>sono limitati</b>: nessuna tecnologia è attualmente in grado di riprodurre il tocco umano.</div><div>Tra distanza forzata e interazione virtuale con gli altri, <b>il rischio è di andare incontro a una società sempre più <i>no touch</i></b>: anche dopo la pandemia, probabilmente vivremo con più diffidenza la vicinanza fisica di qualcuno.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnx4YxJzgzDDKphXY9FUtZYAz-5ZqpTTSS7W9ugPz7HSG9vx_VGHpNwy6V4koU92Tw9f2fO8B0ISPaXYXP2U13hU86xIH9K0OVuvkR_dlrVl00yltY4ef15Dq-jUBWqM3xbwt9cqXD16QB/s2048/skin+hunger+-+contatti+virtuali.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1263" data-original-width="2048" height="394" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnx4YxJzgzDDKphXY9FUtZYAz-5ZqpTTSS7W9ugPz7HSG9vx_VGHpNwy6V4koU92Tw9f2fO8B0ISPaXYXP2U13hU86xIH9K0OVuvkR_dlrVl00yltY4ef15Dq-jUBWqM3xbwt9cqXD16QB/w640-h394/skin+hunger+-+contatti+virtuali.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><p align="left" style="line-height: 18.399999618530273px; margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;"><span style="font-family: Calibri, serif;"><span style="font-size: 12pt;">skin hunger – contatti virtuali / Nubefy Design for All per<a href="https://unsplash.com/@unitednations" style="color: navy;"> </a></span></span><a href="https://unsplash.com/@unitednations" style="color: navy;"><span style="color: #0563c1;"><span style="font-family: Calibri, serif;"><span style="font-size: 12pt;"><u>United Nations COVID-19 Response</u></span></span></span></a></p></td></tr></tbody></table><br /><div>I segnali sono già sotto i nostri occhi da tempo. Uno <b>studio globale pre-Covid</b> del Touch Research Institute di Field (Università di Miami) ha indagato le <b>interazioni tra passeggeri in attesa</b> di volare negli aeroporti. Su un totale di 4000 casi analizzati, <b>il 98% delle volte il contatto tra le persone</b> era completamente assente, <b>soppiantato dall’uso dello smartphone</b>.<sup>[6]</sup></div><div><br /></div><div>Per nostra stessa natura, non possiamo permetterci di abbandonare il tatto e la socialità e i lockdown ce lo fanno capire molto chiaramente.</div><div><h4>Cerchiamo il tatto nelle piccole cose di tutti i giorni</h4>
Come si può affrontare la skin hunger durante una pandemia, soprattutto se si vive da soli?
Dando spazio a tutte le tutte forme di <b>stimolazione tattile</b> che possiamo fare nel <b>rispetto delle regole</b>:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>camminare</b>. Come già detto, le piante dei piedi sono molto sensibili dal punto di vista tattile. Possiamo camminare nella nostra stanza (possibilmente senza scarpe, per godere a pieno del contatto con il pavimento), oppure <b>all’aperto</b>, per esempio su un sentiero, dove possiamo godere <b>anche</b> degli <b>effetti benefici della luce del sole</b>.</li><li><b>massaggiarsi</b>. Nel massaggio la pelle si muove ed è sottoposta a pressione. Stimolare il cuoio capelluto o spalmarsi una crema sul viso o sul corpo sono esempi di massaggio alla portata di tutti. Sono ancora <b>più efficaci</b> se li sperimentiamo <b>prima di andare a dormire</b>: il rilassamento che se ne ricava, infatti, <b>può favorire un sonno profondo</b>.</li><li><b>accarezzare un animale</b>. Gli animali possono generare in noi tenerezza e affetto e connetterci in modo profondo alle nostre emozioni, come è ampiamente dimostrato dalla <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2016/09/un-terapeuta-quattro-zampe-il-ruolo-del.html" target="_blank">pet therapy</a>. Attraverso il <b>contatto del suo pelo con le nostre dita</b>, un amico a quattro zampe ci offre una piacevole <b>occasione per ritrovare la calma</b>.</li></ul>Tutte queste pratiche <b>attivano lo scambio di informazioni tra recettori della pressione e nervo vago</b>, che distende il nostro corpo e migliora il nostro umore.</div><div><br /></div><div><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vivi delle difficoltà legate alla mancanza di contatto e di relazioni sociali? Parliamone insieme.</a></div><div><br /></div><div><sup>[1]</sup> <a href="https://www.humanitas.it/enciclopedia/anatomia/organi-di-senso/tatto/">https://www.humanitas.it/enciclopedia/anatomia/organi-di-senso/tatto/</a></div><div><sup>[2]</sup> <a href="https://www.familylike.it/skin-hunger-fame-di-pelle/">https://www.familylike.it/skin-hunger-fame-di-pelle/</a></div><div><sup>[3]</sup> <a href="https://www.focus.it/comportamento/psicologia/distanziamento-sociale-e-astinenza-da-contatto-fisico">https://www.focus.it/comportamento/psicologia/distanziamento-sociale-e-astinenza-da-contatto-fisico</a></div><div><sup>[4]</sup> <a href="https://www.sanitainformazione.it/salute/fase-2-dopo-il-lockdown-abbiamo-tutti-fame-di-pelle-ecco-cose-la-skin-hunger/">https://www.sanitainformazione.it/salute/fase-2-dopo-il-lockdown-abbiamo-tutti-fame-di-pelle-ecco-cose-la-skin-hunger/</a></div><div><sup>[5]</sup> <a href="https://www.psychologicalscience.org/publications/observer/obsonline/harlows-classic-studies-revealed-the-importance-of-maternal-contact.html">https://www.psychologicalscience.org/publications/observer/obsonline/harlows-classic-studies-revealed-the-importance-of-maternal-contact.html</a></div><sup>[6]</sup> <a href="https://www.wired.co.uk/article/skin-hunger-coronavirus-human-touch">https://www.wired.co.uk/article/skin-hunger-coronavirus-human-touch</a>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-15570045182304730592021-02-19T20:32:00.013+01:002021-03-25T18:49:18.164+01:00L’ipnosi, una terapia non convenzionale per vivere meglioAbbiamo già parlato di come l’ipnosi possa aiutare a <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2021/01/ipnosi-nello-sport.html.html" target="_blank">migliorare le prestazioni sportive</a>. Ma quali sono le altre possibili applicazioni di questo intervento?
L’ipnoterapia può essere una risorsa utile per ridurre ansia e stress ed eliminare fobie e traumi; ridurre il dolore percepito nelle sedute odontoiatriche e i disturbi gastrointestinali; smettere di fumare e perdere peso. Può essere usata come <b>terapia complementare</b> rispetto a interventi medici convenzionali (psicologici o farmacologici), ma può dare <b>buoni risultati anche da sola</b>. Prendiamo in esame uno per uno tutti i campi di applicazione citati, riportando i dati scientifici a supporto della sua efficacia.<div><br />
<h2 style="text-align: left;">Ridurre ansia e stress</h2>
L’ansia è una sensazione di paura o nervosismo per un evento futuro; lo stress è una risposta psicofisica a qualcosa che accade nel presente. Nella giusta misura, possono stimolarci a impegnarci e a fare bene; diventano disturbi quando non siamo più in grado di gestirli. <b>Nel mondo</b> in media <b>4 persone su 100 soffrono di disturbi d’ansia</b>. Le fasce più a rischio sono <a href="https://www.focus.it/scienza/salute/psicologia-studio-under-35-e-occidentali-piu-a-rischio-disturbi-ansia" target="_blank">i giovani occidentali under 35</a>, con un maggiore rischio tra le donne (2 volte superiore agli uomini).<div><a href="https://www.federchimica.it/webmagazine/dettaglio-news/2018/05/10/lo-stress#:~:text=Le%20donne%20e%20i%20giovani%20sono,agitazione%20(23%2C4%25)." target="_blank">Lo stress è sperimentato da 9 italiani su 10</a>, con maggiore incidenza sempre tra donne e giovani.
Un’analisi ha messo a confronto vari studi sul trattamento dell’ansia: è emerso che il <b>74% dei pazienti sottoposti a ipnosi ha notato un miglioramento della propria condizione nel breve periodo</b>. La percentuale saliva all’<b>84% nel follow-up</b> (cioè nei controlli programmati successivi). Inoltre, l’ipnosi si è rivelata <b>più efficace se abbinata ad altri interventi psicologici</b> <sup>[1]</sup>.
<h2>Eliminare fobie e traumi</h2>
Quando una situazione non particolarmente pericolosa genera in noi paura e ansia incontrollate, abbiamo a che fare con una fobia. <b>L’ipnosi può aiutare il paziente a raggiungere uno stato di profondo rilassamento</b> che crea le condizioni ideali per la <a href="http://www.arttitalia.it/la-rewind" target="_blank">Tecnica Rewind</a>. È stata messa a punto nei primi anni ’90 e <b>testata con successo su dei poliziotti per curare il disturbo da stress post traumatico</b>. Funziona così: si chiede alla persona di rievocare l’esperienza traumatica nella propria mente, immaginando di guardarsi con occhio esterno mentre osserva su uno schermo la scena disturbante. Il meccanismo <b>si ripete finché l’immagine nella mentre del paziente non lo turba più</b>. Se la tecnica è applicata a un’esperienza destinata a ripetersi, un ulteriore passaggio prevede che la persona immagini di compiere quell’azione con successo.</div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4XDfPdqTW7O_EIeW1rKrA8TuWVipcaY-mqC5WpH3DVuyvZoBpMqK9_4KK1uoUMsTc49d7ETcJakn_5__mEpAzcYxKscstFh6g-_PDL8C87fekIlxnPEaC9WK3Wf170e-BnduvTglbt-8S/s2000/curare+ansia%252C+stress%252C+fobie+e+traumi+con+l%2527ipnosi.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4XDfPdqTW7O_EIeW1rKrA8TuWVipcaY-mqC5WpH3DVuyvZoBpMqK9_4KK1uoUMsTc49d7ETcJakn_5__mEpAzcYxKscstFh6g-_PDL8C87fekIlxnPEaC9WK3Wf170e-BnduvTglbt-8S/w640-h426/curare+ansia%252C+stress%252C+fobie+e+traumi+con+l%2527ipnosi.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">curare ansia, stress, fobie e traumi con l’ipnosi / foto di </span><a href="https://unsplash.com/@flik185?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" style="text-align: left;" target="_blank">Simone Viani</a><span style="text-align: left;"> - </span><a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" style="text-align: left;" target="_blank">Unsplash</a></td></tr></tbody></table><div><h3>Sentire meno dolore durante una seduta dal dentista</h3>
Secondo la British Society of Medical and Dental Hypnosis (BSMDH), l’<b>ipnosi è già usata da anni in campo odontoiatrico, con l’obiettivo primario di ridurre l’ansia</b> <sup>[2]</sup>. Se il paziente è ansioso, la sua soglia del dolore è più bassa e può avvertire più dolore durante un intervento di chirurgia orale. L’ipnosi <b>agisce sull’area del cervello che processa il dolore percepito dalla persona, ricalibrando le sue sensazioni</b> <sup>[3]</sup>. Il risultato è una <b>sensazione diffusa di calma, che aiuta a controllare pensieri, sensazioni e azioni</b>. Anche il sistema cardiovascolare ne beneficia: frequenza cardiaca e pressione sanguigna dei soggetti ipnotizzati rimangono nella media.
<h3>Ridurre i disturbi gastrointestinali</h3>
Diversi studi negli ultimi 20 anni hanno dimostrato che <b>l’ipnosi agisce su vari disturbi gastrointestinali, riducendoli significativamente</b>, <a href="https://www.stateofmind.it/2019/06/ipnosi-intestino-irritabile/" target="_blank">con buoni risultati sia individualmente che in gruppo</a>. Questo approccio <b>riduce il dolore fisico, migliora l’umore e la qualità della vita</b> in generale. È adatto alle persone che non rispondono alle terapie convenzionali, poiché non invasivo.</div><div>Per la <b>cattiva digestione</b> e il <b>dolore toracico non cardiaco legato al reflusso gastrico</b>, le ricerche di Jones <sup>[4]</sup> e Chiarioni <sup>[5]</sup> hanno registrato un <b>miglioramento</b></div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>nel 73%</b> dei soggetti coinvolti <b>in un gruppo di ascolto</b></li><li><b>nell’80%</b> di quelli sottoposti a <b>ipnoterapia individuale</b></li></ul></div><div>Nel gruppo di controllo, in cui si assumevano solo farmaci, si sono notati benefici solo nel 23% dei casi.</div><div>Filk e colleghi (2014) hanno indagato le potenzialità dell’ipnosi sulla <b>Sindrome da Intestino Irritabile</b>. Hanno rilevato una <b>significativa riduzione dei fastidi</b> a seguito di un ciclo trimestrale di ipnoterapia. <b>Durante le sessioni</b> venivano proposte delle <b>suggestioni per mitigare il dolore e aumentare il benessere generale</b>.</div><div>Gli studiosi ipotizzano che <b>la trance ipnotica</b> funga da <b>analgesico per il sistema nervoso simpatico, responsabile della motilità intestinale</b>. Attenuando la motilità, vengono meno il senso di pienezza e di disagio addominale tipici di questi disturbi.</div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiskAE_d6paLCr158NhVUDBlIUwmjbTtzHWVilLscEo3db47IMVvbMJlrTh-i37Ji2mbRXmAuh-sPVhHYxdWCezhbTAJtjokTCYIWt4aVHe6CL1GWv0JaDJ-_ZNfIxVoErnffmCvMn1e7br/s2000/ipnoterapia+per+ridurre+il+dolore+fisico.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1502" data-original-width="2000" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiskAE_d6paLCr158NhVUDBlIUwmjbTtzHWVilLscEo3db47IMVvbMJlrTh-i37Ji2mbRXmAuh-sPVhHYxdWCezhbTAJtjokTCYIWt4aVHe6CL1GWv0JaDJ-_ZNfIxVoErnffmCvMn1e7br/w640-h480/ipnoterapia+per+ridurre+il+dolore+fisico.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">ipnoterapia per ridurre il dolore fisico / foto di </span><a href="https://unsplash.com/@duskintherainn?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" style="text-align: left;" target="_blank">Sulis Maulida</a><span style="text-align: left;"> - </span><a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" style="text-align: left;" target="_blank">Unsplash</a></td></tr></tbody></table><div><h4>Smettere di fumare</h4><b>
In Italia una persona su 4 fuma</b> <sup>[6]</sup>. Circa un terzo dei fumatori prova a <b>smettere</b>, ma <b>nell’80% dei casi non ci riesce</b> <sup>[7]</sup>. L’ipnosi può essere una strada da percorrere per invertire questo trend?</div><div>Le ricerche ci dicono di sì, in vari modi:</div><div><ul style="text-align: left;"><li>in forma di <b>ipnoterapia di gruppo, abbinata a una consulenza comportamentale più cerotto alla nicotina</b>. I ricercatori hanno registrato un <b>+6-8% di tassi di abbandono dopo 6 e 12</b> mesi rispetto alla consulenza con cerotto senza ipnosi. <b>Minore</b> anche il <b>rischio di ricaduta nei soggetti con depressione</b> <sup>[8]</sup>;</li><li>in accompagnamento al cerotto alla nicotina o da sola <b>nei pazienti ospedalizzati per una malattia legata al fumo</b>. Il dato che salta all’occhio è <b>l’efficacia sul lungo periodo di un intervento di sola ipnosi rispetto all’ipnoterapia combinata con il cerotto</b> (36,6% contro 18,8% dei casi) <sup>[9]</sup>;</li><li><b>con un trattamento individuale di poche sedute</b>, per chiunque voglia smettere di fumare. Un campione di 30 fumatori si è sottoposto a una sessione di ipnoterapia dal proprio medico di base; 21 hanno completato il ciclo (3 sedute complessive). Al termine, <b>l’81% di loro ha smesso di fumare e il 42%</b> è riuscito a prolungare l’<b>astinenza per 12 mesi</b>. Il 95% si è dichiarato soddisfatto dall’intervento <sup>[10]</sup>.</li></ul></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUQ0jW3vPb6O3PBF7H7m7xwBZsAnHgWrWK1LDoxqM9dQ6fpzoC22cgyqLv7G34WIg-WDmQ5r0OB7EoYA8GSB1Y0BrjxjCJjwcsgczMRBoYmCQpD7ky4V5FZPeDLxdT4pmLb3sqsNrEF93x/s2000/smettere+di+fumare+con+l%2527ipnosi.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUQ0jW3vPb6O3PBF7H7m7xwBZsAnHgWrWK1LDoxqM9dQ6fpzoC22cgyqLv7G34WIg-WDmQ5r0OB7EoYA8GSB1Y0BrjxjCJjwcsgczMRBoYmCQpD7ky4V5FZPeDLxdT4pmLb3sqsNrEF93x/w640-h426/smettere+di+fumare+con+l%2527ipnosi.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">smettere di fumare con l’ipnosi / foto di </span><a href="https://unsplash.com/@zhpix?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" style="text-align: left;" target="_blank">Pascal Meier</a><span style="text-align: left;"> - </span><a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" style="text-align: left;" target="_blank">Unsplash</a></td></tr></tbody></table><div><h4>Perdere peso</h4>
Uno studio condotto in Gran Bretagna su <b>persone affette da obesità</b> <sup>[11]</sup> ha evidenziato <b>effetti benefici sul lungo termine</b> dati dall’ipnosi. <b>Dopo 18 mesi</b>, le persone sottoposte a ipnoterapia di gruppo pesavano <b>3,8kg in meno rispetto al gruppo di controllo</b>, che riceveva unicamente consigli dietetici.</div><div>In un’altra analisi, Pittler e Ernst <sup>[12]</sup> hanno messo <b>a confronto diverse terapie complementari</b> per la riduzione del peso corporeo: agopuntura, digitopressione, integratori alimentari, omeopatia, ipnoterapia. Di queste, solo <b>l’ipnoterapia e gli integratori alimentari contenenti efedrina hanno prodotto risultati apprezzabili</b>, seppure modesti. Poiché l’assunzione regolare di efedrina può dare assuefazione[13], <b>l’ipnoterapia è il metodo più sicuro</b> tra i due.</div><div>Anche in questo caso, quindi, i dati sono incoraggianti e riconoscono all’ipnosi <b>un potenziale da esplorare</b>, per esempio attraverso trattamenti più intensivi.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeonhnfDMzWUyGSWQltSdXPcCebfKzlqfwIhRw0VVaeKAw4P3j8K505_d7X0zeJie5P3dzgwYwMBB4tXHBs-Fp3W37RHb9HPiSVkbNYzjNmFT322aljD5CvCE3MtzYgg_sCfZSNsiJvZbh/s2000/ipnosi+per+perdere+peso.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeonhnfDMzWUyGSWQltSdXPcCebfKzlqfwIhRw0VVaeKAw4P3j8K505_d7X0zeJie5P3dzgwYwMBB4tXHBs-Fp3W37RHb9HPiSVkbNYzjNmFT322aljD5CvCE3MtzYgg_sCfZSNsiJvZbh/w640-h426/ipnosi+per+perdere+peso.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">ipnosi per perdere peso / foto i <a href="https://unsplash.com/@yunmai?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">yunmai</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></div><div><br /></div><div>Possiamo concludere che l’ipnosi è un approccio sicuro ed efficace. Permette di personalizzare il trattamento (individuale o di gruppo, complementare o esclusivo) e può essere risolutivo in tempi brevi.</div><div><br /></div><div><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Ti interessa sperimentare l’ipnosi per affrontare una delle condizioni illustrate? Parliamone insieme.</a></div><span><a name='more'></a></span><div><span style="background-color: white;"><span style="color: #3d85c6;">[1]</span></span> Keara E. Valentine, Leonard S. Milling, Lauren J. Clark & Caitlin L. Moriarty (2019) The Efficacy of Hypnosis as a Treatment for Anxiety: A Meta-Analysis, International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 67:3, 336-363, DOI: 10.1080/00207144.2019.1613863</div><div><span style="color: #3d85c6;">[2]</span> Bajaj, A. Healing hypnosis. Vital 1, 47 (2004). <a href="https://doi.org/10.1038/vital172">https://doi.org/10.1038/vital172</a></div><div><span style="color: #3d85c6;">[3]</span> It's all in the mind. Vital 11, 10 (2013). <a href="https://doi.org/10.1038/vital1757">https://doi.org/10.1038/vital1757</a></div><div><span style="color: #3d85c6;">[4]</span> Jones H, Cooper P, Miller V, et al Treatment of non-cardiac chest pain: a controlled trial of hypnotherapy Gut 2006;55:1403-1408.</div><div><span style="color: #3d85c6;">[5]</span> Hypnosis shows efficacy in treating functional gastrointestinal disorders. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 3, 365 (2006). https://doi.org/10.1038/ncpgasthep0516</div><div><span style="color: #3d85c6;">[6]</span> <a href="https://www.epicentro.iss.it/passi/dati/fumo#dati">https://www.epicentro.iss.it/passi/dati/fumo#dati</a></div><div><span style="color: #3d85c6;">[7]</span> <a href="https://www.epicentro.iss.it/passi/dati/SmettereFumo">https://www.epicentro.iss.it/passi/dati/SmettereFumo</a></div><div><span style="color: #3d85c6;">[8]</span> Carmody TP, Duncan C, Simon JA, Solkowitz S, Huggins J, Lee S, Delucchi K. Hypnosis for smoking cessation: a randomized trial. Nicotine Tob Res. 2008 May;10(5):811-8. doi: 10.1080/14622200802023833. PMID: 18569754.</div><div><span style="color: #3d85c6;">[9]</span> Hasan FM, Zagarins SE, Pischke KM, Saiyed S, Bettencourt AM, Beal L, Macys D, Aurora S, McCleary N. Hypnotherapy is more effective than nicotine replacement therapy for smoking cessation: results of a randomized controlled trial. Complement Ther Med. 2014 Feb;22(1):1-8. doi: 10.1016/j.ctim.2013.12.012. Epub 2014 Jan 6. PMID: 24559809.</div><div><span style="color: #3d85c6;">[10]</span> Gary R. Elkins & M. Hasan Rajab (2004) Clinical Hypnosis For Smoking Cessation: Preliminary Results of a Three-Session Intervention, International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 52:1, 73-81, DOI: 10.1076/iceh.52.1.73.23921</div><div><span style="color: #3d85c6;">[11]</span> Stradling, J., Roberts, D., Wilson, A. et al. Controlled trial of hypnotherapy for weight loss in patients with obstructive sleep apnoea. Int J Obes 22, 278–281 (1998). <a href="https://doi.org/10.1038/sj.ijo.0800578">https://doi.org/10.1038/sj.ijo.0800578</a></div><div><span style="color: #3d85c6;">[12]</span> Pittler, M., Ernst, E. Complementary therapies for reducing body weight: a systematic review. Int J Obes 29, 1030–1038 (2005). https://doi.org/10.1038/sj.ijo.0803008
[13] <a href="https://danno.ch/sostanze/efedrina">https://danno.ch/sostanze/efedrina</a></div></div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-87982603414911865462021-01-20T19:37:00.006+01:002021-01-20T19:39:27.684+01:00L’ipnosi nello sport: in cosa consiste e quali sono i suoi beneficiQuando pensiamo all’ipnosi, una delle immagini che ci viene in mente è quella del pendolo che oscilla. Se pensiamo alla tv, potremmo aver visto persone in balìa di un illusionista fare cose strane o imbarazzanti. In realtà, <b>l’ipnosi</b> <a href="https://www.focus.it/comportamento/psicologia/che-cose-davvero-lipnosi" target="_blank">è uno stato naturale che sperimentiamo spesso nelle nostre giornate senza rendercene conto</a>: basta svolgere <b>un’attività che ci assorba in maniera tale da farci dimenticare tutto il resto</b> (leggere un libro, guardare un film, ascoltare musica, essere sovrappensiero). Possiamo quindi definirla come<b> un’alterazione della coscienza</b>.<div>La cosa interessante è che, mentre ci troviamo in questa condizione, <b>possiamo sbloccare risorse</b> che neanche sappiamo di avere. L’ipnosi può essere utile per <b>modificare i nostri schemi comportamentali</b> e raggiungere diversi obiettivi: sradicare cattive abitudini (per esempio <a href="https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/tools-della-salute/come-smetteredi-fumare/ipnosi-serve?page=8&per-page=15" target="_blank">può aiutare a smettere di fumare</a>), ottenere prestazioni migliori. In questo articolo approfondiremo la sua applicazione allo sport. </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4-xnbHauquxUhXKdW8vItZh_6HZXQDkG8yFVYDEhSQk2eqlz-VjFK-FZiyolJ3aJwS8-pAANXuf77lnXVr_cE1VkDeP_M0dnmjAysZwKzQwvnTSiSZe7FSVavItAXklKTvQDlt4F6SYnH/s2000/ipnosi+-+alterazione+di+coscienza.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1335" data-original-width="2000" height="428" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4-xnbHauquxUhXKdW8vItZh_6HZXQDkG8yFVYDEhSQk2eqlz-VjFK-FZiyolJ3aJwS8-pAANXuf77lnXVr_cE1VkDeP_M0dnmjAysZwKzQwvnTSiSZe7FSVavItAXklKTvQDlt4F6SYnH/w640-h428/ipnosi+-+alterazione+di+coscienza.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">immagine: ipnosi – alterazione di coscienza / foto di <a href="https://unsplash.com/@benwhitephotography?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Ben White</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></div><div><h2 style="text-align: left;">Concentrazione rilassata, fiducia in sé, immaginazione. Tutto a un livello superiore</h2>
La preparazione mentale dell’atleta è importante tanto quanto quella fisica. Abbiamo già visto come le <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2020/11/biofeedback-e-neurofeedback-migliorare-prestazioni-sportive.html" target="_blank">emozioni (stress, ansia)</a> e i <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2020/12/self-talk-nello-sport-cosa-e-come-funziona.html" target="_blank">pensieri (positivi o negativi)</a> giochino un ruolo fondamentale nella prestazione sportiva agonistica. In questo quadro, l’ipnosi rappresenta un <b>ulteriore strumento di autocontrollo emotivo e mentale</b> prima, durante e dopo il gesto atletico, con ricadute anche fisiche.</div><div>Nello specifico:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>aiuta a raggiungere uno stato di <i>flow</i> più profondo</b>. Nei <a href="https://www.researchgate.net/publication/338104037_An_Investigation_into_the_Effects_of_Hypnosis_on_Basketball_Performance" target="_blank">giocatori di basket sottoposti a ipnoterapia</a> è stato registrato un <b>incremento di calma, pensieri positivi, sicurezza e concentrazione durante il tiro</b>. Uno stato mentale che <b>favorisce la fluidità corporea e la naturalezza dei movimenti</b>, definito flow. Il flow è la <b>condizione ideale per</b> la <i>peak performance</i>, ossia la <b>prestazione ottimale</b>.</li><li><b>aumenta il senso di autoefficacia</b>, cioè la fiducia della persona nelle proprie capacità. Studi scientifici hanno dimostrato <a href="https://www.stateofmind.it/2016/06/ipnosi-nello-sport/" target="_blank">il legame diretto tra livelli di autoefficacia dell’agonista e qualità delle sue performance</a>.</li></ul></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlfspgR_CD713GmzppdzL-qZQD7IN6cLJ0YqaffE3Q9JGA-GxC8x8LJtAvbsxSNaueQRFP2uJWcMtwCflnfP00EeUfVVNEzPYp94vZLMAUB7b0VVfzpWHL_2JB7iOmubaBsE7ihpPVz3gl/s2000/ipnosi+nello+sport+-+flow.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1335" data-original-width="2000" height="428" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlfspgR_CD713GmzppdzL-qZQD7IN6cLJ0YqaffE3Q9JGA-GxC8x8LJtAvbsxSNaueQRFP2uJWcMtwCflnfP00EeUfVVNEzPYp94vZLMAUB7b0VVfzpWHL_2JB7iOmubaBsE7ihpPVz3gl/w640-h428/ipnosi+nello+sport+-+flow.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">immagine: ipnosi nello sport – flow / Foto di <a href="https://unsplash.com/@markusspiske?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Markus Spiske</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>supporta la tecnica dell’<i>imagery</i></b>. L’ipnosi può rendere più vivida l’immaginazione; proprio l’immaginazione è al centro della <a href="https://www.psicologi-italia.it/disturbi-e-terapie/ipnosi/articoli/l_uso-dell_ipnosi-nello-sport.html" target="_blank">visualizzazione mentale dell’atleta della sua performance (imagery)</a>. L’imagery è una <b>tecnica di preparazione atletica mentale che rafforza la connessione cervello-muscoli</b>; potenzia le abilità motorie, compreso il recupero dopo un infortunio. Si tratta quindi di un <b>effetto indiretto dell’ipnosi</b> sulle prestazioni, ma comunque importante: <b>più la visualizzazione durante l’imagery è colorata, realistica e coinvolgente, più l’atleta ne trarrà beneficio</b>.</li><li><b>migliora la regolazione emotiva</b>. Il processo ipnotico è fatto di diverse fasi: rilassamento, imagery, induzione dell’ipnosi, regressione (per esempio immaginare di scendere i gradini di una scala) e individuazione del <b><i>trigger</i></b>. Il trigger è <b>l’innesco</b> - sonoro, visivo o comportamentale - <b>di una certa risposta</b>, fisica o mentale. Se l’atleta sa riconoscere il trigger che lo fa sentire concentrato, rilassato, sicuro, <b>può usarlo per controllare emozioni e pensieri non funzionali alla prestazione agonistica</b> (paura, stress, ansia, mancanza di autostima).</li></ul></div><div><h3>L’ipnosi è una pratica sicura?</h3>
Assolutamente sì, <a href="https://www.nst.com.my/opinion/letters/2020/06/600274/hypnosis-not-pukau-and-benefits-hypnotherapy" target="_blank">per varie ragioni</a>. Un <b>timore diffuso</b> è di <b>perdere il controllo di se stessi</b> durante l’ipnosi. In realtà è vero l’esatto contrario: la persona che si sottopone a questo trattamento fa attenzione a tutto ciò che accade dentro di sé. Il ritmo dei suoi pensieri rallenta, in modo da osservarli uno a uno.
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgK0IwecpVanubvEWp_PWlpNWhYrQ4vAvimvaudbgF6pvHafMGSlkwCPsr8AAbVPB82vhH-6g8MY3OJz_i-f9CMtqkYjPBgTA1TmpXuashjipI-Zk9kPVGg3pcPt1bjONuMT03hRwrZ-_Ty/s2000/ipnosi+pratica+sicura.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1335" data-original-width="2000" height="428" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgK0IwecpVanubvEWp_PWlpNWhYrQ4vAvimvaudbgF6pvHafMGSlkwCPsr8AAbVPB82vhH-6g8MY3OJz_i-f9CMtqkYjPBgTA1TmpXuashjipI-Zk9kPVGg3pcPt1bjONuMT03hRwrZ-_Ty/w640-h428/ipnosi+pratica+sicura.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">immagine: ipnosi pratica sicura / Foto di <a href="https://unsplash.com/@mkhamilton?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">MK Hamilton</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></div><div><br /></div><div>Inoltre, <b>non è possibile ipnotizzare qualcuno contro la sua volontà</b>; paziente e ipnoterapeuta stabiliscono prima di iniziare cosa indagare con l’ipnosi. Durante la pratica, la voce del terapeuta suggerisce alla persona sotto ipnosi delle azioni mentali da compiere per trarre il massimo beneficio da questa esperienza. <b>Il paziente può interromperla in qualsiasi momento</b>, basta che apra gli occhi.</div><div><br /></div><div><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Ti interessa saperne di più sull’ipnosi nello sport? Parliamone insieme.</a></div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-55744899664886752222020-12-09T09:00:00.002+01:002020-12-09T09:25:05.718+01:00Il self-talk ci aiuta a superare l’avversario più temibile: noi stessi<div style="text-align: left;">Ogni volta che facciamo sport, <a href="https://www.stateofmind.it/2019/11/the-inner-game/" target="_blank">dentro di noi si gioca una partita a parte</a>. Secondo il coach statunitense Tim Gallwey, i giocatori di questo <i>inner game</i> sono Self 1 e Self 2.</div><div><b>Self 1 ci vuole dire come giocare</b>, ci ricorda gli errori che abbiamo fatto e cosa potrebbe succedere se dovessimo fallire ancora. <b>Self 2 rappresenta le nostre potenzialità</b>, la parte che può apprendere durante la pratica e giocare bene.</div><div>Ma <b>Self 1</b> non ce lo permette. <b>Con le sue continue interferenze</b> ci fa sentire preoccupati, nervosi, giudicati e convinti che non possiamo farcela. È lui il <b>vero avversario da battere</b>, prima di quello sul terreno di gioco. Tutto questo avviene mentre all’esterno stiamo affrontando una gara reale o un avversario in carne e ossa.</div><div>Solo <b>eliminando la disfunzionalità dal dialogo</b> tra Self 1 e Self 2 possiamo raggiungere uno <b>stato di concentrazione rilassata e dare il massimo</b>. Una <b>triangolazione perfetta tra performance, divertimento e apprendimento</b>.</div><div>Come interrompere una concatenazione di pensieri negativi o ansiosi mentre si fa sport?</div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgji3s4xRYnk272QUDjHF0GE3kEQGu9zvSsKuAZBKC2-fTduy5-j3_ksePhISJFxGhxZc0tVTRID9hFI0UlOlSbSSCkqt2tgainFvEJUvS1U80K-hQA-wkZWFHmUOMBQ3vcJl4k0Nvdm2AZ/s2000/self-talk+-+inner+game+gallwey.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1018" data-original-width="2000" height="326" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgji3s4xRYnk272QUDjHF0GE3kEQGu9zvSsKuAZBKC2-fTduy5-j3_ksePhISJFxGhxZc0tVTRID9hFI0UlOlSbSSCkqt2tgainFvEJUvS1U80K-hQA-wkZWFHmUOMBQ3vcJl4k0Nvdm2AZ/w640-h326/self-talk+-+inner+game+gallwey.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">self-talk – inner game gallwey / foto di <a href="https://unsplash.com/@lucas_davies?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Lucas Davies</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div><h2>Il potere della parola nell’allenamento e nella pratica sportiva</h2><a href="https://www.gazzetta.it/Sport-Vari/Fitness/19-06-2014/psicologia-sport-importanza-self-talk-positivi-mabel-bocchi-80979499066.shtml" target="_blank">I coach propongono vari metodi</a>. Pronunciare la parola “<i>stop</i>” ad alta voce (<i>thought stopping</i>), tendere un elastico indossato al polso ogni volta che avvertiamo un pensiero negativo, individuare le frasi negative nel nostro cervello (self-talk journaling), smontarle e riformularle al positivo (<i>thought replacement</i>).</div><div>Proprio questa ultima via, <b>affrontare il momento di difficoltà parlando con noi stessi in termini positivi e incoraggianti, sembrerebbe influire davvero sulla resa atletica</b>. <a href="https://time.com/4606637/exercise-motivational-skills-training/" target="_blank">La Brock University Ontario ha condotto uno studio su un campione di ciclisti agonistici</a>, sottoponendoli a un allenamento intensivo ad alte temperature. È emerso che <b>chi affrontava fatica e caldo formulando pensieri motivazionali</b> (del tipo “<i>sto bene</i>”, “posso farcela”), dopo 2 settimane riusciva a coprire pedalando un <b>25% di distanza in più</b> rispetto agli altri.</div><div>È il potere della <b>parola</b>: secondo <a href="https://www.skuola.net/psicologia/vigotskij-approccio-storico-culturale.html" target="_blank">la psicologia storico-culturale di Vygotsky</a>, <b>da bambini ci permette di interiorizzare cultura e significati</b>; diventa <b>poi mezzo di coscienza</b> sotto forma di dialogo interiore (o self-talk).</div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTwbs9OSs1IdKnpsbmGB3rajtOd8YaNJ-XlWfsTLnbTixpdWM76tU2rZg6VkFmm3Rn-gDketjZ40EJIS_lRMhqA_k9P4dz1fKPgDIEmezSPn07fp3knLiNhILfiuUSobM_GoB8Khbm_njt/s2000/self-talk+-+linguaggio+e+bambini+vygotsky.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1331" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTwbs9OSs1IdKnpsbmGB3rajtOd8YaNJ-XlWfsTLnbTixpdWM76tU2rZg6VkFmm3Rn-gDketjZ40EJIS_lRMhqA_k9P4dz1fKPgDIEmezSPn07fp3knLiNhILfiuUSobM_GoB8Khbm_njt/w640-h426/self-talk+-+linguaggio+e+bambini+vygotsky.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">self-talk – linguaggio e bambini vygotsky / foto di <a href="https://unsplash.com/@plhnk?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Paul Hanaoka</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div><h2>Che cos’è il self-talk?</h2>
Secondo la definizione di Hardy (2006) perfezionata da Van Raalte (2016), il self-talk è <b>l’espressione di una posizione interna il cui mittente e destinatario coincidono</b>.</div><div>Che sia silenziosa o pronunciata ad alta voce, deve essere <b>riconoscibile dal punto di vista sintattico</b>: deve contenere cioè un soggetto, un oggetto e/o uno o più complementi). Urla e gesti di stizza che a volte vediamo nel campo da gioco sono quindi estranei a questo concetto.</div><div>Il self-talk ha varie funzioni, tra cui quella:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>espressiva</b>. Dà forma a intuizioni, emozioni e altri pensieri in forma non verbale. Quando l’atleta riconosce dentro di sé la frase “<i>in questo momento sono molto agitato</i>” ne prende pienamente coscienza e può così reagire.</li><li><b>autoregolante</b>. Il dialogo interiore può aiutare a focalizzare l’attenzione, controllare le reazioni emotive, accrescere la fiducia in se stessi, facilitare l’esecuzione automatica del gesto atletico.</li></ul><h3>La dissonanza tra self-talk e pensieri spontanei è nemica di una buona performance</h3><a href="https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2018.01237/full" target="_blank">La teoria a doppio processo del pensiero</a> vede nella nostra mente la <b>coesistenza di due sistemi</b>:</div><div>- il <b>sistema 1</b>, che coinvolge l’<b>intuizione</b>, le <b>prime impressioni</b> e le <b>sensazioni di pancia</b>;</div><div>- <b>il sistema 2</b>, che lavora più lentamente e stimola la <b>memoria</b> e lo <b>sforzo cognitivo</b>.</div><div>La funzione espressiva del self-talk sollecita il sistema 1, quella autoregolante il sistema 2. <b>I due sistemi devono essere armonici tra loro</b>; in caso contrario, l’atleta percepirà <b>una dissonanza</b> tra pensieri spontanei e formule orientate a un dato obiettivo. Dissonanza che <b>potrebbe avere effetti controproducenti sulle prestazioni sportive</b>.</div><div><br /></div><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px;"><div style="text-align: left;">Esempio: posso sollecitare il mio sistema 2 con un self-talk del tipo “<i>sono il/la migliore</i>”. Se però il mio sistema 1 si attesta su considerazioni come “non sono abbastanza capace”, non raggiungerò i risultati sperati (anzi, tutto il contrario).</div></blockquote><p>In generale, <b>il self-talk positivo funziona bene con le persone con una buona autostima</b>, mentre può causare disagio nelle persone con scarsa fiducia in sé.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdBEAytfaVljgi0l6osCTDS4PSC-MEbBY6bydgbamY3N8os83J1uJTkNoRtbXlcIXyQY3XNwvoqrc67ek7J4Gsw6NuyAknhPxSv9adUuwbHIzEr0ksLa98h3Fdlg7C8lx6dQFZUWMRlyJz/s2000/self-talk+-+funzione+autoregolante.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdBEAytfaVljgi0l6osCTDS4PSC-MEbBY6bydgbamY3N8os83J1uJTkNoRtbXlcIXyQY3XNwvoqrc67ek7J4Gsw6NuyAknhPxSv9adUuwbHIzEr0ksLa98h3Fdlg7C8lx6dQFZUWMRlyJz/w640-h426/self-talk+-+funzione+autoregolante.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">self-talk – funzione autoregolante / foto di <a href="https://unsplash.com/@stefanbc" target="_blank">Stefan Cosma</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr></tbody></table><div><h4>C’è un self-talk giusto per ogni tipo di prestazione atletica</h4>
Da un’analisi più approfondita dei contenuti del self-talk nello sport sono emerse <b>due tipologie di dialogo interiore: istruzionale</b> (es. “<i>piega bene le ginocchia</i>”) e <b>motivazionale</b> (“<i>continua così</i>”).</div><div><a href="https://www.researchgate.net/publication/221689919_Self-Talk_and_Sports_Performance_A_Meta-Analysis" target="_blank">Uno studio dell’Università della Tessaglia su un campione di 32 studenti</a> ha dimostrato che <b>entrambe migliorano le performance, con effetti diversi sui compiti da eseguire</b>:</div><div><ul style="text-align: left;"><li>il self-talk <b>istruzionale</b> incide di più sulla <b>motricità fine</b> (coordinazione occhio-mano, destrezza, precisione, accuratezza);</li><li>il self-talk <b>motivazionale</b> è più efficace con la <b>motricità grossolana</b> (resistenza, forza, potenza). </li></ul><b>È importante trovare l’abbinamento giusto tra tipo di self-talk e compito</b>. Coach e atleta dovranno comunicare tra loro per scegliere contenuto e forma più adatti all’atleta-persona e ai suoi compiti-obiettivi. Così facendo, il dialogo interiore rafforzerà il suo allenamento e potrà essere applicato con successo all’inizio e nel corso dell’apprendimento di una disciplina sportiva.</div><div><br /></div><div><a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi saperne di più sul self-talk? Parliamone insieme</a>.</div><div><br /></div><div>Altre fonti:</div><div><a href="https://oxfordre.com/psychology/view/10.1093/acrefore/9780190236557.001.0001/acrefore-9780190236557-e-157" target="_blank">Self-Talk in Sport and Performance</a> (oxfordre.com)</div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0Perugia PG, Italia43.1107168 12.390827914.800482963821153 -22.765422100000002 71.420950636178844 47.5470779tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-5447807592800922072020-11-11T16:19:00.000+01:002020-11-11T16:19:07.144+01:00Biofeedback e neurofeedback nel mental training sportivoNell’attività agonistica <b>il gesto atletico è influenzato dalla mente dello sportivo</b>, da quello che pensa e prova. Le <b>neuroscienze dello sport indagano questo nesso</b>, con l’obiettivo di <b>insegnare agli atleti a conoscere e modulare le attività del proprio sistema nervoso centrale</b>. Il sistema nervoso centrale è l’insieme di cervello e midollo spinale, che raccoglie le informazioni dagli altri organi e dall’ambiente elaborando risposte per l’intero organismo.<div>In questo articolo analizziamo due tecniche per raggiungere la <b>sincronia tra mente e corpo</b>, il <b>biofeedback</b> e il <b>neurofeedback</b>. Nate per trattare condizioni di disturbo fisiologico e mentale, sono state successivamente <b>applicate con successo al mental training nello sport agonistico</b>.<h2>Biofeedback per controllare le attività fisiologiche</h2>
Studi condotti negli Stati Uniti negli <b>anni ’60</b> dallo psicologo comportamentista <b>Miller</b> evidenziano il <b>collegamento tra emozioni e processi fisiologici del sistema cardiovascolare</b>.</div><div>Nel <b>1970</b> i ricercatori <b>Green e Walters</b> perfezionano il concetto, stabilendo che, <b>a ogni cambiamento fisiologico, ne corrisponde uno emotivo</b> (principio psicofisiologico). Perché non <b>applicare quanto scoperto alla preparazione atletica</b>? È il passaggio che segna l’ingresso dello sport nei campi di ricerca delle neuroscienze e apre la strada al biofeedback nei primi anni ‘80.</div><div><br /></div><div>Il <b>biofeedback</b> è una tecnica che:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>misura specifiche attività fisiologiche</b> (frequenza cardiaca, respirazione, tensione muscolare, temperatura e conduttanza della pelle);</li><li><b>oggettiva quanto rilevato attraverso feedback visivi e acustici</b> che l’atleta può comprendere con facilità.</li></ul></div><div>In questo modo, lo sportivo <b>imparerà a conoscersi e ad autoregolarsi</b>, controllando il suo corpo anche in situazioni di stress. </div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJki1EhqTJbjMEGFs-PYk1SFFuzqSUDiiq2CzWNSbOwUfLDR6uCFXVlHxUIP0p46SKXGFnKpr5jS1cx4LNP5IFUfmy0IHrL8Z7qUoxVHCI9-F5Yg2SvGPAcRsI5Uki6iDr5iVxx3AxFUvt/s2000/bio+e+neurofeedback+-+attivita%25CC%2580+fisiologiche.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJki1EhqTJbjMEGFs-PYk1SFFuzqSUDiiq2CzWNSbOwUfLDR6uCFXVlHxUIP0p46SKXGFnKpr5jS1cx4LNP5IFUfmy0IHrL8Z7qUoxVHCI9-F5Yg2SvGPAcRsI5Uki6iDr5iVxx3AxFUvt/w640-h426/bio+e+neurofeedback+-+attivita%25CC%2580+fisiologiche.png" title="bio e neurofeedback – attività fisiologiche / foto di Hans Reniers - Unsplash" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">bio e neurofeedback – attività fisiologiche / foto di <a href="https://unsplash.com/@hansreniers?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Hans Reniers - Unsplash</a></div><div><h2>Neurofeedback per restare concentrati in momenti di tensione</h2>
Il <b>neurofeedback</b> è una tecnica derivante dal biofeedback. Consiste nell’<b>allenamento di alcuni parametri del sistema nervoso</b> e ha l’obiettivo di <b>modificare le onde cerebrali</b> per migliorare le prestazioni nella pratica agonistica. Con questo tipo di mental training, l’atleta può capire come <b>raggiungere uno stato di concentrazione rilassata in momenti di tensione</b> (pensiamo per esempio a una battuta nel volley o nel baseball, al prendere la mira nel tiro con l’arco, al tiro in buca nel golf).</div><div><br /></div><div>È una terapia sicura e non invasiva: è stata <b>usata per trattare il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, l’epilessia e la demenza</b> ancor prima di essere impiegata nello sport. <b>Si basa sulla neuroplasticità</b>, cioè sulla capacità del cervello di creare sempre nuove reti neurali sollecitato dall’esperienza.</div><div><br /></div><div>Nel neurofeedback:</div><div>si effettua una <b>mappatura cerebrale</b> tramite elettrodi, c<b>he stabilisce il tipo di allenamento</b> e le aree specifiche su cui concentrarsi;</div><div><b>gli elettrodi misurano le onde cerebrali</b> dello sportivo, mentre questo cerca di <b>controllare i segnali di distrazione</b> o di <b>ricordi di situazioni stressanti</b>;</div><div><b>feedback visivi e acustici</b> aiutano l’atleta ad afferrare questi processi invisibili: se raggiunge i progressi pianificati, riceve delle <b>ricompense visive e auditive</b> che <b>consolideranno nuovi pattern di funzionamento</b> da sfruttare in reali situazioni di ansia.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg94Tbeeq5qTyZRfhb5XYWmDbY_gTLBORlOIoBtzmBgxLLjXxn8_cTqxBIDjvWmRCEHnimh925aEr3ZaBzoHQ-8lnokr86TvJZz_qFop2Lntf-vk7Etsq23FuYc0Xuo4lkn71ut0J3oMW8k/s2000/bio+e+neurofeedback+-+concentrazione+rilassata.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1336" data-original-width="2000" height="428" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg94Tbeeq5qTyZRfhb5XYWmDbY_gTLBORlOIoBtzmBgxLLjXxn8_cTqxBIDjvWmRCEHnimh925aEr3ZaBzoHQ-8lnokr86TvJZz_qFop2Lntf-vk7Etsq23FuYc0Xuo4lkn71ut0J3oMW8k/w640-h428/bio+e+neurofeedback+-+concentrazione+rilassata.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">bio e neurofeedback – concentrazione rilassata / foto di <a href="https://unsplash.com/@griestprojects?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Mitchell Griest - Unsplash</a></div><div><h3>Bio e neurofeedback funzionano davvero?</h3>
Un caso di successo è la <b>Nazionale italiana di calcio ai Mondiali del 2006</b>. Alcuni suoi giocatori hanno fatto ricorso a <b>bio e neurofeedback durante il torneo</b>, che si è concluso con la vittoria dell’Italia sulla Francia ai rigori (ben oltre il tempo regolamentare). I <b>calci di rigore</b> rientrano nelle situazioni altamente stressanti, in cui il <b>controllo di mente e corpo è fondamentale</b>. Inoltre, <b>nello stesso anno</b>, il campionato italiano di calcio era stato scosso dallo <b>scandalo Calciopoli</b>, che aveva coinvolto le squadre di molti atleti convocati. Gli Azzurri hanno quindi gestito una competizione internazionale e una pressione ben al di sopra della media, riuscendo egregiamente nell’impresa.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOChwn0VU2xDzvuOUwxqbxfO5O5Jvp4Fz9tpXneVOYIOUW0_tFg0PCXAA7BxHeAlD9zT_0tJsSd9pawOr5XLio-W2zeq_IPYZLR0rgH1rTKIn7GIcSTapH9kYp0p7vni_xdLa_5gRBdc2K/s2000/bio+e+neurofeedback+-+stress+sportivo.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="983" data-original-width="2000" height="314" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOChwn0VU2xDzvuOUwxqbxfO5O5Jvp4Fz9tpXneVOYIOUW0_tFg0PCXAA7BxHeAlD9zT_0tJsSd9pawOr5XLio-W2zeq_IPYZLR0rgH1rTKIn7GIcSTapH9kYp0p7vni_xdLa_5gRBdc2K/w640-h314/bio+e+neurofeedback+-+stress+sportivo.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;">bio e neurofeedback – stress sportivo / foto di <a href="https://unsplash.com/@dominikkuhn?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Dominik Kuhn - Unsplash</a></div><div><br /></div><div>In conclusione, bio e neurofeedback possono essere <b>procedure molto efficaci</b>, ma non da sole. <b>È necessario un lavoro di ascolto e analisi preliminare della persona</b></div><div><ul style="text-align: left;"><li>che prenda in considerazione i suoi vissuti emotivi e relazionali</li><li>che consenta l’instaurarsi di un r<b>apporto di fiducia e collaborazione con il terapeuta</b>.
Rapporto su cui si getteranno le basi per il cambiamento dell’atleta.</li></ul></div><div>f<i>onti: <a href="https://www.humanitas.it/enciclopedia/anatomia/sistema-nervoso/sistema-nervoso-centrale" target="_blank">humanitas.it</a>, <a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/omeostasi/" target="_blank">treccani.it</a>, <a href="https://www.neurofeedbackmilano.it/neurofeedback-sport/" target="_blank">neurofeedbackmilano.it</a>, <a href="https://www.bskilled.it/uso-del-biofeedback-e-neurofeedback-in-psicologia-dello-sport/" target="_blank">bskilled.it</a>, <a href="http://www.psychiatryonline.it/node/8204" target="_blank">psychiatryonline.it</a>, <a href="https://www.federginnastica.it/images/documenti/Formazione/Master_Nazionale_Romano_F._-_Stress_e_prestazione.pdf" target="_blank">federginnastica.it</a>, <a href="https://www.cppa.it/neurofeedback-e-biofeedback.html" target="_blank">cppa.it</a>, <a href="http://www.thebrainlabgroup.it/neurofeedback.html" target="_blank">thebrainlabgroup.it</a></i></div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-77406079390524043132020-10-08T15:58:00.004+02:002020-10-08T16:02:49.750+02:00Lo psicologo dello sport, un allenatore mentale per atleti e squadreAnche nello sport, apparentemente molto lontano dal pensiero, la mente gioca un ruolo importante. Lo <b>psicologo dello sport aiuta l’atleta a migliorare</b> le sue prestazioni attraverso un <b>mental training</b> (o allenamento mentale) <b>personalizzato</b> che coinvolge <b>obiettivi</b>, <b>gestione delle emozioni</b>, relazioni con allenatori e compagni di squadra e la <b>prevenzione di situazioni a rischio</b>, come il sovrallenamento. <h2>Lo sport agonistico: un’esperienza fisica ed emotiva molto intensa</h2>
La maggior parte di noi pratica sport a livello amatoriale, per liberare la mente, tenersi in forma, trascorrere del tempo all’aperto. Possiamo darci o meno degli obiettivi e raggiungerli grazie ad allenamenti più o meno costanti.<div>Per chi fa dell’attività fisica la propria professione, il discorso si complica. Praticare <b>sport a livello agonistico</b> significa:</div><div><ul style="text-align: left;"><li> <b>allenarsi costantemente</b>, a volte anche molte ore ogni giorno (è il caso dei nuotatori);</li><li> dover <b>centrare degli obiettivi precisi</b> e importanti (battere un record, qualificarsi per competizioni nazionali o internazionali); </li><li><b>affrontare sfide</b> anche temporalmente <b>ravvicinate</b> tra loro (pensiamo al numero di partite da giocare in un campionato di pallavolo o di calcio); </li><li><b>mettere il proprio fisico a dura prova</b> per dare sempre il massimo (guidare un’auto di Formula 1 a 200km/h per una o due ore di seguito, affrontare una gara di triathlon olimpico, correre una maratona).</li></ul></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHuvXQekywsnjHRgEeCfw3vI-16UJrRDTMoexXWYgws4EqeD3VBFVf9bAZvOVsHu5-io3AXSATKcknyq3dg2j-GdDnjMYyBtKKb-BP5BvhA3s911-HEDqzK53CRuvdpCLcbqRlI6rMB2Wa/s2000/psicologo+dello+sport+-+sport+agonistico.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><img alt="Nuotatore professionista in piscina" border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHuvXQekywsnjHRgEeCfw3vI-16UJrRDTMoexXWYgws4EqeD3VBFVf9bAZvOVsHu5-io3AXSATKcknyq3dg2j-GdDnjMYyBtKKb-BP5BvhA3s911-HEDqzK53CRuvdpCLcbqRlI6rMB2Wa/w640-h426/psicologo+dello+sport+-+sport+agonistico.png" title="psicologo dello sport – sport agonistico" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Psicologo dello sport – sport agonistico / foto di <a href="https://unsplash.com/@gentritbsylejmani?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Gentrit Sylejmani</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></div><div><br /></div><div><b>Nell’attività agonistica</b>, un atleta si trova a <b>gestire quotidianamente</b> fattori come <b>stress</b>, <b>ansia</b>, <b>sicurezza</b>, <b>concentrazione</b> e deve farlo nel modo più funzionale al raggiungimento dei suoi obiettivi. La mente deve aiutare il suo corpo nell’impresa, non essergli d’ostacolo. Per questo, nel corso del tempo, ai preparatori atletici si sono affiancate <b>nuove figure</b> professionali con lo scopo di <b>fornire agli sportivi il giusto supporto mentale</b>, attraverso strategie differenti:</div><div><ul style="text-align: left;"><li>il <b>motivatore</b>, come suggerito dal nome, si concentra sul <b>sollecitare la motivazione</b> dell’atleta rispetto al raggiungimento di un obiettivo;</li><li>il <b>mental trainer</b> aiuta l’atleta a <b>mettere a fuoco punti di forza e margini di miglioramento</b> e può aiutarlo con tecniche specifiche a gestire le sue emozioni.</li></ul></div><div><h2>La psicologia dello sport, un nuovo approccio all’attività fisica</h2>
La <b>psicologia dello sport</b> è una disciplina orientata <b>allo studio dei fattori psicologici in grado di migliorare la resa nell’attività agonistica</b>, ma anche alla <b>promozione dell’attività motoria come fonte di benessere psicologico, sociale</b> e <b>strumento di prevenzione</b> di patologie, soprattutto nell’età evolutiva e nella terza età.</div><div>Lo <b>psicologo dello sport</b> è un professionista che <b>aiuta l’atleta a migliorare le sue prestazioni</b>, ma lo fa con uno sguardo più ampio rispetto alle altre figure. <b>Affianca alle tecniche di mental training un’analisi</b> della persona in termini <b>di vissuti emotivi, pensieri e personalità</b>. Questo <b>approccio personalizzato</b>, che tiene conto di variabili individuali e conoscenza dei processi cognitivi, deriva dalla sua <b>formazione accademica psicologica</b> (non necessariamente presente nel caso di motivatori e mental trainer) e permette una <b>comprensione più profonda del soggetto, come sportivo e come persona</b>.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMbFdQIW9HoyhX3n-1bstkk8CKB9MN6aYnZan5jzkMUC5mtfSkBvQENv388Q3rPmVs2TYVpL-RoI0YyIgUbgexn53lSOA8WB2ZJJHvVf_9xP4anCMV2flzufKtdUwaLJ03Pt4rjM6ZMiMu/s2000/psicologo+dello+sport+-+approccio+personalizzato.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><img alt="Immagine raffigurante racchetta da tennis e pallina" border="0" data-original-height="1333" data-original-width="2000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMbFdQIW9HoyhX3n-1bstkk8CKB9MN6aYnZan5jzkMUC5mtfSkBvQENv388Q3rPmVs2TYVpL-RoI0YyIgUbgexn53lSOA8WB2ZJJHvVf_9xP4anCMV2flzufKtdUwaLJ03Pt4rjM6ZMiMu/w640-h426/psicologo+dello+sport+-+approccio+personalizzato.png" title="psicologo dello sport – approccio personalizzato" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Psicologo dello sport – approccio personalizzato / foto di <a href="https://unsplash.com/@cherrybueza?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Cherry Bueza</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></div><div><br /></div><div>Le competenze dello psicologo dello sport riguardano:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><b>l’allenamento mentale</b> dell’atleta: formazione degli obiettivi, gestione delle emozioni, visualizzazione di percorsi e gesti, miglioramento di attenzione, autostima e concentrazione</li><li><b>il lavoro di squadra</b>: costruire un buon clima tra compagni e un gruppo unito, supportare l’allenatore nelle relazioni con gli atleti, aiutare a sviluppare leadership e fair play</li><li>la gestione di <b>situazioni a rischio</b>: intervento e consulenza in caso di uso di sostanze dopanti, aggressività durante l’attività sportiva, depressione, sovrallenamento</li><li>l’individuazione di <b>disturbi</b>: alimentari o strettamente legati al mondo dello sport (paura di vincere, ansia da prestazione, sindrome del campione)</li><li>l’affiancamento dello sportivo in <b>momenti delicati</b>: infortuni, riabilitazioni, passaggi di categoria, cambiamenti nella vita privata</li></ul></div><div>In Italia la figura dello psicologo dello sport è ancora poco conosciuta, mentre <b>all’estero partecipa già da molto tempo al processo di preparazione atletica</b>. La prima collaborazione risale agli anni ’30 del Novecento e ha coinvolto una squadra di baseball statunitense. Nel 1962 un intero team di psicologi affiancò gli atleti giapponesi alle Olimpiadi.</div><div><br /></div><div>Il modo migliore per capire come uno psicologo dello sport può concretamente aiutare singoli atleti e squadre è parlare con uno di loro. <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Contattami per saperne di più</a>.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoBXn9POVQ2ncy1Ijd2AZmtk3UZVShLmAAfjqhTpkiGRSp4r054FPO1VKbVB5W9kqEYHL_tT6yDn7Xa3VFsPEVPl_t6GTsx-cHmAz1gBQRhYKXXudztWxxqu71qLQbzfJ5V1ZB7W9_Urfl/s2000/psicologo+dello+sport+-+lavoro+di+squadra.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Vista dall'alto di una pista di atletica con corridori" border="0" data-original-height="1055" data-original-width="2000" height="338" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoBXn9POVQ2ncy1Ijd2AZmtk3UZVShLmAAfjqhTpkiGRSp4r054FPO1VKbVB5W9kqEYHL_tT6yDn7Xa3VFsPEVPl_t6GTsx-cHmAz1gBQRhYKXXudztWxxqu71qLQbzfJ5V1ZB7W9_Urfl/w640-h338/psicologo+dello+sport+-+lavoro+di+squadra.png" title="psicologo dello sport – lavoro di squadra" width="640" /></a></div><div style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">psicologo dello sport – lavoro di squadra / foto di <a href="https://unsplash.com/@slelham?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Steven Lelham</a> - <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></div><div><br /></div><div>Fonti: <a href="http://societaitalianapsicologiasport.it" target="_blank">societaitalianapsicologiasport.it</a>, <a href="http://studicognitivi.it" target="_blank">studicognitivi.it</a>, <a href="http://mental-training.it" target="_blank">mental-training.it</a>, <a href="http://muscolab.net" target="_blank">muscolab.net</a>, <a href="http://wikipedia.it" target="_blank">wikipedia.it</a></div>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-24922007850923450652019-09-23T09:51:00.000+02:002019-09-23T09:51:33.730+02:00Lo sviluppo della psicoterapia cognitivo-comportamentale<b>Una brutta fama accompagna gli psicologi comportamentisti</b>: forse per il nome della loro teoria oppure a causa dei primi studi scientifici (che includevano ratti o altri piccoli animali), ancora oggi <b>sono ritenuti terapeuti che considerano l’essere umano come un animale da addomesticare</b> o al massimo come un computer in cui inserire dati e attendersi una risposta; questo nonostante i numerosi protocolli confermati da studi rigorosi per la psicopatologia. Ma che cos’è la psicologia cognitivo-comportamentale e com’è cambiata dagli inizi al giorno d’oggi?<br />
<h2>
Prima ondata del cognitivismo: conta ciò che è osservabile e misurabile</h2>
Tra gli anni <b>‘50 e ’60 del Novecento</b> una serie di psicologi (tra i quali Watson e Skinner) cercarono di proporre <b>un’alternativa</b> clinica <b>all’unica terapia</b> che allora si conosceva, quella <a href="https://www.psicologi-online.it/psicoterapia-dinamica-differenze-e-opportunita/" target="_blank">psicodinamica</a>. Questo esordio viene chiamato <b>prima ondata</b> della teoria cognitivo-comportamentale e <b>si basava soprattutto sul comportamento osservabile del soggetto</b>, tralasciando quello privato (pensieri, opinioni, emozioni). Nonostante questa lacuna, essa <b>ha portato alla scoperta di modalità terapeutiche che ancora oggi sono largamente utilizzate</b> in clinica e in psicologia sociale: per esempio la tecnica del rinforzo, <a href="https://www.stateofmind.it/2015/11/condizionamento-operante-skinner/" target="_blank">il condizionamento operante</a>, l’estinzione. Ma la caratteristica principale di questa corrente sta proprio nella <b>priorità</b> che essa dà <b>alla validazione scientifica dei propri protocolli di intervento</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOvwVvkD_pyRxBm19dPlgStR8nItI58E6PC7KRiGnx7fkQrBA8-6yJhCQPC8ep4fZvPH9v4eB09mQH5ftpsGS2VyQ2FuXpAxC64WgecljCUEE484U2s2ihtO0cOve_y5Z9gppHqRSdxYt-/s1600/cognitivismo+-+comportamenti+osservabili.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOvwVvkD_pyRxBm19dPlgStR8nItI58E6PC7KRiGnx7fkQrBA8-6yJhCQPC8ep4fZvPH9v4eB09mQH5ftpsGS2VyQ2FuXpAxC64WgecljCUEE484U2s2ihtO0cOve_y5Z9gppHqRSdxYt-/s640/cognitivismo+-+comportamenti+osservabili.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: cognitivismo - comportamenti osservabili / Photo by <a href="https://unsplash.com/@matthewhenry?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Matthew Henry</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Seconda ondata: stati interiori e pensiero irrazionale</h2>
Continuando a studiare la mente dell’uomo e la sua risposta alla psicoterapia comportamentale, intorno agli <b>anni ‘60</b> si è giunti alla <b>seconda ondata</b>, chiamata <b>cognitivismo standard</b>: in questa fase si distinguono particolarmente Neisser (considerato il fondatore del movimento cognitivista) e Beck (il primo terapeuta a mettere a punto le basi della terapia cognitiva).<br />
Nel cognitivismo standard <b>l’attenzione non è più centrata solo sul comportamento osservabile, ma anche sui moti interiori del soggetto</b>: diventa sempre più importante il concetto di <b>pensiero irrazionale</b>, ossia <b>una credenza molto rigida sulla quale il paziente e lo psicologo si confrontano in terapia per confutare la convinzione distorta</b> del primo, attraverso tecniche come il disputing e il dialogo socratico.<br />
<br />
Negli anni seguenti all’elaborazione di Beck, anche <b>Ellis fondò la sua nuova terapia</b>, chiamata <i>Rational Emotive Behavioral Therapy</i> (REBT), anche questa non centrata unicamente sul comportamento esterno, ma focalizzata sulle emozioni come <b>motori del comportamento</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4rxxLjTY-4Wim-X017QbU3e6Cug4fJe_Mfygv-yrh78TxHDW760_5vHInQAyeXgNGKTkKOGPM3I6TLOI7IZBUTQJDIxSpJZmNWB_4PqcGVji3qcGRaYuXDDoQXtfOS5aeI0RkmyWHxFHD/s1600/cognitivismo+-+emozioni+motore+comportamento.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4rxxLjTY-4Wim-X017QbU3e6Cug4fJe_Mfygv-yrh78TxHDW760_5vHInQAyeXgNGKTkKOGPM3I6TLOI7IZBUTQJDIxSpJZmNWB_4PqcGVji3qcGRaYuXDDoQXtfOS5aeI0RkmyWHxFHD/s640/cognitivismo+-+emozioni+motore+comportamento.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: cognitivismo - emozioni motore comportamento / Photo by <a href="https://unsplash.com/@coolmilo?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Camilo jimenez</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
La situazione oggi: terza ondata e ACT</h2>
Attualmente la psicologia cognitivo-comportamentale sta vivendo la sua <b>terza ondata</b>; essa comprende:<br />
<ul>
<li>la <i>Mindfulness-Based Cognitive Therapy</i> (MBCT)</li>
<li>la <i>Dialectical Behavior Therapy</i> (DBT)</li>
<li>l’<i>Acceptance and Commitment Therapy</i> (ACT)</li>
</ul>
La grande innovazione di questa terza generazione è che <b>l’obiettivo non è modificare le emozioni dolorose o i pensieri, ma imparare a gestirli in maniera più funzionale</b>.<br />
<b>L’ACT</b>, sviluppata alla <b>fine degli anni ‘70</b> da Hayes, è <b>basata sull’idea che la psicopatologia deriva dal tentativo controproducente di evitare o sopprimere stati interni</b> (pensieri, emozioni, sensazioni corporee). Essa si fonda su <b>sei processi-chiave</b>, che delineano due aree:<br />
<br />
1° - ACCETTAZIONE e MINDFULNESS<br />
<ul>
<li>Accettazione</li>
<li>Defusione</li>
<li>Contatto con il momento presente</li>
</ul>
2° - AZIONE<br />
<ul>
<li>Valori</li>
<li>Impegno</li>
<li>Consapevolezza</li>
</ul>
Particolarmente importante tra questi processi è quello della <b>defusione</b>, che consiste nell’imparare a <b>notare i nostri pensieri, immagini o ricordi dolorosi o ansiogeni riconoscendoli</b> per quello che sono, ovvero <b>prodotti della mente</b> e non verità assolute. <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2018/01/auto-osservazione-schemi-mentali.html" target="_blank">Guardando le nostre esperienze interne da una posizione decentrata</a>, acquisiamo una maggiore <b>consapevolezza di ciò che è reale e ciò che invece è mentale</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpTJgFLVF4RYh9R-_YfZts1BfBCXSYQazAc9wdbIXZf6g5h6YlITauA8GHX7e_GDSxai-9gj9ZvyVLTx9I-t0HQZDUItExmOG3gKbEDkqZnzsDuTHzY1HarFbMICQ5M_o-zYPPYTp6yXEp/s1600/cognitivismo+-+gestione+dolore.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpTJgFLVF4RYh9R-_YfZts1BfBCXSYQazAc9wdbIXZf6g5h6YlITauA8GHX7e_GDSxai-9gj9ZvyVLTx9I-t0HQZDUItExmOG3gKbEDkqZnzsDuTHzY1HarFbMICQ5M_o-zYPPYTp6yXEp/s640/cognitivismo+-+gestione+dolore.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: cognitivismo: gestione dolore / Photo by <a href="https://unsplash.com/@amianyuhua?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Lizzie</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a>;</td></tr>
</tbody></table>
<h3>
Dall’eliminazione alla gestione di sofferenze e pensieri</h3>
<b>L’obiettivo</b> dell’ACT è quello di:<br />
<ul>
<li><b>promuovere la flessibilità psicologica del soggetto</b>, ossia la sua capacità di <b>essere in contatto con il momento presente fermando il continuo movimento della mente</b> che oscilla fra scenari catastrofici futuri e perdite inguaribili del passato;</li>
<li><b>incrementare l’abilità di <i>problem solving</i></b>, quella cioè di trovare diverse risposte ad un problema, sapendo desistere se inefficaci, ma anche <b>resistendo nei comportamenti orientati dai propri valori</b>.</li>
</ul>
<div>
L’ACT si propone di raggiungere queste competenze psicologiche in due modi:</div>
<ol>
<li>Riducendo l’investimento su scopi non ottenibili</li>
<li>Promuovendo l’azione orientata verso i propri valori e scopi</li>
</ol>
<div>
Secondo la teoria dell’ACT, <b>un grande generatore di sofferenza per l’uomo è l’evitamento esperienziale</b>, ossia <b>l’insieme di strategie</b> che mettiamo in atto <b>per controllare le nostre esperienze interne</b> (pensieri, emozioni, sensazioni o ricordi). Lo scopo è allontanare con tutte le forze ciò che per noi è doloroso e che riteniamo insopportabile. <b>L’alternativa è l’accettazione</b>, ossia provare ad <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2016/03/vulnerabilita-base-rapporti-umani.html" target="_blank">accogliere l’emozione di sofferenza</a>, <b>ansia o frustrazione impegnando le nostre energie nel comprendere cosa possiamo fare in questa situazione per raggiungere i nostri scopi</b>, piuttosto che disperderle cercando di fuggire da noi stessi.<br />
La seconda parte di una terapia fondata sull’ACT prevede la <b>capacità di pianificare e mettere in atto azioni orientate verso uno scopo e dai valori personali</b>; valori che, per l’ACT, sono «qualità della vita desiderate a lungo termine» (Hayes et al., 2006).<br />
<br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Ti incuriosisce capire come funziona una terapia di questo tipo?</a> Sentiti libero/a di contattarmi.</div>
Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-879092175691383822019-09-13T09:18:00.000+02:002019-09-13T09:18:59.756+02:00Il dolore per quello che non è stato: faccia a faccia con il rimpiantoIl rimpianto è un’esperienza molto comune: a chi non è capitato di non fare qualcosa e poi pentirsene, oppure di rendersi conto di aver scelto l’alternativa sbagliata di fronte a un bivio della nostra vita? Evitare questa condizione è impossibile, ma possiamo fare in modo che quello che non è stato non diventi automaticamente quello che doveva essere, impedendoci di vivere al meglio il presente.<br />
<br />
Il rimpianto viene definito come una sensazione di amarezza legata a un’occasione perduta. È importante <b>distinguere il rimpianto dal rimorso</b>, due stati d’animo che spesso vengono accomunati: nonostante entrambi siano accompagnati da un umore depresso, <b>il rimpianto riguarda spesso qualcosa di non agito</b> ed è <b>rivolto a noi stessi</b>, mentre il senso di colpa (o <b>rimorso</b>), al contrario, <b>spesso attiene a un’azione commessa che vorremmo non aver compiuto</b> ed è una sofferenza <b>provocata ad altri</b> - e a noi stessi come conseguenza - dal punto di vista emotivo.<br />
<br />
<b>Il rimpianto</b> è uno stato conosciuto universalmente che ci spaventa prima di fare una scelta e ci devasta quando lo proviamo. In realtà <b>fa parte dell’umana esperienza</b> e, come ci viene insegnato dalla <i>mindfulness</i> e dall’ACT (un nuovo approccio psicoterapeutico che punta all’accettazione e alla consapevolezza del dolore come parte della nostra vita interiore), <b>è destinato a passare</b> al pari degli altri stati mentali e a lasciarci di nuovo nella possibilità di vivere il presente. Ma questo stato ha una caratteristica che complica ulteriormente questo passaggio mentale: <b>è legato a un’occasione perduta nel passato, che non avremo più l’opportunità di vivere</b>. Molto spesso questa occasione (che in realtà non abbiamo vissuto, pertanto non possiamo essere certi fino in fondo che sia migliore del nostro presente) <b>viene idealizzata</b> e ci appare meravigliosa e irraggiungibile. <b>Il senso di perdita genera un dolore che può apparire incolmabile e che</b>, se si protrae a lungo, <b>può paralizzarci nelle scelte successive</b>, impedendoci di agire.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxjjDH7TJvo36cOybFUY8UX6lf52xK-V2NJiONmkKhDkWhB8wNHghHxssPtqyTOmJPK-S10Rz4m0h-KN1etVDUuuiP3TdVTC-zBgHGu5bwE0pHpoSJUYgFSUdqKxjSAG9wvJCTeQhSWUIe/s1600/rimpianto+-+senso+di+perdita.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxjjDH7TJvo36cOybFUY8UX6lf52xK-V2NJiONmkKhDkWhB8wNHghHxssPtqyTOmJPK-S10Rz4m0h-KN1etVDUuuiP3TdVTC-zBgHGu5bwE0pHpoSJUYgFSUdqKxjSAG9wvJCTeQhSWUIe/s640/rimpianto+-+senso+di+perdita.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: rimpianto - senso di perdita / Photo by <a href="https://unsplash.com/@sadswim?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">ian dooley</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Vivere senza rimpianti è un falso mito</h2>
“<i>Cerca di vivere senza dover rimpiangere nulla</i>” è uno dei motti assolutamente irrealistici che sono proposti a gran voce nella nostra società. Dovremmo sempre cercare di ricordare che <b>nella vita siamo continuamente sottoposti a scelte e qualche volta può succedere di pentirsi di non aver scelto l’altra opzione</b>. Possiamo trattenerci in questo umore doloroso per qualche ora o per qualche giorno, a patto che poi <b>torniamo alla realtà per capire come aggiustare le cose così come stanno</b> (<i>problem solving</i>), piuttosto che pensare a come le avremmo volute. Ma potremmo anche restare impigliati in amare riflessioni sul passato, condizione che genera una ricaduta anche molto grave sulla nostra vita, portando con sé <b>bassa autostima, sfiducia nelle proprie capacità di prendere decisioni e nel futuro, impedendoci in questo modo di vivere la nostra vita a pieno, sfruttando le possibilità reali che</b> essa offre e che, se il nostro sguardo è rivolto al passato, <b>non riusciamo a vedere</b>.<br />
Questa condizione esistenziale, che <b>può portare fino a un disturbo depressivo</b>, affligge soprattutto coloro che si trovano spesso a rimuginare: il rimuginìo è caratteristico di diversi disturbi, fra i quali emergono in particolare il <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2017/11/disturbo-ansia-generalizzato.html" target="_blank">Disturbo d’Ansia Generalizzato</a>, il Disturbo da Attacchi di Panico ed il Disturbo Ossessivo Compulsivo; i primi due caratterizzati da timori catastrofici, l’ultimo dalla paura di una catastrofe interiore (come una grave colpa).<br />
<h2>
Accettiamo la possibilità di sbagliare</h2>
Realisticamente, per scegliere un’opzione, bisogna aspettare il momento in cui si hanno a disposizione tutti i dati necessari per decidere, attesa che spesso per l’ansioso risulta intollerabile. Ma certe volte non si tratta solo di una questione di tempo: potremmo anche non disporre mai di tutte le informazioni in grado di sciogliere la nostra incertezza. Che fare in questi casi?<br />
<b>Dobbiamo prendere atto del fatto che non è tutto sempre controllabile e imparare ad accettare la nostra vulnerabilità</b>. Sarebbe bello liberarci definitivamente da ogni genere di incertezza; purtroppo però <b>il mondo non sarà mai un luogo completamente sicuro</b>. Prima ce ne rendiamo conto, prima raggiungeremo un livello apprezzabile di fiducia interiore che ci aiuterà a modificare o accettare la situazione che ci si presenta davanti, contando sulle nostre capacità di <i>problem solving</i>.<br />
Teniamo presente che il rimpianto, ossia il rimuginio focalizzato sul passato (ruminazione) è caratterizzato da uno <b>scarso livello di concretezza e da strategie piuttosto vaghe che rifiutiamo continuamente</b>, in quanto <b>ritenute sempre non all’altezza</b> rispetto al passato idealizzato.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiJRKVNUSZ_AMmv7AoclkTIQNQkJqga3G5-scn7AU7RfHRYsSt7XuGiUz8UK9WJT0-d6HBYEQoMM9qpuYMcxECerJsn_FJ6b3_SmNHkeL6mtSRCzSMSQ9U2XahuZSBObM2fU-unwhecFDQ/s1600/rimpianto+-+accettare+la+vulnerabilit%25C3%25A0.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1209" data-original-width="1600" height="482" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiJRKVNUSZ_AMmv7AoclkTIQNQkJqga3G5-scn7AU7RfHRYsSt7XuGiUz8UK9WJT0-d6HBYEQoMM9qpuYMcxECerJsn_FJ6b3_SmNHkeL6mtSRCzSMSQ9U2XahuZSBObM2fU-unwhecFDQ/s640/rimpianto+-+accettare+la+vulnerabilit%25C3%25A0.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: rimpianto - accettare la vulnerabilità / Photo by <a href="https://unsplash.com/@lastly?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Tyler Lastovich</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h3>
Evitiamo le sabbie mobili dell’attesa</h3>
Viviamo nel rimpianto anche perché percepiamo un vantaggio nel restare fermi in un preciso momento della nostra esistenza senza riuscire a distaccarcene: continuando a rimuginare,<b> speriamo di essere pronti di fronte a una nuova scelta simile</b>; in realtà <b>questa rigidità del pensiero immobilizza ancora di più l’azione, bloccandoci in un comportamento di difesa</b> verso eventuali scelte sbagliate <b>e impedendoci</b> di fatto <b>di fare nuove esperienze</b>, alcune delle quali potrebbero rivelarsi gratificanti.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzZzPVhvphNpKnxGrPHJICLSWPD7Rf6dgiLs1nmqaf23_xqB9cz1jN7YWZ0lOtWtsJgYikPwOt7KOlLHwNoOa4uI7dGZahRSa1-JMBlu5jYyJ2d2BvARAf0_lPDuwx7mc3qc0MA8y-o6vr/s1600/rimpianto+-+blocco.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzZzPVhvphNpKnxGrPHJICLSWPD7Rf6dgiLs1nmqaf23_xqB9cz1jN7YWZ0lOtWtsJgYikPwOt7KOlLHwNoOa4uI7dGZahRSa1-JMBlu5jYyJ2d2BvARAf0_lPDuwx7mc3qc0MA8y-o6vr/s640/rimpianto+-+blocco.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: rimpianto - blocco / Photo by <a href="https://unsplash.com/@wickedsheila?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Wicked Sheila</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
Rispetto a questo pericoloso blocco, <b>bisogna imparare ad accettare il nostro passato così come è andato</b>: in questo senso la <i>mindfulness</i> ci invita ad <b>accogliere tutte le situazioni ed emozioni in maniera avalutativa</b>, cioè senza giudizi. Solo in questo modo <b>potremo guardare il nostro presente con uno sguardo limpido e realista e attivarci per viverlo con gioia anche se non è perfetto, compiendo tutte le azioni necessarie affinché sia lui la scelta giusta</b>, senza paragonarlo continuamente ad altri mondi irreali. Solo con un <b>atteggiamento di accoglienza</b> riusciremo a riconoscere il bello che c’è intorno a noi e a goderne qui e ora con gratitudine e soddisfazione.<br />
<br />
<i>Tra vent’anni sarai più dispiaciuto per le cose che non hai fatto che per quelle che hai fatto. Quindi sciogli gli ormeggi, naviga lontano dal porto sicuro. Cattura i venti dell’opportunità nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.</i><br />
<i>(Mark Twain)</i><br />
<i></i><br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi allenarti a sviluppare un atteggiamento più accogliente verso i tuoi pensieri e le tue emozioni?</a> Facciamolo insieme.Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-58836926231441763792019-08-27T09:53:00.000+02:002019-08-27T09:53:18.097+02:00 I disturbi della coscienzaLa coscienza è consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda. Quando la coscienza è minata, possono affiorare tanti disturbi in grado di allontanarci dal mondo esterno e di alterare il significato che noi stessi diamo a ciò che facciamo o proviamo. Ecco perché è importante saper riconoscere eventuali campanelli di allarme e guardare in faccia la realtà; solo così si può provare a invertire la rotta.
<br />
<h2>
Coscienza, vigilanza, attenzione</h2>
Nelle discipline sanitarie, si indica con il termine <b>campo della coscienza il complesso dei fenomeni esperienziali in un dato momento</b>. Lo <b>stato di coscienza</b>, invece, è <b>il grado di consapevolezza con il quale vengono vissute le esperienze</b>: compito della coscienza, infatti, è organizzare il campo dell’esperienza integrando correttamente gli stimoli interni ed esterni.<br />
<br />
La <b>vigilanza</b> è <b>una condizione di veglia attenta che permette di essere presenti a se stessi e all’ambiente</b>, ed è indice del grado di lucidità della coscienza. Leggermente differente è il significato di <b>attenzione</b>, che è <b>la capacità di disporsi in maniera attiva verso determinati contenuti di coscienza</b> (esterni o interni).<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUI4nMdiFTUUb0St4SCMqWpDmQkiAf21ITDlktHKr-2oy4VyuL9wAvZH-B4WCIIJOJxke3stg_4HHirvkG4uNjhOEPN3rQTIp2jn47NTlXwemLCqsYEcxmQ5aZAVQSEWkiNlcHaJIf1qXZ/s1600/coscienza+-+attenzione.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1068" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUI4nMdiFTUUb0St4SCMqWpDmQkiAf21ITDlktHKr-2oy4VyuL9wAvZH-B4WCIIJOJxke3stg_4HHirvkG4uNjhOEPN3rQTIp2jn47NTlXwemLCqsYEcxmQ5aZAVQSEWkiNlcHaJIf1qXZ/s640/coscienza+-+attenzione.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: coscienza - attenzione / Photo by <a href="https://unsplash.com/@chuttersnap?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">chuttersnap</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Abbassamento della lucidità mentale e delirium</h2>
Abbiamo un <b>disturbo della vigilanza</b> (cioè del grado di lucidità della coscienza) <b>quando essa è alterata</b> per traumi, intossicazioni, disturbi metabolici, malattie cerebrali, ecc. In questi casi possiamo osservare, a seconda del grado di compromissione:<br />
<ul>
<li>ottundimento: elevata <b>difficoltà a cogliere gli stimoli esterni</b></li>
<li>obnubilamento: <b>reattività grossolana agli stimoli</b>; allentamento delle percezioni e dell’ideazione, deficit della concentrazione</li>
<li>torpore: grave indebolimento dell’attività psichica; <b>risposte lente, imprecise e disorientate</b></li>
<li>coma: <b>perdita dell’attività psichica cosciente</b></li>
</ul>
<b>Quando viene meno la funzione integrativa della coscienza</b>, le diverse attività psichiche risultano gravemente disorganizzate e si assiste a una <b>commistione tra stimoli e mondi interni ed esterni</b>, tra sogno e veglia. Questo stato, chiamato <i>delirium</i>, è caratterizzato da <b>disorientamento spazio-temporale, disturbi delle percezioni e del pensiero</b>. Il paziente può presentare comportamenti disorganizzati o più strutturati (delirio professionale) e cadere vittima di una sorta di stato sognante.<br />
Le principali <b>cause di delirium</b> sono da ricercare in <b>processi degenerativi cerebrali, infezioni e traumi del sistema nervoso centrale, intossicazioni cerebrali</b>.<br />
Si parla in questo caso di <b>stato crepuscolare</b>, ovvero di un <b>restringimento dello stato di coscienza limitato a pochi contenuti</b> che condizionano il comportamento dell’individuo.
Gli stati crepuscolari possono essere <b>conseguenza di shock emotivi, traumi, intossicazioni o</b> correlati a<b> particolari forme di epilessia</b> del lobo temporale.<br />
<div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrjp2KYCIzSnq-eIOEQ5qW85t_GwGDx3PvAF-2YfThWFMpwRMTLbxNL_ItstK-5YVLALExBy8fbPfFOPCSAlgVmcTrDqQT9sjo0uxuQQhLrImM5wtAxjnDHgF5vP4Z2tx_iZNDxprsbXov/s1600/disturbi+di+coscienza+-+delirium.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrjp2KYCIzSnq-eIOEQ5qW85t_GwGDx3PvAF-2YfThWFMpwRMTLbxNL_ItstK-5YVLALExBy8fbPfFOPCSAlgVmcTrDqQT9sjo0uxuQQhLrImM5wtAxjnDHgF5vP4Z2tx_iZNDxprsbXov/s640/disturbi+di+coscienza+-+delirium.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: disturbi di coscienza - delirium / Photo by <a href="https://unsplash.com/@beth_857?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Bethany Szentesi</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
</div>
<h2>
Coscienza dell’Io e relativi disturbi: sentirsi (o meno) se stessi</h2>
La coscienza dell’Io <b>è alla base di tutto quello che concerne la vita psichica</b>: è al di sotto di ogni altra esperienza, <b>la determina e le dà significato</b>.<br />
Essa è caratterizzata da quattro <b>esperienze fondamentali</b>:<br />
<ol>
<li><b>coscienza dell’unità</b>: il soggetto percepisce di <b>essere se stesso nello stesso istante</b>;</li>
<li><b>coscienza dell’identità</b> o continuità e esperienza: il soggetto percepisce <b>continuità nelle proprie esperienze</b>;</li>
<li><b>coscienza della delimitazione</b>: il <b>soggetto</b> si percepisce <b>distinto dagli altri</b>;</li>
<li><b>coscienza dell’esserci</b>: il soggetto <b>esprime con la propria presenza il proprio esserci</b> nel mondo.</li>
</ol>
<div>
Le alterazioni di queste componenti possono portare a diversi tipi di disturbi:</div>
<ul>
<li><b>Disturbi dei confini dell’Io</b>: il disturbo riguarda il livello fondamentale dell’esperienza di sé, cioè la <b>capacità di distinguere tra sé e l’ambiente esterno</b>. Una volta <b>compromessa</b> tale capacità, la persona perde la consapevolezza di sé come essere individuale.</li>
<li><b>Disturbi della coscienza di attività dell’Io</b>: l’individuo è conscio di essere un’entità discreta (cioè con discernimento), senza però riconoscere come proprie idee e azioni che gli appartengono; è portato ad <b>attribuire alcuni dei suoi pensieri, immagini, atti, a cause diverse da se stesso</b>, come nel caso della schizofrenia. I pazienti psicotici spesso si lamentano del fatto che i loro pensieri non siano effettivamente tali, ma derivino da qualche fonte esterna. Credono che le loro azioni o i loro impulsi siano influenzati da agenti esterni oppure condivisi da altri individui. Si può quindi parlare di <i>perdita dell’attribuzione personale</i>. Il termine <i>psicotico</i> è anche sinonimo di grave distorsione del funzionamento personale e sociale, ritiro sociale e incapacità a svolgere gli abituali ruoli familiari e lavorativi.</li>
<li><b>Disturbi dell’esperienza di unità dell’Io</b>: anomalie dell’esperienza dell’unità del sé. <b>La persona</b> è consapevole di sé come essere individuale e riconosce se stessa come fonte dei propri atti, ma esperisce fratture e divisioni dell’unità del sé. <b>Può avere l’impressione di essere separato da se stesso</b>.</li>
<li><b>Disturbi dell’esperienza di realtà</b>: anomalie dell’esperienza della realtà del sé e dell’ambiente esterno. Anche se pienamente consapevole di sé, delle proprie azioni e in grado di esperire sé stesso come unità, <b>l’individuo non ha nessuna convinzione della realtà di sé e/o dell’ambiente che lo circonda</b>. Avverte una spiacevole sensazione di mutevolezza e di estraneità. Un soggetto con una grave alterazione del giudizio di realtà valuta in modo errato l’accuratezza delle proprie percezioni e dei propri pensieri e <b>trae errate conclusioni sulla realtà esterna, anche di fronte a prove contrarie</b>. Qualche volta questo tipo di confusione dell’esame di realtà dipende da gravi traumi subiti dalla persona, la quale fatica a superare l’evento accaduto e continua a ritrovarlo nelle esperienze del suo presente, anche se cronologicamente fa parte del passato.</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR2CK8hbkaQYvS-b7Qakfr21wE4l1KNCmw5UEv4UsgHluImWfbfCAJGM2hJ0i3iSi3ZqZrfaFCWvmdHNBGMTRmEV231ksI1CWQKBoT2oA8OHWfbho3JGDgc0F7Z8S-ZiB3PVkNvRJuET1R/s1600/disturbi+dell%2527Io.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR2CK8hbkaQYvS-b7Qakfr21wE4l1KNCmw5UEv4UsgHluImWfbfCAJGM2hJ0i3iSi3ZqZrfaFCWvmdHNBGMTRmEV231ksI1CWQKBoT2oA8OHWfbho3JGDgc0F7Z8S-ZiB3PVkNvRJuET1R/s640/disturbi+dell%2527Io.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: disturbi dell’Io / Photo by <a href="https://unsplash.com/@a2foto?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Alejandro Alvarez</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h3>
Insight o consapevolezza di malattia, il primo passo verso il cambiamento</h3>
In casi come quello appena citato, può aiutare moltissimo il soggetto l’<i><b>insight</b></i>, ossia il <b>grado di consapevolezza e di comprensione che il soggetto ha di essere ammalato</b>. Esistono diversi livelli di insight:<br />
<ul>
<li><b>Completa negazione</b> di malattia</li>
<li><b>Scarsa consapevolezza</b> di essere ammalati e di aver bisogno di aiuto <b>unita a negazione</b></li>
<li><b>Consapevolezza</b> di essere ammalato <b>con tendenza a colpevolizzare gli altri</b> (fattori esterni o fattori organici)</li>
<li><b>Consapevolezza che la malattia è dovuta a qualcosa di sconosciuto</b> al paziente</li>
<li><i>Insight intellettivo</i>:<b> il soggetto ammette di essere ammalato</b> e che i sintomi o insuccessi nell’adattamento sociale sono dovuti ai propri sentimenti irrazionali o ai propri disturbi, <b>ma non riesce ad applicare questa consapevolezza alle esperienze future</b></li>
<li><i>Insight emozionale vero</i>: <b>consapevolezza emozionale dei motivi e sentimenti nel paziente e nelle persone importanti della sua vita</b>, che può condurre a modificazioni di base del comportamento</li>
</ul>
<div>
<b>Un <i>insight</i> vero</b> raramente deriva da una profonda riflessione con se stessi, oppure da un rapporto con un’altra persona che gode di stima e fiducia (amico, parente o <i>partner</i>) attraverso un sincero confronto. Ma <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">si può raggiungere con l’aiuto di uno specialista</a>: <b>rendersi conto di essere direttamente responsabile della propria vita e di poter modificare la situazione attuale può portare alla persona i cambiamenti che desiderava</b> e che possono renderla felice.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_Dkdl7Mw9HL3rzMi3AzeEWFLohA3-sm8XBoo6qDOGlkDQycLVgGO8FB0eKZ6pl1gBBiBqjS9dZzk7NbsBYVfZoEeanEmVV3QZ2CyUVE20q-l2d8GrPfDJSb-3lisuiTE7jpJXzV8GcSd4/s1600/consapevolezza+di+malattia+-+cambiamento.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1136" data-original-width="1600" height="454" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_Dkdl7Mw9HL3rzMi3AzeEWFLohA3-sm8XBoo6qDOGlkDQycLVgGO8FB0eKZ6pl1gBBiBqjS9dZzk7NbsBYVfZoEeanEmVV3QZ2CyUVE20q-l2d8GrPfDJSb-3lisuiTE7jpJXzV8GcSd4/s640/consapevolezza+di+malattia+-+cambiamento.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: consapevolezza di malattia - cambiamento / Photo by <a href="https://unsplash.com/@franckinjapan?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Franck V.</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-89785058526298530122019-08-12T12:22:00.000+02:002019-08-12T12:22:13.503+02:00Parla con me - come discutere per preservare la salute della coppia<u><span style="color: #000120;"></span></u><br />
Discutere con la persona amata è un’esperienza che può generare emozioni difficili da gestire.
Evitare lo scontro non migliora la situazione, al contrario rischia di far allontanare i due sempre di più, fino a raggiungere distanze incolmabili. Meglio fare un bel respiro, armarsi di pazienza (più qualche regola di buona condotta) e affrontare la questione con la necessaria apertura mentale.<br />
<br />
Negli ultimi anni si è sviluppato un interessante dibattito su <b>quanto i pensieri influenzino le emozioni all’interno delle coppie</b> o, viceversa, le emozioni distorcano le valutazioni cognitive, <b>generando</b> in entrambi i casi <b>possibili situazioni di conflitto</b>.<br />
Nelle prime teorie cognitiviste gli autori consideravano il pensiero superiore rispetto all’emozione (Beck et al., 1979): infatti il significato che il soggetto dava all’evento causava l’emozione seguente. Oggi si ritiene maggiormente che ci sia <b>reciprocità fra pensiero ed emozione</b> (Le Doux, 1996; Damasio, 2001), poiché, se è vero che il modo in cui interpretiamo l’accaduto genera in noi specifiche emozioni, è vero anche il contrario e cioè che <b>una particolare emozione richiama un significato ad essa congruente</b>:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>se siamo arrabbiati ci verrà spontaneo attribuire intenzionalità al gesto di qualcuno che potrebbe essere scortese senza accorgersene, mentre lo stesso gesto può essere facilmente giustificato se l’umore è positivo. Allo stesso modo, però, se siamo abituati a considerare con diffidenza le persone, quel gesto avrà di nuovo un significato intenzionale, volontario; se invece siamo più ottimisti nei confronti degli altri ad un’azione o una parola ambivalente saremo portati a dare l’interpretazione migliore.</i></blockquote>
Questa ricorsività oggi è stata osservata anche attraverso la risonanza magnetica per immagini, dalla quale risultano<b> un gran numero di connessioni all’interno del cervello fra la parte razionale</b> (la corteccia frontale) <b>e quella limbica</b>, chiamata anche corteccia emotiva (Atkinson, 2005).<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhDvQjt7uKJjE1NL1jGupF49QfRNoOtZw31mQYfWGWYHrAbU5YfxLWfgLtoyFZ3wW-8L9mUpipRC4tfYX1NS9lk5rJxps-DkPNZ8uBugivVgAbYQbOiSmN3UHS8yZ-8VXHPeMdEe_NkjrX/s1600/discussioni+di+coppia+-+reciprocit%25C3%25A0+tra+pensiero+ed+emozioni.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhDvQjt7uKJjE1NL1jGupF49QfRNoOtZw31mQYfWGWYHrAbU5YfxLWfgLtoyFZ3wW-8L9mUpipRC4tfYX1NS9lk5rJxps-DkPNZ8uBugivVgAbYQbOiSmN3UHS8yZ-8VXHPeMdEe_NkjrX/s640/discussioni+di+coppia+-+reciprocit%25C3%25A0+tra+pensiero+ed+emozioni.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: discussioni di coppia - reciprocità tra pensiero ed emozione/ Photo by <a href="https://unsplash.com/@randyfath?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Randy Fath</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h4>
I segnali di una relazione che sta per finire</h4>
<div>
Per questa ragione gli psicologi contemporanei con una lunga esperienza nel trattamento delle coppie (J. Gottman, Sue Johnson) tendono a dare una sempre maggiore importanza alla circolarità fra pensieri ed emozioni e sottolineano l’importanza del saper <b>gestire la comunicazione per evitare</b> da un lato <b>fraintendimenti ed esplosioni emotive</b>, dall’altro <b>silenzi prolungati e ritiri</b>; due comportamenti <b>che rischiano di portare la coppia alla deriva</b>.<br />
Gottman, autore di numerosi studi sulle coppie, ha individuato <b>quattro comportamenti predittivi di crisi importanti</b> che, a lungo andare, possono portare a una rottura definitiva del rapporto:</div>
<ol>
<li>Atteggiamento di <b>critica costante</b></li>
<li>Atteggiamento <b>difensivo</b>: il partner che si sente attaccato si chiude in se stesso ritirandosi dalla relazione o trovando nuovi interessi che lo tengano lontano; oppure a sua volta reagisce con rabbia; in entrambi i casi il suo atteggiamento <b>impedisce di risolvere il conflitto</b></li>
<li><b>Disprezzo</b>: spesso in un litigio il motivo della discussione si sposta dal comportamento specifico alla <b>svalutazione dell’intera persona</b> e uno dei due membri della coppia può <b>far sentire l’altro inferiore o umiliato</b> (per esempio si può passare da “<i>Perché non mi dai mai una mano in casa?”</i> a <i>“Ti comporti come se fossi un principe, ma non hai mai combinato niente nella vita</i>”)</li>
<li><b>Ostruzionismo</b>: rappresenta <b>l’impossibilità di chiarire i motivi di un conflitto; se una delle parti della coppia</b> tenta di aprire il dialogo, dall’altra parte <b>trova chiusura</b>, disinteresse, indifferenza.</li>
</ol>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTOXyE4XIC-2PgLoxTLlDyFU6jjN9UPqK0tgryX_dr98Ft0lqGn4_sfzf9RkaC5lM0pCNPu-cxymB2W5_1rvX8tL-qnevsiH7zp3XyIULWRyAFhrW8tOLaVKT_l1C8LckfbCtQ0pwPfTtm/s1600/discussioni+di+coppia+-+comportamenti+predittivi+di+crisi.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTOXyE4XIC-2PgLoxTLlDyFU6jjN9UPqK0tgryX_dr98Ft0lqGn4_sfzf9RkaC5lM0pCNPu-cxymB2W5_1rvX8tL-qnevsiH7zp3XyIULWRyAFhrW8tOLaVKT_l1C8LckfbCtQ0pwPfTtm/s640/discussioni+di+coppia+-+comportamenti+predittivi+di+crisi.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: discussioni di coppia - comportamenti predittivi di crisi / Photo by <a href="https://unsplash.com/@nickgercken?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Nicholas Gercken</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<div>
Per reagire a queste quattro modalità, che Gottman chiama <i><b>i cavalieri dell’Apocalisse</b></i>, gli psicologi concordano sull’importanza della comunicazione. Già, ma come si fa a restare sui giusti binari quando c’è tanta tensione in ballo?</div>
<h4>
Suggerimenti per gestire i conflitti e le comunicazioni difficili</h4>
Prima di tutto è necessario <b>iniziare la discussione</b> con la mente aperta, cioè <b>consapevoli della propria parte di responsabilità nella situazione che si è venuta a creare</b>: se c’è un disaccordo, le responsabilità vanno ricercate da entrambe le parti.<br />
Inoltre <b>è importante che ognuno dei due partner sia a contatto con le proprie emozioni e i propri bisogni di vicinanza, sicurezza e attaccamento</b>. Il bisogno di attaccamento nei mammiferi è universale; etologi e psicologi hanno largamente dimostrato la spontaneità di questo comportamento (Harlow, 1958). Conoscere ed esprimere liberamente i propri desideri e le aspettative nei confronti del rapporto <b>aiuta la coppia a essere più consapevole delle motivazioni e dello stato mentale dell’altro</b>.<br />
Un altro consiglio che viene caldamente proposto è quello di <b>discutere con empatia</b>, ovvero <b>comprendendo le motivazioni dell’interlocutore anche se non si condividono</b>, senza giudicarle e senza svalutarle.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgW7w69Qo2bWQE7Fbp3Tz26uaWBh8yDQgIs2zvW5p8f2ENuF2olkq70Acy4LD5o6WHfPA1StEZn-xx6hoFRS7J9MY7QoH6gYjS2_SVgyrV5yLEyjXwy3LqJrlWb5d9ADTwxm42vKNUdjxRU/s1600/discussioni+di+coppia+-+discutere+con+empatia.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1068" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgW7w69Qo2bWQE7Fbp3Tz26uaWBh8yDQgIs2zvW5p8f2ENuF2olkq70Acy4LD5o6WHfPA1StEZn-xx6hoFRS7J9MY7QoH6gYjS2_SVgyrV5yLEyjXwy3LqJrlWb5d9ADTwxm42vKNUdjxRU/s640/discussioni+di+coppia+-+discutere+con+empatia.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: discussioni di coppia - discutere con empatia / Photo by <a href="https://unsplash.com/@etienneblg?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Etienne Boulanger</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h4>
Come parlare, come ascoltare</h4>
Infine ci sono anche comportamenti specifici che si possono adottare, a seconda del nostro ruolo durante la discussione.<br />
Quando parliamo:<br />
<ul>
<li><b>focalizziamoci sull’argomento, senza allargare il discorso ad altri temi</b>;</li>
<li><b>evitiamo le generalizzazioni</b> (<i>sempre, mai, ogni volta…</i>) e limitiamoci a discutere dell’evento specifico;</li>
<li>cerchiamo di <b>usare frasi brevi</b> e non cediamo al desiderio di fare un’orazione: perderemmo l’attenzione dell’altro.</li>
</ul>
Se invece ci troviamo dalla parte dell’ascoltatore, sarà necessario evitare di fare altre cose:<br />
<ul>
<li><b>evitiamo di interrompere</b> il partner; piuttosto, stiamo attenti e teniamo a mente i punti su cui tornare quando sarà il nostro turno per esprimere il nostro disaccordo;</li>
<li>quando saremo pronti a rispondere, <b>non cerchiamo immediatamente scuse e non attacchiamo l’altro</b> partendo dal presupposto che la miglior difesa sia l’attacco: non faremo altro che convincere la nostra metà di avere ragione. <b>Esprimiamo</b>, invece, <b>le ragioni che ci hanno spinto a un certo comportamento</b>, eventualmente scusandoci.</li>
</ul>
<div>
Per evitare di parlarsi sopra senza ascoltarsi, infine, un suggerimento semplice ma molto efficace: <b>teniamo un oggetto morbido in mano</b> (un peluche, un pacchetto di fazzolettini e così via). <b>La regola è che parla solo colui che tiene in mano questo oggetto</b>: questa modalità, oltre a permettere a tutti e due di esprimersi e farsi ascoltare, costituisce un primo contratto su cui la coppia potrebbe accordarsi.</div>
<div>
<br /></div>
<div>
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</div>
Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-45611309564038156732019-07-18T10:12:00.000+02:002019-07-18T10:12:20.495+02:00Gentili si diventa: applicare la gentilezza con sé e con gli altri per vivere meglioDa secoli i filosofi, gli scrittori, gli studiosi e i pensatori di vari ambiti si chiedono che cosa sia la gentilezza e se faccia parte a livello innato dell’essere umano. In questo articolo proveremo a darne una definizione e scopriremo come questo atteggiamento abbia molte ricadute positive, su chi entra in contatto con esso e su chi lo mette in pratica.
<br />
<h2>
Essere in relazione con gli altri non è una scelta, ma un bisogno</h2>
Dal IV sec. a.C. fino agli autori più recenti, come per esempio Giovanni Liotti nel suo libro<i> La dimensione interpersonale della coscienza</i>, la psicologia, la biologia e le neuroscienze sottolineano come <b>l’uomo sia un essere vivente bisognoso di relazioni con i suoi simili</b>. Tanto è vero che anche nelle prigioni “<i>Il CPT [Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura] ha sempre accordato particolare attenzione ai detenuti posti in isolamento, poiché tale misura può avere effetti estremamente dannosi per la salute psichica, somatica e per il benessere sociale delle persone che vi sono sottoposte</i>” (Estratto dal 21° Rapporto Generale del CPT, pubblicato il 2011)<br />
<br />
Se siamo davvero così strettamente legati l’uno all’altro - a dispetto dell’illusoria autosufficienza sulla quale insistono molti messaggi contemporanei -, <b>dovremo trovare un modo per relazionarci uno con l’altro, per vivere su questo pianeta con gioia insieme a tutti gli altri esseri viventi</b> che lo popolano (perché la Terra non è di nostra proprietà). Questo messaggio, che trova traccia già in antichi testi filosofici occidentali ed orientali, ci suggerisce <b>un atteggiamento di rispetto e accoglienza dell’altro: la gentilezza</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpt2cWq0BRNASkoSFgfwBwhYoW_HYxw6AJsjTZiOpjZr2GfQyTy2GHIA17bZ5F90fnJ4kTmL1DtRd_Tt8eYu-fqTsLM34mUkgcxPXxBlYOqUJWPP84hPVEFQc7ranUZJFr7myzIh8ZwQs1/s1600/gentilezza+-+bisogno+di+relazioni.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1600" height="512" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpt2cWq0BRNASkoSFgfwBwhYoW_HYxw6AJsjTZiOpjZr2GfQyTy2GHIA17bZ5F90fnJ4kTmL1DtRd_Tt8eYu-fqTsLM34mUkgcxPXxBlYOqUJWPP84hPVEFQc7ranUZJFr7myzIh8ZwQs1/s640/gentilezza+-+bisogno+di+relazioni.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: gentilezza - bisogno di relazioni / Photo by <a href="https://unsplash.com/@aggriffith?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Adam Griffith</a> on <span id="goog_1043752119"></span><a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Una definizione di gentilezza</h2>
Fanno parte della gentilezza <b>l’attenzione verso i bisogni dell’altro, l’ascolto, il rispetto dei suoi spazi e il desiderio di farlo sentire bene fisicamente ed emotivamente</b>. I rischi legati a un atteggiamento simile sono:<br />
<ul>
<li>essere confuso con una forma di debolezza</li>
<li>portare il soggetto che lo manifesta verso la sottomissione</li>
</ul>
Come ci si può difendere da queste derive? “<i>Quando la misura e la gentilezza si aggiungono alla forza, quest'ultima diventa irresistibile</i>”, ci insegna Gandhi. <b>La misura è a fondamento di tutto, anche della gentilezza</b>. Un atteggiamento misurato ci impedirà di scivolare in una dolcezza stucchevole, così come in sincere prove d’amore che possono portarci alla dipendenza dall’altro.<br />
<br />
Questo equilibrio comprende anche <b>l’essere gentili con noi stessi</b>, in tanti modi. Basta imparare:<br />
<ul>
<li><b>ad ascoltarci</b>, a sentire i nostri bisogni, a prenderci cura di noi;</li>
<li><b>a rispettare e far rispettare i nostri spazi</b>;</li>
<li><b>a dire no</b> quando qualcosa ci offende o è al di sopra delle nostre forze.</li>
</ul>
Solo così saremo pronti per dare e <b>potremo essere assertivi, cioè né aggressivi né sottomessi, semplicemente forti</b>: capaci di difenderci dai soprusi, ma pronti a dare sinceramente il nostro contributo per vivere insieme.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVfRIaPVxph29MaOM70j2lyVAWyTuBU-LG-8Q39nWdXsW72PG7r0MDR0sqJVDLKwUT7v_qYiOiRbq4oGAx0tfaQh79NgKRYjWRhRDn9ao6RQMPgeOVCXJqPyFuHhY05TlQBWtAxgYPg-fj/s1600/gentilezza+-+saper+dire+di+no.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVfRIaPVxph29MaOM70j2lyVAWyTuBU-LG-8Q39nWdXsW72PG7r0MDR0sqJVDLKwUT7v_qYiOiRbq4oGAx0tfaQh79NgKRYjWRhRDn9ao6RQMPgeOVCXJqPyFuHhY05TlQBWtAxgYPg-fj/s640/gentilezza+-+saper+dire+di+no.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: gentilezza - saper dire di no/ Photo by <a href="https://unsplash.com/@kaip?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Kai Pilger</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Essere gentili fa bene alla salute</h2>
La gentilezza è circolare: <b>il dare ci restituisce sempre uno stato di benessere psicofisico</b> che forse tutti conosciamo soggettivamente, ma su cui ora ci sono anche diversi studi che ne confermano l’efficacia.
Quello realizzato dalle psicologhe sociali Jennifer L. Trew e Lynn E. Alden dimostra come <b>essere gentili con il prossimo riduca l’ansia</b>, in particolar modo abbia un <b>effetto benefico sulla <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2017/12/fobia-sociale.html" target="_blank">fobia sociale</a></b>. Lo stesso risultato è stato raggiunto da uno studio condotto dall’Università di Stanford.<br />
<br />
Barbara Fredrickson, psicologa dell’Università della Carolina del Nord, ha compiuto una ricerca pubblicata sulla rivista PNAS (<i>Proceedings of the National Academy of Sciences</i>): attraverso una serie di interviste, questionari e campioni di sangue giunge ad affermare che <b>occuparsi degli altri influisce positivamente sulla nostra salute e longevità</b> - dati dimostrabili, secondo la scienziata, a livello genetico e molecolare.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzn6g_yer5TiovDorpsPnZDLdv5ZMpa9tB6zxztm_8V_z3uJ6Q0QB5JfJfSBiMxElQMAb6mNhI2gUqY3siDyYuzJk_-iqr_gojrnv97dM9mntwI1_L-61LKCcCsEhrEGoYveheC2Lh7ZoD/s1600/gentilezza+-+effetti+sulla+salute.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjzn6g_yer5TiovDorpsPnZDLdv5ZMpa9tB6zxztm_8V_z3uJ6Q0QB5JfJfSBiMxElQMAb6mNhI2gUqY3siDyYuzJk_-iqr_gojrnv97dM9mntwI1_L-61LKCcCsEhrEGoYveheC2Lh7ZoD/s640/gentilezza+-+effetti+sulla+salute.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: gentilezza - benefici per la salute / Photo by <a href="https://unsplash.com/@alevtakil?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Alev Takil</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
Questi vantaggi derivanti dal mettere in atto genuinamente gesti gentili con gli altri sono stati chiaramente illustrati nella famosa <b>teoria di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva</b>, che sottolinea come <a href="https://www.ted.com/talks/daniel_goleman_on_compassion?language=it" target="_blank">la capacità di essere empatici e disponibili con l’altro</a> <b>sia la base per il raggiungimento di una felice convivenza nei diversi ambiti</b>: in famiglia, nel lavoro, con i figli, con le amicizie.<br />
<br />
La forza che ci sembra di percepire quando prevarichiamo gli altri alzando la voce o assumendo modalità arroganti è illusoria e ci lascia spesso senso di colpa e di debolezza per non aver saputo gestire la situazione. <b>La persona veramente forte non ha bisogno di imporsi</b>: la determinazione, la misura e le risorse interiori (non le caratteristiche esibite) le permetteranno di farsi rispettare, proprio attraverso la gentilezza.<br />
<br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi imparare a essere più gentile? La tua gentilezza viene fraintesa? Parliamone insieme.</a>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-89912746610546727202019-07-09T10:07:00.000+02:002019-07-09T10:08:30.272+02:00L’attaccamento in psicologia: sentirci protetti o meno da piccoli ci condiziona per tutta la vitaJohn Bowlby, lo psicologo che per primo studiò <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2016/09/teoria-attaccamento-bowlby.html" target="_blank">l’attaccamento</a>, lo definisce così: “<i>Insieme di comportamenti tesi a conseguire la prossimità fisica con una figura che può proteggere e confortare</i>”. Lo scopo dell’attaccamento è quello di <b>ottenere che qualcuno protegga il bambino se prova sentimenti di paura, dolore, sconforto</b>. Di fronte a tali sentimenti si attiva <b>in maniera spontanea</b> il sistema motivazionale dell’attaccamento (SMI), cioè tutti quei comportamenti di ricerca della prossimità. Lo SMI dell’attaccamento <b>si disattiva quando il bambino trova conforto, cure e prova gioia</b>; in questo modo si sentirà protetto e pronto per provare nuove esperienze.<br />
<br />
Un aspetto importante del sistema dell’attaccamento è che esso <b>non è legato al concetto di dipendenza</b>, anzi, è l’esatto contrario: la qualità dell’attaccamento è legata alla capacità di esplorare, all’autonomia, all’indipendenza. Infatti, <b>se la relazione che si è instaurata con la figura di attaccamento</b> (di solito la madre, ma più in generale la persona che ha passato più tempo con il bambino entro i primi 3 anni di vita) <b>è sicura</b>, il bambino diventando adulto <b>avrà sviluppato una sana fiducia negli altri</b> (un insegnante, un partner, un amico), nei quali <b>vedrà una base sicura a cui poter ricorrere nei momenti di vulnerabilità</b> senza sentire minacciata la propria autonomia e indipendenza.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuU9KC0ZBCas8hFQhrDk8dH1t4NOQctnO9yPRRFAnbamOBoBTZROs7dBmOnD4IBZSpZ29LwKLJa5r34tWTgRax5GbHgBXW2V2TjSbSPbTLGRk99O7HMobKQWMEi9sw_RomkyjLCUiCRzLF/s1600/attaccamento+-+prossimit%25C3%25A0+fisica+e+conforto_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuU9KC0ZBCas8hFQhrDk8dH1t4NOQctnO9yPRRFAnbamOBoBTZROs7dBmOnD4IBZSpZ29LwKLJa5r34tWTgRax5GbHgBXW2V2TjSbSPbTLGRk99O7HMobKQWMEi9sw_RomkyjLCUiCRzLF/s640/attaccamento+-+prossimit%25C3%25A0+fisica+e+conforto_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: attaccamento - prossimità fisica e conforto / Photo by <a href="https://unsplash.com/@jennachristina?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Jenna Christina</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash </a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Gli stili di attaccamento</h2>
Esistono 4 stili di attaccamento:<br />
<ul>
<li>sicuro</li>
<li>ambivalente-resistente</li>
<li>evitante</li>
<li>disorganizzato</li>
</ul>
<b>I primi tre</b> sono organizzati, cioè <b>prevedono la messa in atto di strategie coerenti per raggiungere la meta. L’attaccamento disorganizzato, invece, non ha una strategia coerente</b>: il bambino è portato a cercare la vicinanza se prova sentimenti di paura, sconforto, dolore, ma fa cose incongrue con il raggiungimento della meta. La definizione di <b>disorganizzazione </b>è stata codificata molto più tardi rispetto ai primi studi sull’attaccamento; la sua <b>relazione con la psicopatologia</b> è molto recente.
Nel 1999, Lyons-Ruth e Jacobvitz spiegano questo stile di attaccamento attraverso il concetto di <b>disorientamento: il bambino sembra non sapere qual è lo scopo</b>, anche a causa dell’<b>oscillazione dell’attenzione della figura di attaccamento</b>. Questa, infatti, <b>non riconosce i segnali del figlio</b>; a volte coglie i suoi bisogni, altre volte no.<br />
<h2>
Le esperienze relazionali precoci modellano le nostre strutture mentali</h2>
Dalle esperienze di attaccamento precoce derivano degli schemi riguardanti il sé e il sé con gli altri, detti modelli operativi interni. <b>Le esperienze che si fanno nelle prime fasi della vita vengono memorizzate e generalizzate</b>:<br />
- <b>per trovare</b> delle regolarità che diano <b>una prevedibilità su</b> quale possa essere <b>il comportamento migliore per il raggiungimento dello scopo</b> prefissato<br />
- <b>per diventare elementi primari di conoscenza</b> di sé e degli altri.<br />
<br />
Questi schemi rappresentano <b>la dimensione emotiva e cognitiva</b>, spesso implicita e inconscia, <b>che modulerà il modo in cui il soggetto nel corso della sua vita costruirà, manterrà, romperà, riparerà i propri rapporti affettivi</b>: tendenzialmente il nostro modo di instaurare o rompere le relazioni si ripete simile con persone diverse e in ambiti diversi. <b>L’inconscio</b> è una dimensione non immediatamente consapevole, che però <b>può diventare consapevole con una terapia</b> o una profonda riflessione personale.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinSB7uuDG00ipKiJA6yXBJ2KoU9KNidHKTzUmndPS-p_WNQ6Og4VNdIZblUi8fuE6xTHomb3UVkurDAaz9Pejk3zO5hh5AVjNRNlDxeeHcpBHqsItZS0OmZHxsI6e99v2442fs-1UkD7i-/s1600/attaccamento+-+costruzione+delle+relazioni_SGLpiscologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinSB7uuDG00ipKiJA6yXBJ2KoU9KNidHKTzUmndPS-p_WNQ6Og4VNdIZblUi8fuE6xTHomb3UVkurDAaz9Pejk3zO5hh5AVjNRNlDxeeHcpBHqsItZS0OmZHxsI6e99v2442fs-1UkD7i-/s640/attaccamento+-+costruzione+delle+relazioni_SGLpiscologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: attaccamento - costruzione delle relazioni / Photo by <a href="https://unsplash.com/@blnk_kanvas?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Will O</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
È possibile individuare <b>quattro tipi di modelli operativi interni</b> (MOI) a partire da quattro tipi di risposte dei genitori alle richieste del bambino, le quali producono quattro tipi di attaccamento:<br />
<br />
<ol>
<li>MOI Sicuro: <b>aspettative positive sulle risposte degli altri alle proprie richieste di aiuto e di conforto</b>. Questo ha un riflesso sullo schema di sé (immagine positiva e schema “<i>degno di essere amato</i>”) e dell’altro (“<i>sono persone da cui aspettarsi conforto</i>”).</li>
<li>MOI Evitante: <b>aspettative di rifiuto e acritico tentativo di autosufficienza</b> anche in situazioni di difficoltà. Lo schema di sé è “<i>indegno di essere amato, debole, inadeguato</i>”.</li>
<li>MOI Ambivalente: <b>aspettative incerte e oscillanti</b> tra accettazione rifiuto, ostilità e risentimento verso l’altro.</li>
<li>MOI Disorganizzato: <b>aspettative drammatiche e catastrofiche</b> come conseguenza del chiedere aiuto.</li>
</ol>
Lo studio di Baltimora su persone di 18 anni ha dimostrato <b>corrispondenza tra stili di attaccamento da bambino e da adulto</b>.
<br />
<br />
<table border="1" cellspacing="2" style="height: 5px; width: 600px;">
<tbody>
<tr>
<td colspan="2"> STILI DI ATTACAMENTO</td>
</tr>
<tr>
<td> del bambino
(valutabile tra 18 e 36 mesi con la <i>Strange Situation</i>*)</td>
<td> dell’adulto
(valutabile attraverso la <i>AAI</i>**)</td>
</tr>
<tr>
<td> Evitante - A</td>
<td> Rifiutante – Ds (Dismissing)</td>
</tr>
<tr>
<td> Sicuro - B</td>
<td> Libero – F (Free)</td>
</tr>
<tr>
<td> Ambivalente - C</td>
<td> Invischiato – E (Entangled)</td>
</tr>
<tr>
<td> Disorganizzato - D</td>
<td> Irrisolto rispetto a un trauma – U (Unresolved)</td>
</tr>
</tbody>
</table>
<br />
*La Strange Situation è un test che consiste nell’allontanare il bambino dalla madre per poi far ricongiungere i due, a cui partecipa anche una terza persona a loro estranea.<br />
**L’AAI è un questionario basato su delle interviste riguardanti la propria infanzia.
<br />
<br />
<b>Gli schemi di sé e gli schemi interpersonali</b>, quindi, sono relativamente stabili e operano al di fuori della consapevolezza immediata ed esplicita; <b>producono una modalità di interazione quasi automatica</b>, in quanto appresa in età precoce: <b>il bambino</b>, nelle prime fasi dello sviluppo, fa ricorso alle strategie comportamentali più funzionali alla vicinanza e incorpora, a livello mentale, quelle più efficaci.<br />
Ma <b>se l’attaccamento è insicuro, il bambino può diventare rigido nel modo di relazionarsi</b>, dato che avrà sviluppato un’unica strategia di comportamento che poi verrà generalizzata: opererà in automatico in un ambiente prevedibile, ma di fronte a contesti sociali e fisici diversi si troverà in difficoltà. <br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRtFR5ghW3OraOBfOR2yZsKnPrUNBBYAM0Up19DX-Y51AVTvGQplsChGhNyz9LRNmdcGB11ZifBxR5-motf0YLVgq8BLI3BTt0irWcVH30xUL2hjvgRRy_xtgCw4CcntzReX2AfOYohNSz/s1600/attaccamento+insicuro+-+rigidit%25C3%25A0+nel+relazionarsi_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1600" height="512" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRtFR5ghW3OraOBfOR2yZsKnPrUNBBYAM0Up19DX-Y51AVTvGQplsChGhNyz9LRNmdcGB11ZifBxR5-motf0YLVgq8BLI3BTt0irWcVH30xUL2hjvgRRy_xtgCw4CcntzReX2AfOYohNSz/s640/attaccamento+insicuro+-+rigidit%25C3%25A0+nel+relazionarsi_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: attaccamento insicuro - rigidità nel relazionarsi / Photo by <a href="https://unsplash.com/@kylejglenn?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Kyle Glenn</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
Le persone con <b>attaccamento sicuro</b> integrano le nuove informazioni sull’andamento della relazione (anche contrastanti) in rappresentazioni flessibili, così che <b>le informazioni discrepanti con le proprie aspettative</b> di essere protetto vengono collocate tra le eccezioni e <b>non scardinano la sicurezza di base</b>.<br />
Le <b>persone insicure</b>, poiché hanno schemi più rigidi, non riescono a integrare le informazioni discordanti e <b>tendono a escludere le informazioni che smentiscono le loro idee</b>. Questa rigidità ha a che fare con il modo in cui funzionano i processi di elaborazione delle informazioni e come queste vengono immagazzinate in memoria.<br />
<br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi riflettere a fondo sul modo in cui gestisci i rapporti affettivi? Possiamo farlo insieme.</a>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-39622614219039159752019-06-20T17:53:00.000+02:002019-06-20T17:53:08.190+02:00Le scuse più frequenti per non andare dallo psicologo (parte 2)Prosegue il viaggio nelle <b>motivazioni più frequenti per cui le persone non si rivolgono a uno psicologo</b> anche se si trovano ad affrontare momenti difficili. Dopo <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2019/05/motivi-per-non-andare-dallo-psicologo-parte-1.html" target="_blank">la pretesa di farcela da soli e il non voler ricevere consigli da un estraneo</a>, oggi esploriamo altre due posizioni critiche che possono nascondere una forma di pregiudizio nei confronti di questa figura professionale.
<br />
<h2>
Motivazione #3: Sono fatto/a così, non posso cambiare</h2>
Molte persone pensano di essere nate con un particolare carattere e che questo sia immodificabile. Oggi sappiamo che il modo migliore di considerare la personalità è il riferimento bio-psico-sociale. Infatti <b>la personalità di qualunque individuo è composta da tre parti: biologica, psicologica e sociale</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoI9AlVJhtdVF3CDa6rgR5jZPgTBYNGp1TVLtxD3o1U2YozX1Dh_Rd293sJERPQT_8A-GnxpHJ05c3j8jRlCK9IGd-h_SNOr8koswDInBivP6zIKn2ls6dGOhym4GHkx1GF0_772VumTmW/s1600/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+sono+fatto+cos%25C3%25AC_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1068" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoI9AlVJhtdVF3CDa6rgR5jZPgTBYNGp1TVLtxD3o1U2YozX1Dh_Rd293sJERPQT_8A-GnxpHJ05c3j8jRlCK9IGd-h_SNOr8koswDInBivP6zIKn2ls6dGOhym4GHkx1GF0_772VumTmW/s640/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+sono+fatto+cos%25C3%25AC_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: motivi per non andare da uno psicologo - sono fatto così / Photo by <a href="https://unsplash.com/@jack_scorner?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Thomas Griesbeck</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
È stato appurato che una parte è sicuramente genetica (quindi ereditata), ma questo non vuol dire che sia immutabile. <b>Da tempo le ricerche mostrano come l’ambiente circostante possa esercitare influenze anche sui geni</b> che compongono il DNA; quelle più recenti (<i>Psychoterapy and Psychosomatics</i>, agosto 2014) evidenziano la <b>capacità della psicoterapia di influire sull’aspetto genetico</b> di un soggetto.<br />
<br />
<b>L’apprendimento di comportamenti che proviene dall’ambiente</b> in cui vive un individuo <b>si innesta sulla parte genetica</b> e corrisponde all’apprendimento sociale. Le due parti insieme <b>formano una combinazione unica per ogni persona definita <i>personalità</i></b>, cioè l’insieme di credenze, di comportamenti, di obiettivi e di valori che caratterizzano ogni individuo. Sembrerebbe quindi che, di aspetti immutabili, la personalità umana non ne abbia.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZGns4g18QVzzGa_plMpbiKrhPeS2v2vXQkvnjn6FbSAbg1ZR81ysqHPrsSdEvKMH22DyhYIp79WeueRnAwySecD1VdOCEvZ41Lr7QUMMRXzBoRt3cqldP7FTZ8RgKa0gmJWFXUNoewhtD/s1600/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+personalit%25C3%25A0_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1060" data-original-width="1600" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZGns4g18QVzzGa_plMpbiKrhPeS2v2vXQkvnjn6FbSAbg1ZR81ysqHPrsSdEvKMH22DyhYIp79WeueRnAwySecD1VdOCEvZ41Lr7QUMMRXzBoRt3cqldP7FTZ8RgKa0gmJWFXUNoewhtD/s640/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+personalit%25C3%25A0_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: motivi per non andare da uno psicologo - personalità / Photo by <a href="https://unsplash.com/@amseaman?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Andrew Seaman</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
Naturalmente <b>modificare i propri comportamenti richiede tempo e allenamento</b>; in presenza di <b>credenze disfunzionali</b> (quelle convinzioni che non ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi, per esempio “<i>Sono fatto così e non posso cambiare</i>”), <b>il lavoro psicoterapeutico dovrà prima affrontare questo limite</b> che, altrimenti, saboterà qualsiasi tentativo di cambiamento. Ma attenzione: <b>la psicoterapia non ha la pretesa di stravolgere una persona, cerca di aiutarla a modificare quei pensieri o comportamenti che gli impediscono di raggiungere i propri scopi</b>.<br />
<h2>
Motivazione #4: Siamo sicuri che parlarne serva a qualcosa?</h2>
Prima di tutto, una precisazione: <b>non esiste un unico modo di fare psicoterapia</b>. Dai primi casi di Freud a oggi, gli studi sono proseguiti con sempre maggiore rigore scientifico e hanno portato alla scoperta di <b>molte tecniche e strumenti oltre al classico colloquio clinico</b> (il biofeedback, il neurofeedback, la tecnica <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2017/03/superare-trauma-con-emdr.html" target="_blank">EMDR</a>, la <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/2016/02/meditazione-cura-insonnia.html" target="_blank">Mindfulness</a>, ecc.) <b>attraverso cui il soggetto stesso può valutare il miglioramento</b>: osservando le proprie reazioni interne su schermi, notando la diminuzione del proprio disagio usando scale di autovalutazione, vivendo il miglioramento negli aspetti della sua vita per cui aveva chiesto aiuto al di fuori della stanza del terapeuta.<br />
<br />
Volendo rispondere alla domanda iniziale, <b>la psicoterapia poggia su evidenze e ricerche scientifiche</b>: le Linee Guida dell’<i>American Psychiatric Association</i> sono stilate su una rigorosa revisione di tecniche e protocolli utilizzati dai diversi orientamenti terapeutici.<br />
A proposito di evidenze, <b>varie ricerche confermano l’efficacia della <i>talking cure</i></b> (cioè la cura attraverso la parola) <b>sulla plasticità del cervello</b> (Michielin P. & Bettinardi O., 2004, <i>Prove di efficacia e linee guida per i trattamenti psicologici e le psicoterapie</i>. Link Rivista Scientifica di Psicologia, No. 05 giugno 2004, pp. 6-26).<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjJFReYq_S9E841b98e-y1kDcLsnu8AEdn-sHohK6LpOT1BBxtX1ilZD1j-VxgNAbf_9FK37sICrfJ7aibLG10LsVtbqMKYdq6RJthwnUi2uEkWeNu3CUp4TRRv6a0I1C1iIKVqxyoTTpy/s1600/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+parlare+serve_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjJFReYq_S9E841b98e-y1kDcLsnu8AEdn-sHohK6LpOT1BBxtX1ilZD1j-VxgNAbf_9FK37sICrfJ7aibLG10LsVtbqMKYdq6RJthwnUi2uEkWeNu3CUp4TRRv6a0I1C1iIKVqxyoTTpy/s640/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+parlare+serve_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: motivi per non andare da uno psicologo - parlare serve / Photo by <a href="https://unsplash.com/@jannerboy62?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Nick Fewings</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
È vero che <b>una semplice chiacchierata non è sufficiente ad aiutare una persona che affronta una difficoltà</b>, servono studi e ricerche che strutturino il colloquio psicologico; <b>ma è altrettanto vero che, se lo specialista usasse un approccio puramente scientifico, probabilmente risulterebbe molto distante dai bisogni e dalle richieste dei suoi pazienti</b>. Uno degli aspetti più interessanti del lavoro dello psicologo è proprio <b>l’equilibrio implicito fra la scienza e l’emozione</b>; anche la medicina sta rivalutando sempre di più l’approccio umano nel contatto con il paziente. Questa <b>vicinanza empatica</b> è ciò che più caratterizza la formazione dello psicologo e le aspettative delle persone che si rivolgono a lui.<br />
<br />
A riprova di quanto sia importante l’empatia, alcuni clienti si preoccupano quando incontrano una psicologa giovane, oppure se sentono che la loro esperienza è stata talmente dolorosa da non poter essere condivisa con nessuno. In realtà, spesso <b>lo psicoterapeuta ha una naturale capacità di avvicinarsi all’emozione dell’altro</b>, anche se non l’ha vissuta in prima persona; forse sceglie il suo lavoro proprio per questo motivo. In ogni caso, che sia predisposto o meno, <b>viene appositamente formato per riuscire a entrare in risonanza con ciò che gli viene raccontato</b> (McWilliams N., La diagnosi Psicoanalitica, 2012).<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigXbWAk9DZHzXDJ2eykn8z71xzbGFVzUNyZvFZmZiCJI2PyHL8DTNNHx6HNOC5G2AvDFnxQUSS0EEenSbB4JrMUDbk-X3ax6h5zJBiNESx8_G2Mh0RvOYRVbj3p-8uX4F9EpA7q_anj5K9/s1600/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+dolore+troppo+grande+da+raccontare_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigXbWAk9DZHzXDJ2eykn8z71xzbGFVzUNyZvFZmZiCJI2PyHL8DTNNHx6HNOC5G2AvDFnxQUSS0EEenSbB4JrMUDbk-X3ax6h5zJBiNESx8_G2Mh0RvOYRVbj3p-8uX4F9EpA7q_anj5K9/s640/motivi+per+non+andare+dallo+psicologo+-+dolore+troppo+grande+da+raccontare_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: motivi per non andare da uno psicologo - dolore troppo grande da raccontare/ Photo by <a href="https://unsplash.com/@sharonmccutcheon?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Sharon McCutcheon</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
Infine, molto spesso il <b>racconto partecipato di chi soffre è in grado di generare nell’ascoltatore emozioni simili a quelle che lui sta provando</b>. Lo dimostra il fatto che, dopo l’ascolto, il terapeuta riesce a descrivere quelle stesse emozioni grazie a metafore o racconti, restituendo al paziente l’esperienza che sta vivendo e facendolo sentire compreso.<br />
<br />
Ora che ne sai di più sulla figura dello psicologo (e dello psicoterapeuta), sta a te decidere se <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">rivolgerti a uno di loro per superare le tue difficoltà</a>.Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-50925911192691675092019-06-06T11:03:00.000+02:002019-06-06T11:04:13.536+02:00Con l’EMDR il trauma psicologico diventa un ricordo che ci fa crescere<i>EMDR </i>è l’acronimo di <i>Eye Movement Desensitization and Reprocessing</i>, cioè desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. È un <b>metodo psicologico che tratta le difficoltà emotive causate da esperienze di vita disturbanti</b> ed è applicabile con adulti e bambini.
In questo articolo scopriremo qual è stato il processo che ha portato all’individuazione di questa tecnica, come funziona e in quali casi può essere applicata.
<br />
<h2>
Il trauma psicologico dalla fine dell’800 a oggi</h2>
La psicologia clinica si è occupata fin dalle sue origini dei traumi psicologici. Fra i primi studiosi troviamo <b>Pierre Janet</b> (1889) al centro ospedaliero universitario Salpetrière di Parigi, il quale <b>attraverso l’ipnosi osserva che le reazioni agli eventi traumatici emotivamente intense interferiscono con la memoria, la quale</b> rimane dissociata dalla coscienza e <b>viene rivissuta nel presente</b> sotto forma di sensazioni corporee o immagini visive.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_RkQJlwilwxQFrjDl0gBApu3lJZTkGmhNWUQk53aWnQq81JYUPI0_GDFlyCCSSpFx8aKn5sGfMS6Ywy5XU8s-Hh4Hp0dLw1BSrFWFFUfg_M4_HEQGZbu5eAyCQV2tWHIiGwu6qs1xVA8B/s1600/EMDR+-+movimento+oculare+-+SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_RkQJlwilwxQFrjDl0gBApu3lJZTkGmhNWUQk53aWnQq81JYUPI0_GDFlyCCSSpFx8aKn5sGfMS6Ywy5XU8s-Hh4Hp0dLw1BSrFWFFUfg_M4_HEQGZbu5eAyCQV2tWHIiGwu6qs1xVA8B/s640/EMDR+-+movimento+oculare+-+SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: EMDR - movimento oculare - SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/@amandadalbjorn?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Amanda Dalbjörn</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Joseph Breuer</b> e <b>Sigmund Freud</b> negli <i>Studi sull’isteria</i> (1895) affermano che “Gli isterici soffrono di reminiscenze”: <b>manca una narrativa del trauma</b>, che viene rivissuto e non trasformato in parole. <b>Nasce da qui</b> la <b>talking cure</b>, ossia la <b>cura attraverso la parola</b>.<br />
Successivamente si occupano del trauma anche Sandor Ferenczi (1932) e <b>Carl Gustav Jung</b> (1921); quest’ultimo <b>sottolinea la necessità di riportare alla luce la teoria traumatica delle nevrosi</b>.<br />
Nel 1941, <b>James Kardiner nota come la mente traumatizzata provi le stesse emozioni o sensazioni avute al momento del trauma</b>.<br />
<br />
Negli anni ‘60 e ‘70 la psicologia clinica dimentica l’interesse per il trauma, ma le persone che avevano vissuto esperienze profondamente disturbanti continuano a chiedere di poter risolvere il proprio passato, in modo da evitare continue ricadute sul loro presente e futuro. Gli psicologi riprendono così a studiare questa materia e <b>nel 1987 Francine Shapiro scopre il metodo EMDR</b>, che si rivela molto interessante rispetto alla risoluzione dei traumi, tanto che <b>nel 2002 viene dichiarato “sicuramente efficace” per i disturbi post-traumatici acuti</b> dall’<i>American Psychological Association</i> e <b>in vari Paesi del mondo è inserito nelle linee guida ufficiali</b> per il trattamento dei disturbi da stress post-traumatico.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSApJuFq-uU2Ap0Dov7C2JGuAKkDxAlmaVn-sCT-__CgisqFAd71dA1ldgku5jX_hAe0mvKtHp1xBg2Jr4jiY_jPYel2AuUq-93C-o1pUkMmy3ZgK8ljinr3MGwp3FYQlYHDR6C4k_Yg1i/s1600/EMDR+-+risolvere+il+passato+-+SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSApJuFq-uU2Ap0Dov7C2JGuAKkDxAlmaVn-sCT-__CgisqFAd71dA1ldgku5jX_hAe0mvKtHp1xBg2Jr4jiY_jPYel2AuUq-93C-o1pUkMmy3ZgK8ljinr3MGwp3FYQlYHDR6C4k_Yg1i/s640/EMDR+-+risolvere+il+passato+-+SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: EMDR - risolvere il passato - SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/@jannerboy62?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Nick Fewings</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
L’intervento dell’EMDR nel superamento del trauma</h2>
Si tratta di una tecnica che si può integrare con approcci psicoterapeutici molto vari: cognitivo-comportamentali, psicodinamici, analisi transazionale, psicologia della Gestalt, ecc. (Balbo, 1998).
Dato che il trauma dissocia la memoria dell’evento dalla sua possibile elaborazione razionale, l’obiettivo dell’EMDR è riassociare le due parti. <b>Attraverso il movimento oculare, l’EMDR permette di distanziarsi dal ricordo traumatico</b>; lo fa partendo dal presupposto che ogni persona abbia in se stessa la capacità di curarsi e che, mediante questo approccio, riesca ad attivarla.<br />
<br />
<b>La teoria</b> su cui si basa l’EMDR è che <b>le conseguenze che derivano dal trauma siano causate da informazioni negative immagazzinate nel sistema nervoso</b>: il ricordo resta congelato nel cervello e le informazioni negative rimangono separate e isolate dalle aree cerebrali contenenti informazioni positive. Le esperienze simili al trauma riattivano continuamente le memorie dolorose: questo avviene perché <b>il trauma produce una separazione fra la memoria emotiva e la parte del cervello preposta alla rielaborazione verbale e razionale dell’accaduto</b>. Proprio questa separazione è il meccanismo che impedisce ai ricordi traumatici di essere integrati nella propria autobiografia e di determinare la crescita personale dell’individuo; infatti, <b>fino a che la persona continua a interpretare il presente basandosi sulle convinzioni del passato, non avviene la crescita post-traumatica</b>. I problemi di autostima e autoefficacia arrivano da lezioni negative del passato riguardanti il proprio valore e potere, l’essere amati, ecc. che contribuiscono alla creazione di un’immagine negativa di sé.<br />
<br />
Attraverso l’EMDR si genera una <b>elaborazione accelerata del trauma che cambia la prospettiva della persona</b>, la quale incorpora credenze positive su di sé. Le cognizioni adattive (come per esempio “<i>Non è colpa mia</i>” o “<i>Il pericolo è cessato</i>”) si collegano alle emozioni e alle sensazioni fisiche. Dopo che <b>l’informazione è stata riprocessata positivamente</b>, si innesca un miglioramento che porta al benessere generale della persona. Sia l’emotività sia il corpo si adeguano alle informazioni corrette. Secondo Shapiro (1995) questa tecnica è basata sul nostro sistema innato di elaborazione dell’informazione (<i>Adaptive Information Processing</i>).<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYfYS9kbMxi85_9of9EUs6WQONMxWbRJJD_h_kqXvW8IVwtnLZMYJbj6vyaPcfc-ACmUTlzP3dOuCMKhu-fbIrWqLM8Ln6LvTKrZcpOwv0v7j6P85IxpbmM3spW7KCzQKwd8N7SVXvmRRo/s1600/EMDR+-+crescita+post-traumatica+-+SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1063" data-original-width="1600" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYfYS9kbMxi85_9of9EUs6WQONMxWbRJJD_h_kqXvW8IVwtnLZMYJbj6vyaPcfc-ACmUTlzP3dOuCMKhu-fbIrWqLM8Ln6LvTKrZcpOwv0v7j6P85IxpbmM3spW7KCzQKwd8N7SVXvmRRo/s640/EMDR+-+crescita+post-traumatica+-+SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: EMDR - crescita post-traumatica - SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/@scw1217?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Suzanne D. Williams</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h3>
Quando si può ricorrere all’EMDR</h3>
<br />
<ul>
<li>L’EMDR è risultato particolarmente efficace nei seguenti casi:</li>
<li>Vittime di aggressioni, crimini, sequestri, atti terroristici</li>
<li>Vittime di guerra (combattenti, reduci, rifugiati, vittime di tortura)</li>
<li>Vittime di violenze, abusi e molestie sessuali</li>
<li>Vittime di disastri naturali o incidenti</li>
<li>Lutto traumatico e/o complicato</li>
<li>Persone con malattie gravi e loro parenti</li>
<li>Fobie e attacchi di panico</li>
<li>Disturbi sessuali</li>
<li>Dipendenze</li>
<li>Disturbi alimentari</li>
<li>Vittime di bullismo e <i>mobbing</i></li>
</ul>
<br />
Questa tecnica ha dato buoni risultati in particolari ambiti, come lo sport e il mondo dell’arte ed è adatta <b>a chi deve migliorare le proprie prestazioni</b>.<br />
La tecnica EMDR <b>è valida per ogni fascia di età</b>: adulti, adolescenti e bambini.<br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Se fai fatica a lasciarti alle spalle un’esperienza dolorosa, contattami; sono qui per aiutarti.</a>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-73283976672215767352019-05-22T12:06:00.000+02:002019-05-22T12:06:43.263+02:00Le scuse più frequenti per non andare dallo psicologo (parte 1)Ai giorni nostri l’idea per cui non si va dallo psicologo perché “si occupa dei pazzi” sembra abbastanza superata, soprattutto fra i giovani. Ormai sappiamo che <b>i problemi psicologici occupano un ampio spettro</b>: dalle malattie veramente gravi, come le <b>psicosi </b>(che dal punto di vista farmacologico necessitano senz’altro dello psichiatra, ma possono essere gestite dal punto di vista comportamentale anche dallo psicologo) al <b>sostegno psicologico</b>, che può essere utile in alcune fasi della vita anche senza la presenza di una patologia.<br />
<i>Per esempio: la sofferenza dopo un lutto non ha nulla di patologico, ma il soggetto potrebbe desiderare di parlarne con uno psicologo per cercare con lui il significato di un evento tanto doloroso.</i><br />
Proprio all'interno di questa seconda categoria di problemi si registra una maggiore <b>resistenza ad andare da uno psicologo</b>. Le principali motivazioni di rifiuto che le persone adducono in queste circostanze sono varie, ma ricorrenti; in questo articolo ne indagheremo due:
<br />
<h2>
Motivazione #1: devo farcela da solo (la paura di apparire deboli)</h2>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjfI9jJxLbKAgAlcvL2tyJpbYkwAlAmXyfNqD2pYsKMVIbZAY_8MikQjgg6WXiU4isYarvcA5XXWtttmozk-0pj1qw0m_GQTProhH55Tzv1mVgpFEP5w5r8z7nbXDd33g4yzMSnGYYl9LP/s1600/voler+farcela+da+soli+-+motivi+per+non+andare+dallo+psicologo_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1060" data-original-width="1600" height="422" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjfI9jJxLbKAgAlcvL2tyJpbYkwAlAmXyfNqD2pYsKMVIbZAY_8MikQjgg6WXiU4isYarvcA5XXWtttmozk-0pj1qw0m_GQTProhH55Tzv1mVgpFEP5w5r8z7nbXDd33g4yzMSnGYYl9LP/s640/voler+farcela+da+soli+-+motivi+per+non+andare+dallo+psicologo_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: voler farcela da soli - motivi per non andare dallo psicologo_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/QOkk2TRYJsE?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">mari lezhava</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<div>
Perché <i>devi </i>farcela da solo? Perché affrontare un lungo periodo di <b>sofferenza, ansia, rabbia, panico, con tutte le ricadute</b> che questi stati possono avere <b>sulla nostra salute</b> (insonnia, inappetenza o fame nervosa, disturbi gastrointestinali, emicranie, cefalee) <b>e sulla nostra quotidianità</b> (perdita della concentrazione sul lavoro, nervosismo con il partner e/o i figli, distrazione alla guida)?<br />
La risposta che di solito viene data è che <b>avvertire il bisogno di un sostegno psicologico fa sentire la persona “debole”</b>. Ma è la contemporaneità a imporre <b>un’idea distorta del concetto di debolezza: riconoscere i propri limiti non è da deboli</b>, piuttosto non affrontarli significa mentirsi. Confrontarsi con essi non è da deboli;<b> negare la parte fragile di noi stessi che tutti sappiamo di avere significa temerla.</b><br />
<b><br /></b>
La nostra società confonde il concetto di autonomia con quello di autosufficienza: <b>l’autonomia</b> è auspicabile e raggiungibile attraverso la crescita; è una parola che deriva dal greco e significa <i>“darsi le proprie regole”</i>, ossia <b>riflettere soggettivamente sui propri valori</b>. È una capacità che tutti cerchiamo di passare alle nuove generazioni.<br />
<b>L’autosufficienza</b>, invece, significa <b>“bastare a se stessi”</b>, ma questo proposito è semplicemente un falso. <b>L’uomo</b>, come ci insegna Aristotele, è un animale politico e <b>da solo non sopravvive</b>. Far coincidere autosufficienza e forza non fa altro che renderci sempre più fragili: <b>l’individuo, pur accorgendosi di non farcela di fronte a certe situazioni, non può chiedere aiuto, perché chiedere aiuto equivarrebbe a un fallimento</b> rispetto al conseguimento del proprio irraggiungibile obiettivo, il quale (proprio in quanto irraggiungibile) è destinato a sfuggirgli continuamente, aumentando la sua frustrazione. In questo modo <b>la persona rimane legata al suo problema iniziale e in più ne acquista un altro: la minaccia di vedersi debole</b>, situazione che reputa intollerabile.
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJwFdix0mZyMjcYl-6v6OYJLbh6iK9gkgKuLH-raRSMHazDNLMHUxdO9Av1N9CgdWVfjCs_9-zXLoq_EVWKekjwKmWQeZrxsTHUNZhcA3LJuToL9NMU6zXIPmof4VdIm5TQxDeyHRP1ULR/s1600/autosufficienza+e+frustrazione_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1064" data-original-width="1600" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJwFdix0mZyMjcYl-6v6OYJLbh6iK9gkgKuLH-raRSMHazDNLMHUxdO9Av1N9CgdWVfjCs_9-zXLoq_EVWKekjwKmWQeZrxsTHUNZhcA3LJuToL9NMU6zXIPmof4VdIm5TQxDeyHRP1ULR/s640/autosufficienza+e+frustrazione_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: autosufficienza e frustrazione_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/Wd9JdX7a7ls?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Yousef Espanioly</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<b>Va bene far passare un po’ di tempo</b> dopo un evento doloroso o una situazione critica, <b>va bene monitorare</b> il proprio stato interno ed esterno <b>prima di rivolgersi a uno specialista. Quando però questo periodo si prolunga oltre le normali tempistiche, bisogna essere davvero coraggiosi e cercare di capire dov’è il blocco</b>. Per valutare quando è il momento di cercare un confronto, possiamo basarci sull’autovalutazione: <b>il peggioramento della propria quotidianità è un segnale importante che richiederebbe un intervento</b> per fermare il crescente stato di disagio (prima di tutto da parte del soggetto, che deve prendere in mano la situazione). <b>Il miglioramento delle proprie condizioni interne e esterne</b>, invece - anche se l’evento non è ancora totalmente risolto -, <b>si può considerare un segnale di progresso verso il superamento e la crescita personale</b>. In ogni caso uno psicologo potrà valutare il caso che il cliente propone e rassicurarlo circa le reazioni emotive che sta provando, oppure consigliare un percorso che lo aiuti a sentirsi meglio.</div>
<h2>
Motivazione #2: non ho bisogno dei consigli di un estraneo</h2>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjNAEzpxUMVLjS_LSl7N8_UL9dAzAfGNYPBcKtUCtVg_mwKVqcCUz2erEyUPgpviZwdXyQ7dzfE5VG4U9bRNco5JuLQTx37P0lOBBSTcB42hDbodXG_TUUo18gAds5X8ZkbLq1atQESxET/s1600/niente+consigli+da+un+estraneo+-+motivi+per+non+andare+dallo+psicologo_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjNAEzpxUMVLjS_LSl7N8_UL9dAzAfGNYPBcKtUCtVg_mwKVqcCUz2erEyUPgpviZwdXyQ7dzfE5VG4U9bRNco5JuLQTx37P0lOBBSTcB42hDbodXG_TUUo18gAds5X8ZkbLq1atQESxET/s640/niente+consigli+da+un+estraneo+-+motivi+per+non+andare+dallo+psicologo_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: niente consigli da un estraneo - motivi per non andare dallo psicologo / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/E-vfokIpfYU?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Rhys EST2018</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<div>
Probabilmente questa obiezione deriva da una <b>scarsa conoscenza della figura dello psicologo</b>: infatti <b>questo professionista non dà consigli</b>; è un atteggiamento che manifesta difficilmente, <b>anche quando i consigli gli vengono esplicitamente richiesti</b>. Lo specialista non ha le risposte a tutte le difficoltà della vita, soprattutto perché gli eventi che capitano nell’esistenza delle persone vengono vissuti da ciascuna di loro in maniera del tutto soggettiva. Come potrebbe uno psicologo possedere un rimedio universalmente valido per ogni dolore e ogni individuo?<br />
<br /></div>
<b>Il compito del terapeuta</b> di fronte a una richiesta di sostegno è <b>capire insieme al paziente perché quanto è accaduto ha generato lo stato di disagio</b> che sta vivendo e <b>dov’è il blocco che ne impedisce il superamento</b>. Le tecniche che utilizza sono utili a entrambi (psicologo e paziente) per comprendere meglio la mente e le dinamiche del soggetto in difficoltà.<br />
Se vogliamo disegnare la piantina di una città ci sarà più facile riprodurla dall’alto (come la vedremmo da un aereo) anziché da terra (come se ne percorressimo le vie). Allo stesso modo, <b>insieme allo psicologo possiamo cercare di osservare la nostra mente e individuare i pensieri, le paure, le convinzioni che bloccano la nostra evoluzione e organizzare insieme una strategia per superarle</b>. Non ci sono consigli, <b>c’è un lavoro svolto insieme per raggiungere un obiettivo: il benessere psicologico della persona</b>.<br />
<br />
Se senti che c’è qualcosa che non va nella tua vita e vuoi tornare a stare bene, <a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/" target="_blank">smetti di aspettare; chiedi subito aiuto</a>.
Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-13730490504892923882019-05-08T10:14:00.001+02:002019-05-08T10:14:36.497+02:00Ogni trauma (o trauma relazionale) ha un dopo. Affrontiamolo al meglio<b>Il trauma</b> è una dimensione che <b>riguarda sia l’aspetto</b> esterno (ciò che accade) <b>sia l’aspetto interno della persona che lo subisce</b> (il suo personale vissuto). Per via della sua duplice natura, anche se sono stati fatti molti tentativi, purtroppo non è ancora stata individuata una definizione universale per questo concetto.<br />
In generale possiamo dire che il trauma è <b>un evento che interviene nella vita del soggetto interrompendo il normale fluire della sua esistenza</b> dal punto di vista fisico o psichico.<br />
A oggi la psicologia ne riconosce <b>due tipi</b>:<br />
<ul>
<li>Trauma nel senso più conosciuto: quando <b>un grave evento irrompe nella vita di un individuo creando un danno notevole e duraturo</b>. Di solito si tratta di un unico evento, definibile e databile</li>
<li>Trauma relazionale: quando <b>un evento si ripete in continuazione nell’esistenza di un soggetto</b> e, soprattutto se la persona è molto giovane o addirittura nell’infanzia, <b>viene rivestito di un significato che può diventare fonte di disturbo nel futuro</b></li>
</ul>
<h2>
Trauma e trauma relazionale, è la durata a fare la differenza</h2>
Il <b>trauma </b>nella sua accezione più conosciuta è la <b>conseguenza dell’esposizione a un evento estremo, che genera paura, orrore, impotenza.</b> Generalmente esso <b>mette in pericolo anche il corpo</b> (per esempio: comunicazione di diagnosi gravi alla propria persona o a parenti e amici, amputazioni, abusi sessuali, violenze, aggressioni, rapimenti, disastri naturali: inondazioni, terremoti, incendi, ecc.). Di solito questo tipo di eventi <b>segna un momento di rottura ben definibile</b> nella vita di chi lo subisce ed è chiaramente riconoscibile un prima e un dopo l’accaduto.
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsJIHVL1PvmA6JRG1qRiq89c0U_CDttyf4QBYUTGzUf5Ka4QuvidJsxX4xKsv-CMkr3kuO777RFIDqdMadTmhIFqnvlLh1o7YsRo_LE_6M6t_BqR83HvCV7_OQY25HI9meSRUz3vfElnnv/s1600/trauma+-+momento+di+rottura_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsJIHVL1PvmA6JRG1qRiq89c0U_CDttyf4QBYUTGzUf5Ka4QuvidJsxX4xKsv-CMkr3kuO777RFIDqdMadTmhIFqnvlLh1o7YsRo_LE_6M6t_BqR83HvCV7_OQY25HI9meSRUz3vfElnnv/s640/trauma+-+momento+di+rottura_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: trauma - momento di rottura_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/EgYRW3HqByA?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Andrew Buchanan</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
I <b>traumi relazionali</b>, invece, possiamo considerarli <b>situazioni traumatiche croniche</b>. Essi non sono costituiti da un solo evento drammatico, ma da <b>tanti avvenimenti simili, che trasmettono situazioni di allerta costante, disintegrazione della stima di sé, minacce di abbandono e solitudine</b>.
<b>In età evolutiva</b> le esperienze dolorose precoci ripetute e protratte negli anni <b>influiscono sulla fiducia negli altri, sull’immagine di sé e sul rapporto con il mondo</b>; <b>nell’adulto</b> i traumi relazionali sono <b>avvenimenti che si riferiscono alla sfera interpersonale</b>, familiare (separazioni, divorzi, conflitti relazionali, violenze coniugali, <i>stalking</i>) o lavorativa (perdita del lavoro, bullismo, <i>mobbing</i>, condizioni lavorative inadeguate) che assumono significati particolarmente drammatici.
Traumi e traumi relazionali <b>possono generare stress post-traumatico</b> e, in un numero ridotto di casi, veri e propri <b>disturbi da stress post-traumatico</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifj0Tzym7RapBD-1TjGCE4Gicm5y4hvYpAtLfNl7VozyqAJSb4wuTgI5c1jd1nWQ7YsrMxH4TNfvvDzjXEDXXGoUoCuQHzyvwc-2x3pV82rjbcJdXkGrNX4jAPWmHvfj8_LEg1Sv7iHxcr/s1600/trauma+relazionale+-+eventi+traumatici+ripetuti_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifj0Tzym7RapBD-1TjGCE4Gicm5y4hvYpAtLfNl7VozyqAJSb4wuTgI5c1jd1nWQ7YsrMxH4TNfvvDzjXEDXXGoUoCuQHzyvwc-2x3pV82rjbcJdXkGrNX4jAPWmHvfj8_LEg1Sv7iHxcr/s640/trauma+relazionale+-+eventi+traumatici+ripetuti_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">trauma relazionale - eventi traumatici ripetuti / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/b1dF4VuXVcA?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Nicolette Meade</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Stress post traumatico e disturbi da stress post traumatico: facciamo chiarezza</h2>
Lo <b>stress post-traumatico</b> è la reazione normale di una persona a un evento anormale. È un meccanismo di sopravvivenza che comporta una <b>reazione continua e prolungata a eventi passati per un certo periodo di tempo</b>. Invece i <b>disturbi da stress post‐traumatico</b> (PTSD) sono una <b>versione patologica di questo meccanismo</b>, che si sviluppa in una minoranza di soggetti (intorno al 10‐30% secondo Kebeler e Brom, 1993).
<br />
<h3>
Stress post traumatico: cosa accade durante e dopo</h3>
Durante il periodo di stress post-traumatico il soggetto attraversa una <b>fase di shock caratterizzata da</b>:<br />
<ul>
<li>disorganizzazione</li>
<li>confusione</li>
<li>perdita di concentrazione</li>
<li>stress (pianto, sudori, freddo, nausea, respirazione accelerata)</li>
<li>rifiuto della realtà (con pensieri come “Non è vero, sto sognando”)</li>
<li>dissociazione spazio‐ temporale (“È solo un film”)</li>
<li>dissociazione del Sé (“Non sta succedendo a me”)</li>
<li>forte attivazione emotiva (rabbia, tristezza, paura, eccitazione per essere sopravvissuto) accompagnata da incubi, depressione, colpa</li>
</ul>
Un unico soggetto di solito manifesta solo alcuni tra questi comportamenti, che però <b>si presentano contemporaneamente</b>.<br />
Dopo l’evento e la confusione interiore che ne consegue, <b>la persona traumatizzata cerca di reagire</b> in diversi modi:<br />
<ul>
<li><b>riordina ciò che è successo</b> attraverso i propri ricordi, facendo domande o raccogliendo documenti</li>
<li><b>prova ad affrontare la realtà adattandosi alla nuova situazione</b>, cercando di elaborare e andare oltre (con pensieri come: <i>“Se avessi/non avessi…”, “Perché proprio a me?”, “E se succedesse ancora?”</i>)</li>
</ul>
Quando la persona riesce a dare un <b>significato costruttivo all’accaduto</b>, entra finalmente nell’ultima fase, quella dell’<b>accettazione e risoluzione</b>, accompagnata da pensieri più positivi (<i>“È passato”, “Sono vivo”, “Sono vulnerabile, ma non sono impotente”, “Non posso controllare tutto, ma posso controllare le mie reazioni”</i>).<br />
<b>L’intensità delle reazioni</b> al trauma <b>tende a crescere e poi a diminuire</b> nel tempo, con un picco durante le prime settimane (più o meno un mese) seguito da una graduale riduzione.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPj68ZmBrous8XGu3FdUhsmTQd-_WoNfI5SOGUO3Ha2LPFuE5PBCAdtKGqqeCXujAQYEzR7ZXIMWcm5_kXfKiYUHGGJF3KxZXjDkdghDdc_93NkPhZ1agYror0dAH9gcQPQdWeanlCIp5V/s1600/elaborazione+trauma+-+significato+costruttivo_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1072" data-original-width="1600" height="428" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPj68ZmBrous8XGu3FdUhsmTQd-_WoNfI5SOGUO3Ha2LPFuE5PBCAdtKGqqeCXujAQYEzR7ZXIMWcm5_kXfKiYUHGGJF3KxZXjDkdghDdc_93NkPhZ1agYror0dAH9gcQPQdWeanlCIp5V/s640/elaborazione+trauma+-+significato+costruttivo_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: elaborazione trauma - significato costruttivo_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/cM4au7e5RAE?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">srihari kapu</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
In caso di stress post-traumatico è consigliabile <b>intervenire subito: non fare nulla fa sentire il soggetto abbandonato, trascurato e triste</b> (ferita secondaria). Inoltre le <b>informazioni registrate</b> immediatamente dopo l’evento, prima di una valutazione razionale, <b>possono distorcere il suo significato, creando convinzioni negative difficili da modificare</b> in un secondo momento. Accade perché, mentre siamo sottoposti a stress, produciamo più adrenalina del solito; tra le tante funzioni, questo ormone contribuisce anche al consolidamento del ricordo di informazioni negative, che rimangono così più vivide.<br />
Infine<b> un disagio prolungato durante il periodo critico rafforza (o crea del tutto) un ricordo catastrofico che avrà una ricaduta su tutta la vita del soggetto</b>.<br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Un intervento psicologico tempestivo può evitare conseguenze più gravi</a> e impedire che lo stress post-traumatico sfoci in un vero e proprio disturbo.<br />
<h4>
Disturbo da stress post-traumatico, vivere in un passato doloroso</h4>
Il disturbo da stress post-traumatico è causato da <b>un evento traumatico</b> (percettivo ed emotivo) che è vissuto come <b>sempre attuale</b>, dal momento che <b>il meccanismo di elaborazione dell’informazione non riesce a offrire una risoluzione</b>. È il trauma stesso a interrompere la normale elaborazione dell’informazione, che così <b>non va verso un nuovo adattamento</b>. Il trauma rimane isolato dai pensieri positivi o consolatori (che rimangono inutilizzati), innescando due processi disfunzionali:<br />
<ul>
<li><b>l’informazione rimane immagazzinata nel cervello con le stesse emozioni, convinzioni, sensazioni fisiche dell’esperienza originaria</b></li>
<li><b>si interpreta il presente basandosi sul passato</b> (mantenendo la prospettiva del bambino, nel caso di traumi in età evolutiva)</li>
</ul>
Si tratta di una condizione molto nociva per il soggetto che ne soffre, se consideriamo che <b>persino i problemi di autostima e auto‐efficacia, qualche volta, possono essere considerati come conseguenze di lezioni negative</b> riguardanti il proprio valore e potere o l’essere amati.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBmn1MefwLaldMygLdN-WL6I-WhVZAQkkvfOhks9PuFFH_AlLZCtM0veyeDwdC6LDHe3rPYRP82fn-t2wCCro1lD4NOqGUPreqEdCmFY3GtEvO2-bZPm47MhyphenhyphenjyY6s5thSW2gvSbyydNrd/s1600/disturbo+da+stress+post-traumatico+-+basarsi+sul+passato_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBmn1MefwLaldMygLdN-WL6I-WhVZAQkkvfOhks9PuFFH_AlLZCtM0veyeDwdC6LDHe3rPYRP82fn-t2wCCro1lD4NOqGUPreqEdCmFY3GtEvO2-bZPm47MhyphenhyphenjyY6s5thSW2gvSbyydNrd/s640/disturbo+da+stress+post-traumatico+-+basarsi+sul+passato_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: disturbo da stress post-traumatico - basarsi sul passato_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/73OJLcahQHg?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Laura Fuhrman</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
Trauma, trauma relazionale, stress e disturbo post-traumatico sono concetti legati da un elemento importantissimo: il tempo. Se credi di vivere (o aver vissuto) una delle condizioni illustrate, chiedi subito aiuto a un professionista; è il primo passo per uscirne al più presto.Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-31702642108277029622019-04-23T18:19:00.000+02:002019-05-08T10:21:30.543+02:00Impariamo a reagire ai pensieri negativi ossessivi con la metacognizioneLa <b>metacognizione</b> è il pensiero applicato al pensiero, cioè <b>la capacità di monitorare, regolare, controllare, valutare il processo e il prodotto della coscienza</b>.<br />
In questa definizione, a differenza del concetto di stato mentale, non c’è nessun riferimento all’aspetto emotivo, che rimane totalmente escluso. La metacognizione, infatti,<b> si rivolge esclusivamente alle ragioni del mantenimento del rimuginìo</b>, senza indagare le origini e le motivazioni del pensiero che ci assilla.<br />
Secondo questo modello, ci si trova <b>intrappolati in un disturbo a causa delle proprie credenze; confutare queste ultime è l’obiettivo del lavoro con lo psicologo</b>.<br />
<h2>
Rimuginìo, ruminazione e convinzioni dannose</h2>
Gli studiosi Wells e Papageorgiu sostengono che, di fronte a un evento, tendiamo a rispondere con <b>un insieme di strategie disfunzionali che, nonostante ci creino disagio, continuiamo a ripetere</b>:<br />
<ul>
<li><b>Rimuginìo</b>: stile di pensiero volontario, connotato negativamente, <b>volto al futuro</b> (che percepiamo come una minaccia), verbale e astratto - apparentemente più controllabile rispetto a una immagine dettagliata</li>
<li><b>Ruminazione</b>: stile di pensiero volontario, anch’esso orientato in senso negativo, <b>rivolto al passato</b> e alla ricerca di risposte
Le convinzioni riguardanti il rimuginìo e la ruminazione possono essere connotate positivamente o negativamente:</li>
</ul>
<div>
- le <b>convinzioni positive</b> vedono nell’atto di <b>ruminare e rimuginare</b> un modo <b>per trovare soluzioni e superare le emozioni negative</b>;<br />
- le <b>convinzioni negative</b> riguardano la <b>paura della perdita di controllo sui propri pensieri</b>, il <b>timore di una ricaduta fisica</b> dell’eccessivo pensare e la <b>paura della pazzia</b> e incrementano l’ansia e il senso di fallimento.<br />
Entrambe possono mantenere vivo il disturbo, perché spingono la mente a un’intensa attività che non necessariamente porta a una soluzione o a un miglioramento, anche quando si pone questo obiettivo.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi_4BUdA365PY5T4vURw8o7bDL_-0EMbBOrs7BmIsuS5TyW8EDjyB366KOnqSE1zYwzG6cbXg7sR5O9_8JO8e8yvNA5Kg5e-VpNgKsKERkXaIVuUYHedL5Z235Ry8qJuWj-FHLEbKPo1v3/s1600/rimugin%25C3%25ACo+e+ruminzazione+-+disturbi+SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="immagine: rimuginìo e ruminazione - pensare troppo" border="0" data-original-height="1060" data-original-width="1600" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhi_4BUdA365PY5T4vURw8o7bDL_-0EMbBOrs7BmIsuS5TyW8EDjyB366KOnqSE1zYwzG6cbXg7sR5O9_8JO8e8yvNA5Kg5e-VpNgKsKERkXaIVuUYHedL5Z235Ry8qJuWj-FHLEbKPo1v3/s640/rimugin%25C3%25ACo+e+ruminzazione+-+disturbi+SGLpsicologa.png" title="" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">[immagine: rimuginìo e ruminazione - pensare troppo_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/VBe9zj-JHBs?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Aarón Blanco Tejedor</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a>]</td></tr>
</tbody></table>
<b></b><i></i><u></u><sub></sub><sup></sup><strike></strike></div>
<h3>
<span style="font-family: "calibri" , sans-serif;"><span style="font-size: 16px; white-space: pre-wrap;"><i>Possibile non è uguale a reale</i></span></span></h3>
Lo stato mentale indica l’<b>insieme di credenze, emozioni, pensieri e comportamenti con cui reagiamo</b> all’accadere di certi eventi.<br />
<div>
Esistono <b>due modalità di valutazione del nostro stato mentale</b>:<br />
1) <b>Lo riteniamo reale</b>: a furia di pensarci, il nostro timore diventa una realtà.<br />
<i>Per esempio: una persona che stiamo aspettando è in ritardo e iniziamo ad aver paura che le sia successo qualcosa di terribile. All’inizio questo pensiero si presenterà solo come una sgradevole, remota possibilità; continuando a pensarci su, ci convinceremo che <b>non può essere accaduto niente di diverso da ciò che temiamo</b>.</i><br />
2) <b>Applichiamo la metacognizione</b>: riusciamo a osservare i nostri pensieri trattandoli come eventi separati da noi stessi e dalla realtà.<br />
<i>Per esempio: quando ci troviamo nella situazione indicata sopra e il pensiero sgradevole compare, <b>non facciamo nulla</b>, fermi nella consapevolezza che si tratta di semplici produzioni mentali non per forza corrispondenti alla realtà.</i><br />
<h2>
Come fermare un circolo vizioso di pensieri?</h2>
</div>
<div>
L’elemento fondamentale del pensiero che porta disagio, secondo i due autori citati, è rappresentato dalla <b>sindrome cognitivo-attentiva</b> (CAS), cioè l’insieme di <b>strategie dominate da ruminazione e rimuginìo che, anziché placare l’ansia, la fanno aumentare</b>.<br />
Ecco come contrastarla:<br />
<b>1) Mettiamo in discussione i nostri percorsi mentali</b><br />
La prima azione da compiere per fermare il continuo lavoro della mente e formulare un piano efficace per la soluzione del problema è <b>confutare l’utilità di rimuginìo e ruminazione</b>: dobbiamo renderci conto che siamo entrati in un loop in cui vengono poste sempre le stesse premesse, le quali portano inevitabilmente alle medesime conclusioni insoddisfacenti. <b>Non è ponendoci incessantemente la stessa domanda che otterremo la risposta che cercavamo</b>. Alcune domande non hanno risposta e dobbiamo accettarlo, altre richiedono silenzio e concentrazione e la mente agitata non ci aiuta; altre ancora vanno affrontate con una strategia basata su informazioni, ma ci vuole tempo per raccoglierle.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYn7Gyylo85_YsOKblrZrwCSaadTgSMwhq9-CuZR-TH1amAyMMhxZzQwhfmeO8ZlCzmrRvyVayfL5hIA7O4xI7N5LEF7LWKWMpFIaiPP7XM4g8O-f4tG4QbgQV-7dwT28X8Pa6elq2iCzM/s1600/metacognizione+-+percorsi+mentali_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgYn7Gyylo85_YsOKblrZrwCSaadTgSMwhq9-CuZR-TH1amAyMMhxZzQwhfmeO8ZlCzmrRvyVayfL5hIA7O4xI7N5LEF7LWKWMpFIaiPP7XM4g8O-f4tG4QbgQV-7dwT28X8Pa6elq2iCzM/s640/metacognizione+-+percorsi+mentali_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">[immagine: metacognizione - percorsi mentali_SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/i--IN3cvEjg?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Evan Dennis</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a>]</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<b>2) Alleniamoci a osservare i nostri pensieri con distacco</b><br />
Il secondo passo è il <i><b>training attentivo</b></i>, da svolgere insieme a uno psicoterapeuta: utilizzando <b>esercizi specifici</b> scopriremo che <b>i nostri pensieri sono gestibili </b>e meno autonomi di quanto crediamo.<br />
Infine lo specialista ci insegnerà a <b>usare la <i>Detached Mindfulness</i></b>, cioè a essere con la mente nel momento presente, pienamente consapevole dei nostri stati interni (pensieri, credenze, ricordi e sensazioni) e a prendere le distanze da ogni reazione emotiva o comportamentale. Questo esercizio ci aiuta a sviluppare la <b>capacità di osservare il nostro pensiero senza emettere alcun tipo di giudizio, considerarlo un evento di passaggio nella mente</b> e, dopo averlo accolto, lasciarlo andare via. Entra quindi in gioco il concetto di <b>distacco </b>come <b>capacità di separare il sé dai propri pensieri</b>, senza adottare comportamenti disfunzionali. La credenza di fondo dei rimuginatori è che questo loro comportamento non si possa controllare: gli esercizi del <i>training attentivo</i> e la pratica della <i>detached mindfulness</i> agiscono proprio confutando questa credenza. Perché, citando Wells, “<i>I pensieri non sono importanti, importante è come reagiamo</i>”. <br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrk-yrTgA9lW-KoCMichOe1lbPtIigVSglzAf9qOeciwlk2ENaBTGtAUdDZcBFy3xUe6YIqw7wLpjafhX7mCizAtVUEEEBQZV6FxJHdMMCzyKdrxrYwBQ6soKt6E6cz2_DVtJcbo_Oo-50/s1600/detached+mindfulness+-+gestione+dei+pensieri_SGLpsicologa.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrk-yrTgA9lW-KoCMichOe1lbPtIigVSglzAf9qOeciwlk2ENaBTGtAUdDZcBFy3xUe6YIqw7wLpjafhX7mCizAtVUEEEBQZV6FxJHdMMCzyKdrxrYwBQ6soKt6E6cz2_DVtJcbo_Oo-50/s640/detached+mindfulness+-+gestione+dei+pensieri_SGLpsicologa.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">[immagine: detached mindfulness - SGLpsicologa / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/vTL_qy03D1I?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Autumn Goodman</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a>]</td></tr>
</tbody></table>
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Se ti senti intrappolato nei tuoi pensieri negativi, sappi che esiste una via d’uscita. E possiamo trovarla insieme.</a><br />
<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Wells, Papageorgiu, Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e depressivi, Eclipsy, 2009Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-20396924258037102882019-04-07T16:17:00.000+02:002019-04-07T16:17:36.263+02:00L'ipnosi, una nuova terapia del tabagismoOrmai è risaputo,<b> le campagne contro la dipendenza dal fumo (tabagismo) che mirano a spaventare puntando sulle possibili gravi conseguenze non funzionano</b>: i mass media, i protagonisti dei film e i leader dei gruppi che incitano più o meno intenzionalmente al fumo esercitano una <b>pressione sociale</b> che <b>spinge soprattutto i giovani</b> ad adottare il comportamento da fumatore, spesso anche minimizzando i risultati delle ricerche che ne denunciano la pericolosità.<br />
<div style="text-align: left;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdzPoM6Jdw1vLfnlC6MPb9WDnlrt71pGKeGPCZ7Ht9aznhW813R6JiubYhGoURxlTu5mI0hWt90RqAjAtZc_h02kGVMaUpxU9HOKzdfer20jCR-Rwgv-VZJfs6UepGdY8dYGtOgBp3DLXg/s1600/smettere+di+fumare+-+giovani+fumatori.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="immagine: smettere di fumare – giovani fumatori" border="0" data-original-height="984" data-original-width="1600" height="392" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdzPoM6Jdw1vLfnlC6MPb9WDnlrt71pGKeGPCZ7Ht9aznhW813R6JiubYhGoURxlTu5mI0hWt90RqAjAtZc_h02kGVMaUpxU9HOKzdfer20jCR-Rwgv-VZJfs6UepGdY8dYGtOgBp3DLXg/s640/smettere+di+fumare+-+giovani+fumatori.png" title="" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "calibri" , serif;">immagine: smettere di fumare – giovani
fumatori / </span><a href="https://unsplash.com/@ckirby"><span style="color: blue;"><span style="font-family: "calibri" , serif;"><u>Cameron
Kirby</u></span></span></a></div>
</td></tr>
</tbody></table>
</div>
I dati confermano <b>la diffusione del fenomeno: in Italia nel 2016</b> il 19,8% della popolazione dai 14 anni in su si dichiara fumatore; praticamente <b>una persona su 5, adolescenti inclusi</b>. Il dato risulta ancora più allarmante se inserito in un quadro e in un arco temporale più ampio: <b>in Europa dall’inizio degli anni ’90 al 2018 i fumatori di età compresa tra gli 11 e i 15 anni sono aumentati del 50%</b>.<br />
Il guaio è che, purtroppo, una volta entrati nella spirale delle sigarette, è difficile uscirne e si va incontro a<b> tutte le fasi che si notano nelle dipendenze</b>:<br />
<ul>
<li><b>Assuefazione: aumento del numero giornaliero</b>, perché la quantità precedente non basta più;</li>
<li><b>Craving</b>: termine inglese che sta per “brama”, “smania” e indica <b>l’esigenza di averne sempre a disposizione</b></li>
<li><b>Astinenza</b>: <b>comportamento ansioso e facilmente irritabile</b> dovuto al non potersi procurare la sostanza</li>
</ul>
<h3 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Perché le persone non riescono a
smettere di fumare?</h3>
<div>
<br /></div>
<div>
<b></b><i></i><u></u><sub></sub><sup></sup><strike></strike></div>
Le ragioni per cui le persone non smettono di fumare pur conoscendo bene i pericoli insiti nelle sigarette sono diverse e soggettive, ma su tutte ne spiccano alcune più ricorrenti:<br />
<ul>
<li><b>La difficoltà nel tollerare l’astinenza</b>, prima fisica e poi emotiva (quest’ultima è più insidiosa, perché può manifestarsi anche a distanza di anni dall’ultima sigaretta)</li>
<li><b>La sfiducia in se stessi</b>, riconoscibile da frasi come “<i>Ho provato di tutto, ma non ha funzionato, sono un caso disperato</i>”</li>
<li><b>La preoccupazione di come sostituire questa abitudine</b> nei momenti di stress, principalmente dovuta alla paura di prendere peso</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuwFwD0-Y82FnUG-xJYos6QuAVTD3P57vRwoi_OVyeuhZ07H-nXfgyZXXSit2zYZZw9DPZZvma1prmwpekadgjzCxy1UAfLfVqHxa7dhKz2_uJVksTwbCW9Uy5-8bnTsUyV7Lvk4UC8ecJ/s1600/smettere+di+fumare+-+sfiducia+in+se+stessi+_+SGL.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="immagine: smettere di fumare – sfiducia in se stessi" border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuwFwD0-Y82FnUG-xJYos6QuAVTD3P57vRwoi_OVyeuhZ07H-nXfgyZXXSit2zYZZw9DPZZvma1prmwpekadgjzCxy1UAfLfVqHxa7dhKz2_uJVksTwbCW9Uy5-8bnTsUyV7Lvk4UC8ecJ/s640/smettere+di+fumare+-+sfiducia+in+se+stessi+_+SGL.png" title="" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "calibri" , serif;">immagine: smettere di fumare – sfiducia
in se stessi / </span><a href="https://unsplash.com/@abbiebernet"><span style="color: blue;"><span style="font-family: "calibri" , serif;"><u>Abbie
Bernet</u></span></span></a></div>
</td></tr>
</tbody></table>
Per aiutare le persone ad abbandonare la dannosa abitudine del fumo, ormai da diverso tempo sono stati accertati i vantaggi e i buoni risultati che provengono dalla <b>terapia con l’ipnosi</b>. Questa tecnica viene continuamente aggiornata per cercare di raggiungere risultati sempre migliori e oggi vanta una <b>percentuale di riuscita tra il 44% e il 70%</b> dei casi a distanza di 3 anni.<br />
<h4 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
La terapia ipnotica: un percorso
motivazionale personalizzato</h4>
L’ipnoterapia si articola in<b> 8 passaggi che tengono presenti</b> sia le <b>caratteristiche comuni dei fumatori</b>, sia la <b>personalità e la biografia specifica di ciascuno</b>.<br />
Nel fumatore spesso sono presenti <b>tratti di ansia, che tenta di gestire attraverso</b> comportamenti disfunzionali come <b>l’uso della nicotina</b>; un’<b>autostima piuttosto bassa</b>, con una conseguente mancanza di fiducia nelle proprie capacità di riuscire a smettere. Da non sottovalutare è anche <b>il piacere stesso di fumare</b>. Infine, quando un tabagista sceglie di abbandonare le sigarette, spesso lo fa a seguito di <b>un evento che lo ha in qualche modo colpito</b>: alcune volte spaventandolo, altre generando disgusto, magari per aver fumato troppo in alcuni momenti recenti. <b>Col passare del tempo</b>, però, quella circostanza diventa un ricordo sempre più appannato e così anche <b>la motivazione si fa più debole</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgldN_uUxg78ylSoTVdPQkdboJNlE_7jiVZlR4kUb3cDWJJywun4RyJ3DxnuV6F9ZT58k8YZTMuVK_d99PL0_WEf_hpn2CL5q99wKlNOla-1w-FRS6wYY0VJroJPFCedP0oA3RzHQ5MPP_C/s1600/smettere+di+fumare+-+mantenere+la+motivazione+_+SGL.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="immagine: smettere di fumare – mantenere la motivazione" border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgldN_uUxg78ylSoTVdPQkdboJNlE_7jiVZlR4kUb3cDWJJywun4RyJ3DxnuV6F9ZT58k8YZTMuVK_d99PL0_WEf_hpn2CL5q99wKlNOla-1w-FRS6wYY0VJroJPFCedP0oA3RzHQ5MPP_C/s640/smettere+di+fumare+-+mantenere+la+motivazione+_+SGL.png" title="" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "calibri" , serif;">immagine: smettere di fumare –
mantenere la motivazione / </span><a href="https://unsplash.com/@maddibazzocco"><span style="color: blue;"><span style="font-family: "calibri" , serif;"><u>Maddi
Bazzocco</u></span></span></a></div>
</td></tr>
</tbody></table>
Oltre a questi fattori comuni, <b>ogni fumatore ha una propria vita</b> fatta di <b>biografia</b> e <b>specificità</b> <b>genetiche</b> che lo portano ad avere <b>preferenze</b> e <b>gusti</b> individuali e a disapprovare e respingere altre <b>sensazioni</b>; <b>immagini e luoghi</b> che lo aiutano a trovare la calma e altri che lo infastidiscono o gli richiamano ricordi inquietanti. Ed è qui che entrano in gioco <b>le metafore</b>: largamente usate nell’ipnosi, <b>possono essere costruite su misura</b> basandosi proprio sulle peculiarità del soggetto che abbiamo di fronte.<br />
La terapia ipnotica per il tabagismo si presenta come una <b>tecnica di breve durata</b> (1 o 2 sedute) che tiene conto di entrambe le dimensioni (caratteristiche comuni e aspetti individuali) e <b>che agisce soprattutto sull’incremento e mantenimento della motivazione</b>.<br />
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.com/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Contattami </a>se vuoi provare a smettere di fumare seguendo una terapia seria e mirata.<br />
<br />
fonti:<br />
Istat - <a href="https://www.istat.it/it/archivio/202040">https://www.istat.it/it/archivio/202040</a><br />
Fondazione Veronesi - <a href="https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/fumo/sempre-piu-fumatori-giovanissimi-sono-il-doppio-rispetto-al-1990">https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/fumo/sempre-piu-fumatori-giovanissimi-sono-il-doppio-rispetto-al-1990</a>
<a href="https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/lesperto-risponde/anche-la-dipendenza-da-fumo-puo-dare-crisi-dastinenza">https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/lesperto-risponde/anche-la-dipendenza-da-fumo-puo-dare-crisi-dastinenza</a><br />
Merati L., Ercolani R., Manuale pratico di ipnosi clinica e autoipnosi, Edra, 2015Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-59284143521983109512018-01-25T18:02:00.000+01:002018-01-25T18:02:33.395+01:00Il potere chiarificatore dell’auto osservazione sugli schemi mentaliA volte abbiamo l’impressione che certe situazioni siano per noi intollerabili e che ci scatenino emozioni quasi fuori controllo. La psicologia cognitiva ritiene che, in realtà, le situazioni in sé siano neutre, né positive né negative, sono semplici accadimenti quotidiani. <b>Attraverso l’auto osservazione</b> dei nostri pensieri e delle nostre emozioni e con qualche domanda sulla provenienza delle nostre reazioni, possiamo riuscire <b>a capire di più noi stessi e a gestire meglio il nostro stato d’animo</b>.<br />
Proviamo a immaginare di vedere un nostro caro amico sul lato opposto della strada. Lo salutiamo, ci sbracciamo… Niente. Il nostro amico prosegue senza degnarci di uno sguardo. Quale sarebbe la nostra prima reazione emotiva? Probabilmente una delle seguenti, a seconda del significato personale che diamo al suo comportamento:<br />
<ul>
<li><b>divertimento</b>, se pensiamo “<i>è il solito distratto</i>!”</li>
<li><b>rabbia</b>, se pensiamo “<i>non mi ha salutato di proposito</i>!”</li>
<li><b>senso di colpa</b>, se pensiamo “<i>gli avrò fatto qualcosa di male</i>?”</li>
<li><b>tristezza</b>, se pensiamo “<i>mi sbagliavo su di lui, non è l’amico che credevo</i>.”</li>
</ul>
È come se portassimo un paio di occhiali e la visione del mondo circostante fosse influenzata da questi. La forma, il colore e tutte le caratteristiche delle nostre lenti immaginarie ci fanno vedere in modo del tutto soggettivo qualsiasi evento.<br />
Se questa premessa è vera, la prima azione che possiamo compiere <b>quando ci sentiamo invasi da un’emozione potente</b>, è provare a <b>essere consapevoli</b> di quanto sta accadendo: <b>l’evento</b> collegato all’emozione<b> non è negativo in sé, è ciò che noi ne pensiamo a renderlo insopportabile</b>. Dobbiamo cercare di toglierci queste lenti per riuscire a capire come esse influenzino la nostra visione della realtà, dobbiamo cioè fermarci a riflettere sui significati personali che stanno alla base delle nostre emozioni e che applichiamo quasi inconsapevolmente a tutto ciò che ci succede. <br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIPu6MdnIExBTKI2gQ9azPrTQwjpaVe23tHpuaTYkLN_91OYFD65HLIULA7gvJ2Wu3DbaJFwPSDq6CBUY3diWxSUU-Pf-XpQVcDYXR0nLyfCOWMjmFiu50eySwnXjxXtsZiF5Pr4zPu_aO/s1600/visione_soggettiva_realt%25C3%25A0.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIPu6MdnIExBTKI2gQ9azPrTQwjpaVe23tHpuaTYkLN_91OYFD65HLIULA7gvJ2Wu3DbaJFwPSDq6CBUY3diWxSUU-Pf-XpQVcDYXR0nLyfCOWMjmFiu50eySwnXjxXtsZiF5Pr4zPu_aO/s640/visione_soggettiva_realt%25C3%25A0.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: transparent; color: black; display: inline !important; float: none; font-family: Times New Roman; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">immagine: auto osservazione - visione soggettiva della realtà / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/0ETgzzq-if0?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Jad Limcaco</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Significati personali, le lenti (deformanti) con cui osserviamo la realtà</h2>
I significati personali sono centrali nella valutazione degli eventi e spesso ci portano a <b>interpretazioni disfunzionali</b> (quelle che ci arrecano dolore, disagio o scatenano emozioni difficili da gestire). Queste interpretazioni <b>distorcono il contenuto dell’accaduto e suscitano in noi pensieri e rappresentazioni che non corrispondono alla realtà</b>; il rischio è di finire avviluppati in una spirale negativa.
Le interpretazioni disfunzionali sono spesso rappresentate da <b>pensieri rapidi</b> che il più delle volte <b>attraversano la nostra mente senza che ce ne rendiamo conto</b>. Questo avviene perché:<br />
<ul>
<li>si presentano alla mente <b>in modo automatico</b></li>
<li><b>
sono plausibili</b> per chi li produce</li>
<li>
esprimono una <b>modalità di attribuzione di significato costante</b> (nell’esempio dell’amico: “<i>ecco, mi sono sbagliato <b>ancora una volta</b>, credevo di aver trovato un nuovo amico e invece non era così…</i>”)</li>
<li>
hanno la <b>forma telegrafica</b> di un linguaggio personale specifico (esempio: “<i>non ho amici</i>”)
L’attribuzione costante di significati deriva da strutture mentali stabili di grado superiore, gli schemi.
</li>
</ul>
<h2>
Gli schemi e le loro insidie: essere mentalmente rigidi non ci aiuta a stare bene</h2>
Il concetto di schema è stato elaborato da Jeffrey Young (1990/1999) e indica <b>quei comportamenti che si sviluppano in risposta a degli stessi significati che diamo ripetutamente agli eventi</b> nella nostra vita. Uno schema, secondo l’autore, è caratterizzato da alcuni tratti:<br />
<ul>
<li>
è un tema o un modello generale pervasivo</li>
<li>
è composto da ricordi, emozioni, cognizioni e sensazioni</li>
<li>
è riferito a noi stessi e alle nostre relazioni con gli altri</li>
<li>
è qualcosa che abbiamo sviluppato nell'infanzia o nell'adolescenza</li>
<li>
si è consolidato durante la nostra storia di vita</li>
</ul>
<div>
Possiamo considerare i comportamenti come la risposta a un determinato schema, il quale ha la funzione di garantire un tema centrale a cui teniamo in maniera particolare (per esempio “<i>devo essere accettato da tutti</i>”), ma che cerchiamo sempre di raggiungere attraverso <b>un percorso che prevede un’unica modalità di azione</b>.</div>
<div>
<br /></div>
<div>
Le reazioni comportamentali non sono l’unico modo di agire che ci caratterizza. Di fronte a un evento possiamo avere <b>due tipi di reazioni: comportamentali o emotive</b>.</div>
<div>
Le reazioni <b>comportamentali</b> sono, appunto, le strategie intenzionali motivate dallo schema; <b>mantengono i circoli viziosi e le credenze legate al pensiero automatico</b>.</div>
<div>
Uno schema, infatti, diventa <b>disfunzionale</b> quando:</div>
<ul>
<li>
è rigido</li>
<li>è pervasivo</li>
<li>provoca sofferenza</li>
<li>causa una bassa capacità di discriminare gli eventi</li>
</ul>
<div>
Le reazioni <b>emotive</b>, invece, sono fonti insostituibili di informazioni. Ognuna ha un <b>significato ben preciso che, associato all’intensità, può aiutarci a comprendere il pensiero</b> che l’ha scatenata:</div>
<ul>
<li>proviamo <b>ansia</b> quando avvertiamo una <b>minaccia non meglio definita</b></li>
<li><b>paura</b> quando, al contrario, <b>la minaccia è definita</b></li>
<li><b>
tristezza</b> quando sentiamo di aver <b>perso qualcosa di importante</b> legato al nostro passato</li>
<li><b>
rabbia</b> per un <b>diritto leso</b></li>
<li><b>colpa</b> quando, con il nostro agire, <b>danneggiamo</b> in qualche modo<b> l’immagine di noi stessi</b></li>
<li><b>vergogna</b> se la nostra <b>immagine sociale viene minacciata</b></li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivKLCtlxWHcv8Fjx8yAccFR_ZkxV4vCzGWK8k1CywriKR_-RY4LCsi2SGO9biYXVk2m6JZwJA-fM95kLnU9o3BFzx6hag2R_VYSDp5UdKfV9LHtTezbI7TyAqQfQ6kKDXhxI2AJdHYBOTT/s1600/auto_osservazione.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivKLCtlxWHcv8Fjx8yAccFR_ZkxV4vCzGWK8k1CywriKR_-RY4LCsi2SGO9biYXVk2m6JZwJA-fM95kLnU9o3BFzx6hag2R_VYSDp5UdKfV9LHtTezbI7TyAqQfQ6kKDXhxI2AJdHYBOTT/s640/auto_osservazione.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: transparent; color: black; display: inline !important; float: none; font-family: Times New Roman; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">immagine: auto osservazione - reazioni emotive / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/UU2PICtxgpA?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Scott Webb</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr>
</tbody></table>
<div>
Quando ragioniamo all’interno dello schema, siamo portati a distorcere la possibilità che avvenga la situazione che ci fa paura estremizzandola, adattandola alle nostre convinzioni (continuando con l’esempio di prima, “<i>se entro in un gruppo già consolidato nessuno mi accetterà, sarò emarginato/a da tutti</i>”).</div>
<div>
Bisognerebbe provare a verificare in maniera oggettiva il rischio che quella condizione si verifichi (per esempio: ”<i><b>quanto è realistico</b> pensare che frequentando un nuovo gruppo sarò emarginato <b>da tutti</b>? Non è più realistico e flessibile accettare che con alcuni avrò un buon legame e con altri no, senza che questa sia una catastrofe</i>?”). Questa valutazione prende il nome di <b>auto osservazione</b> e <b>rende l’evento temuto meno oscuro, più accettabile</b>. È un passaggio essenziale per abbandonare gli schemi mentali che ci fanno stare male: non dimentichiamoci, infatti, che <b>molti dei comportamenti che vorremmo cambiare in noi stessi sono strategie che usiamo per non cadere in uno scenario temuto</b>, ma risultano <b>disadattivi perché rappresentano per noi l'unica strada per farlo</b>, anche se quella strada non ci piace e preferiremmo liberarcene. Aprendo lo sguardo a un orizzonte di possibilità più vasto, ecco che possono aprirsi davanti a noi nuovi percorsi da sperimentare per raggiungere i nostri obiettivi in modo più sereno e gratificante.</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmieIqUT_aUDqKRmjnNKI60kJxNU50BUCozjJ0ywLYgJ-FRBPMp1s1zHmwDFasT8FC2xJVv-yBOJ9NSsMyATfJvFsUd3IateOhpFfN_BNtmTPmH4VlJ9cJJPMiw1wcbhvx0rVn4jC5Cb-v/s1600/reazione_emotiva.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1063" data-original-width="1600" height="424" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmieIqUT_aUDqKRmjnNKI60kJxNU50BUCozjJ0ywLYgJ-FRBPMp1s1zHmwDFasT8FC2xJVv-yBOJ9NSsMyATfJvFsUd3IateOhpFfN_BNtmTPmH4VlJ9cJJPMiw1wcbhvx0rVn4jC5Cb-v/s640/reazione_emotiva.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: transparent; color: black; display: inline !important; float: none; font-family: Times New Roman; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">immagine: auto osservazione / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/JhrFbarAgc0?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Jean-Philippe Delberghe</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr>
</tbody></table>
<div>
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.it/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi imparare ad auto osservarti</a>? Contattami, sarò felice di aiutarti a farlo.
</div>
Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-64801790244452963072017-12-17T19:42:00.001+01:002017-12-17T19:42:44.808+01:00Fobia sociale: la paura del giudizio altrui. Riconoscila e affrontala!La parola fobia viene dal greco <i>phóbos</i> e significa panico, paura. Questo stato d’animo può accompagnarci in una grande varietà di situazioni ed essere scatenato da diversi fattori; un particolare tipo di paura, che attanaglia molti di noi quando siamo sotto gli occhi di tutti, è la fobia sociale. Come riconoscerla? Come influenza la nostra vita? Come si può gestire?<br />
<h2>
Come riconoscere la fobia sociale</h2>
I principali sintomi di questo disturbo sono:<br />
<ul>
<li><b>la paura marcata e persistente delle situazioni</b> sociali o prestazionali <b>nelle quali siamo in presenza di persone non familiari o siamo esposti al possibile giudizio degli altri</b> e temiamo di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante;</li>
<li><b>un forte stato d’ansia quando ci troviamo nella situazione temuta</b>, che può assumere i contorni di un vero e proprio attacco di panico nei soggetti più sensibili;</li>
<li><b>la consapevolezza che la nostra paura è eccessiva o irragionevole</b>;</li>
<li><b>un’intensa sensazione di ansia o disagio che ci porta a evitare</b> o a mal sopportare le situazioni sociali o prestazionali temute;</li>
<li><b>un’interferenza di evitamento</b>, <b>ansia anticipatoria o disagio con le nostre normali abitudini</b>, con il nostro funzionamento lavorativo (o scolastico), con le nostre attività e relazioni sociali;</li>
<li><b>un grande disagio per il fatto stesso di avere la fobia</b>.</li>
</ul>
Una delle emozioni più caratteristiche della fobia sociale è quindi l’ansia. L’ansia è <b>un'attivazione fisiologica che comporta una serie di manifestazioni somatiche</b>, come per esempio palpitazioni, tremore, sudore e rossore facciale. Può manifestarsi <b>a livello fisico, cognitivo e comportamentale</b> e ci fa sentire inadeguati.<br />
Anche<b> altre sensazioni e comportamenti</b>, <b>come la paura o l’evitamento</b> (cioè l’allontanamento da una situazione, una persona o un evento che percepiamo come pericoloso per noi stessi), sono una diretta conseguenza dello stato fobico.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHcrDOU-PdlHUlTN4yxwIKyA4Rh9ALLic_AdZpC4UvBNsVdHydWBPDCTzIuVtQV-PCHgkJxLIa5jUrM5828nq3MG-i_31dO8BdG9o_WUgwl9PGd5g_K0F4y0eBXiXMA9lBYDj6YFDoQ9MY/s1600/fobia+sociale+-+evitamento.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="953" data-original-width="1600" height="380" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHcrDOU-PdlHUlTN4yxwIKyA4Rh9ALLic_AdZpC4UvBNsVdHydWBPDCTzIuVtQV-PCHgkJxLIa5jUrM5828nq3MG-i_31dO8BdG9o_WUgwl9PGd5g_K0F4y0eBXiXMA9lBYDj6YFDoQ9MY/s640/fobia+sociale+-+evitamento.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="border: medium none; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; padding: 0cm; page-break-after: auto; page-break-inside: auto; text-align: center;">
immagine:
fobia sociale - evitamento
/ Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/X5pWCHBaMms?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText">freddie
marriage</a>
on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText">Unsplash</a></div>
</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h3>
La fobia sociale è un disturbo diffuso, difficile da mandare via</h3>
La fobia sociale presenta <b>2 sottotipi</b>: generalizzata oppure specifica. <b>Quella generalizzata</b>, come suggerisce il termine, è una costante e<b> non dipende dalla possibilità di ricevere un giudizio dagli altri; quella specifica è più legata a una singola prestazione</b>: sostenere un esame orale, fare un discorso in pubblico, gareggiare in una competizione sono solo alcune situazioni tipo in cui possiamo sentirci sotto una lente di ingrandimento e temere di fare brutta figura o di coprirci di ridicolo. Dal punto di vista del fobico sociale, queste eventualità possono influenzare negativamente l’opinione di chi lo ascolta o osserva (dando erroneamente per scontato che ci sia sempre qualcuno pronto a giudicare ogni sua azione).<br />
La più diffusa è la forma generalizzata, che è anche la più grave e porta un maggior numero di persone alla richiesta di un trattamento. Gli uomini fanno più spesso richiesta di trattamento, anche se <b>sono le donne a soffrirne di più</b>.<br />
L'andamento del disturbo è fatto di alti e bassi, di vari scompensi e la situazione diventa ancora più complicata in <b>concomitanza di altri comportamenti disfunzionali</b>. I più frequenti sono:<br />
<ul>
<li>l'abuso di alcool (per sciogliere i freni inibitori);</li>
<li>l'abuso di ansiolitici (per calmarsi).</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-USFR1vEryt-ktIFrdYn6YTxu27Wvg0FQcpsuBf2w2F_3DiRjXWesOM6aoRUVMZPWjv9hGfviWBMED3AFy1E43zxhOnD05qTg0JK43_v6sCE_15utR8VLDBLFEVkL9SawiY2tEBBQEL1B/s1600/fobia+sociale+specifica+-+discorso+in+pubblico.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-USFR1vEryt-ktIFrdYn6YTxu27Wvg0FQcpsuBf2w2F_3DiRjXWesOM6aoRUVMZPWjv9hGfviWBMED3AFy1E43zxhOnD05qTg0JK43_v6sCE_15utR8VLDBLFEVkL9SawiY2tEBBQEL1B/s640/fobia+sociale+specifica+-+discorso+in+pubblico.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: fobia sociale specifica - discorso in pubblico / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/TDVsBPsCG7c?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Tim Napier</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h4>
Come si sviluppa la fobia sociale?</h4>
Le condizioni che favoriscono l’insorgere della fobia sociale derivano <b>dall’ambiente familiare</b>: uno stile d’attaccamento insicuro, con <b>genitori ansiosi</b>, <b>ipercritici</b>, evitanti e che reprimono l’<a href="https://sglpsicologa.blogspot.it/2016/03/farci-ascoltare-comunicazione-assertiva.html" target="_blank">assertività</a> dei figli fanno sì che questi sviluppino una <b>tendenza al perfezionismo</b> e un'organizzazione mentale di tipo ossessivo, oppure <a href="http://psicopatologiaalimentazione.it/per-i-familiari/cosa-sono-i-disturbi-alimentari/" target="_blank">disturbi del comportamento alimentare (DCA)</a>.<br />
Altre caratteristiche possono essere <b><a href="https://sglpsicologa.blogspot.it/2016/10/autostima.html" target="_blank">avere una bassa autostima</a></b>, <b>attribuire agli altri il proprio pensiero</b> (deficit di decentramento), <b>ricordare solo eventi negativi</b>.<br />
<br />
Guardando il fenomeno da un punto di vista puramente evoluzionistico, l<b>a paura ultima è quella di essere esclusi dal gruppo</b>, che nel regno animale equivale a un aumento del pericolo. <b>Le azioni sono quindi mirate a prevenire il rifiuto e l'esclusione</b>: la paura di perdere la faccia e di essere ridicolizzati attiva il nostro <b>Sistema Motivazionale Interpersonale agonistico</b>, cioè tutti quei comportamenti che usano meccanismi di rivalità per la conquista di un ruolo vincente.<br />
I cambiamenti cognitivi derivanti da questa paura sono:<br />
<ul>
<li>un’aumentata percezione e attenzione ai segnali di pericolo;</li>
<li>l’inibizione dei segnali della propria paura;</li>
<li>l’attivazione di comportamenti difensivi e protettivi.</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgElr6gGPzu5EHtHF-8ZASXNdyg69JcOLi6mCQALO0PPZvy2Z-fhUAcsz8wii4jbR3WlKiEFyS1OSMkrxLt67D_5aWAnOh14B2qWqbuijVLgJgmFOEzPRCUPonfKmIP2zAhTCRUaI-yPNIL/s1600/fobia+sociale+-+paura+di+essere+esclusi+dal+gruppo.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgElr6gGPzu5EHtHF-8ZASXNdyg69JcOLi6mCQALO0PPZvy2Z-fhUAcsz8wii4jbR3WlKiEFyS1OSMkrxLt67D_5aWAnOh14B2qWqbuijVLgJgmFOEzPRCUPonfKmIP2zAhTCRUaI-yPNIL/s640/fobia+sociale+-+paura+di+essere+esclusi+dal+gruppo.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="border: medium none; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; padding: 0cm; page-break-after: auto; page-break-inside: auto; text-align: center;">
immagine:
fobia sociale - paura di essere esclusi dal gruppo / Photo
by <a href="https://unsplash.com/photos/tCNjNF6FfGk?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText">Climate
KIC</a>
on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText">Unsplash</a></div>
</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Come curare la fobia sociale</h2>
Per inquadrare un soggetto fobico sociale si può fare riferimento al <b>modello di fobia sociale di Clark e Wells</b> del 1995. Questo si concentra su tre aspetti:<br />
<ol>
<li>una particolare <b>attenzione ai propri stati interiori</b>;</li>
<li>l’<b>uso di informazioni interne</b> per prevedere il proprio effetto sugli altri;</li>
<li><b>il ricorso a comportamenti di sicurezza</b>, quelli che possono preservarlo dal fare figuracce.</li>
</ol>
<br />
<b>Le relazioni</b> di una persona che soffre di questo disturbo <b>sono realmente influenzate dai comportamenti protettivi</b> che mette in atto; il problema è il significato attribuito alle proprie azioni e alle reazioni altrui, infatti <b>il soggetto tende a rimuginare sempre</b>, prima, durante e dopo la circostanza temuta.<br />
<b>Il fobico desidera il contatto</b>, <b>ma ha paura della propria prestazione</b>, perché vede gli altri come superiori e dunque li teme. Le <b>situazioni specifiche temute</b> spesso riguardano <b>il mangiare</b>, <b>il bere</b>, <b>lo scrivere mentre qualcuno lo guarda</b>; <b>il parlare in pubblico</b>, <b>partecipare a riunioni</b>, <b>avere rapporti sessuali</b>, <b>utilizzare bagni pubblici</b>.<br />
<br />
Per bloccare questa spirale di paura e negatività si può intervenire utilizzando alcune tecniche, quali:<br />
<ul>
<li><b>i compiti di esposizione</b>. Il paziente affronta una situazione che normalmente percepisce come sgradevole sotto la guida del terapeuta per superare l’ansia verso di essa e riscriverne mentalmente il significato.</li>
<li><b>il role playing</b>. Il paziente simula con il terapeuta una situazione sociale o professionale che lo agita particolarmente; in questo modo può scoprire nuove soluzioni in una modalità protetta, senza doversi misurare realmente con le conseguenze di eventuali errori comportamentali o cognitivi.</li>
<li><b>la manipolazione dei comportamenti protettivi</b>. Il paziente prende in esame le situazioni temute, immagina come si comporterebbe per evitare di sentirsi goffo, ridicolo o inadeguato e insieme al terapeuta trova degli atteggiamenti alternativi, meno concentrati su di sé e più funzionali a costruire delle esperienze sociali positive; l’obiettivo non è più evitare o superare l’evento temuto, ma viverlo in modo sereno e soddisfacente. </li>
</ul>
Il terapeuta deve quindi:<br />
<ul><ul>
<li>lavorare insieme al paziente sulle conseguenze catastrofiche ipotizzate, ridurre il suo autocriticismo e perfezionismo, eliminare i suoi comportamenti protettivi (uno su tutti l’evitamento);</li>
<li>aumentare la capacità di focalizzazione esterna del paziente, correggere le sue aspettative negative circa una situazione specifica con l’esposizione in vivo, favorire il suo apprendimento di abilità sociali.</li>
</ul>
</ul>
<a href="https://sglpsicologa.blogspot.it/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Ti capita spesso di sentirti a disagio quando sei in mezzo agli altri?</a> Contattami, insieme capiremo come gestire emozioni e comportamenti generati dall’ansia.<br />
<br />
Fonti: <i><a href="http://stateofmind.it/">stateofmind.it</a>, <a href="http://aidas.it/">aidas.it</a>, <a href="http://terzocentro.it/">terzocentro.it</a>, <a href="http://psicolab.net/">psicolab.net</a></i>Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-77150414668808912262017-11-08T20:16:00.000+01:002017-11-08T20:16:26.101+01:00Disturbo d’ansia generalizzato, il male di chi non sa smettere di pensareI soggetti ansiosi passano anche più di metà giornata preoccupandosi, anche se si rendono conto che il loro comportamento non porta ad alcuna soluzione. Sentono di non riuscire a controllare i propri pensieri (e i conseguenti sintomi) riguardo a minacce che solitamente coinvolgono aree tematiche ricorrenti: la famiglia, il denaro, il lavoro, la salute personale. La preoccupazione si presenta sproporzionata rispetto all’evento temuto e pervasiva.<br />
Quando l’ansia è caratterizzata da fastidiosi sintomi persistenti indotti dalla preoccupazione - spesso anche somatici - possiamo parlare di <b>disturbo d’ansia generalizzato</b>.
<br />
<h2>
Il tratto psichico distintivo dell’ansia generalizzata: il rimuginìo</h2>
Caratteristica centrale del disturbo è <b>l’attesa apprensiva</b>, una sorta di tensione psichica, <b>con anticipazione pessimistica di esiti negativi</b> per sé o per i propri familiari in assenza di realistiche motivazioni. A questa componente del disturbo d’ansia generalizzato si accompagna, dal punto di vista cognitivo, <b>il rimuginìo</b>. Secondo Borkovec et al. (1983), il rimuginìo è <b>un incessante susseguirsi di immagini e pensieri di eventi con finali catastrofici apparentemente incontrollabili</b>; il ritorno ripetitivo ai pensieri ansiogeni è dato dal fatto che <b>la preoccupazione nasce dal tentativo di eseguire un <i>problem solving</i> mentale</b> su una questione dall’esito incerto, ma di grande importanza per il soggetto. Wells (1999) sottolinea il <b>carattere prevalentemente verbale</b> del rimuginìo, a differenza delle <a href="http://sglpsicologa.blogspot.it/2017/04/tecniche-immaginative-imagery.html" target="_blank">immagini che colpiscono più in profondità la parte emotiva</a>. Il linguaggio interiore si appoggia alla parte logica, creando un certo <b>distacco dall’intensità dell’emozione</b>; infatti i pensieri verbali stimolano una <b>scarsa risposta cardiovascolare</b>, mentre immagini dello stesso materiale evocano una risposta più forte.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0x5UcxHUel5ht1i_OpwPUz0pktyxdU5Pi34PhS7dN0RyMi0nUPbSkgg-1nVaLG9RDymurdtWWTyJlYkujE85fzVmzh1m9gNtmGxrMJ5ZfUZETmhqtYRYlW0mKyCHTrSS3pm2sB63A8mrE/s1600/disturbo+ansia+generalizzato+-+rimugin%25C3%25ACo.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1036" data-original-width="1600" height="414" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0x5UcxHUel5ht1i_OpwPUz0pktyxdU5Pi34PhS7dN0RyMi0nUPbSkgg-1nVaLG9RDymurdtWWTyJlYkujE85fzVmzh1m9gNtmGxrMJ5ZfUZETmhqtYRYlW0mKyCHTrSS3pm2sB63A8mrE/s640/disturbo+ansia+generalizzato+-+rimugin%25C3%25ACo.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: transparent; color: black; display: inline !important; float: none; font-family: Times New Roman; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">immagine: disturbo ansia generalizzato - rimuginìo / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/ORUrx673TWA?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Jad Limcaco</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr>
</tbody></table>
Come tutte le potenzialità dell’uomo, anche <b>la preoccupazione di per sé non è patologica</b>, ma anzi può essere una modalità funzionale di risoluzione di un problema: essa consiste nella contemplazione di situazioni potenzialmente pericolose e di strategie personali di fronteggiamento. È associata a una motivazione a prevenire o evitare un potenziale pericolo e, pur essendo spesso intrusiva (cioè non ricercata, ma spontanea), è controllabile, benché spesso ci sembri il contrario. Secondo Barlow et at. (1998) ciò che <b>rende la preoccupazione patologica</b> non è il contenuto dei pensieri in sé, ma <b>la percezione che sia eccessiva e incontrollabile</b>. Il rimuginìo ansiogeno è caratterizzato da:<br />
<ul>
<li>
una significativa diminuzione delle <b>asserzioni orientate al</b> presente, con prevalenza del <b>futuro</b>;</li>
<li>
aumento dell’<b>affettività ansiosa e depressiva</b> (la sensazione di non riuscire più ad uscire da questi pensieri ricorrenti);</li>
<li><b>
minore capacità di spostare la propria attenzione</b> da un argomento all’altro o di focalizzarla;</li>
<li>
prevalenza di <b>parole che implicano un’interpretazione catastrofica</b> (es. sempre, mai, tremendo, terribile).</li>
</ul>
<div>
Poiché i soggetti ansiosi vivono male l’incertezza, il rimuginìo è il loro modo per prepararsi al peggio, cercando di controllare gli eventi futuri per evitare le delusioni e proteggere le persone care, qualche volta anche in senso un po’ superstizioso.
</div>
<h2>
Come si riconosce un ansioso patologico? Dalla tensione fisica e dalle sue convinzioni</h2>
Ancora Borkovec sottolinea, inoltre, come <b>la preoccupazione per problemi quotidiani relativamente poco importanti</b> possa servire da distrazione per tematiche di maggiore carica emotiva. Per Stober (1998) i concetti astratti che caratterizzano le preoccupazioni possono contribuire a diminuire l’immaginazione mentale e ridurre la capacità di iniziare passi concreti per la soluzione dei problemi. Quindi la preoccupazione <b>diventa forma di evitamento per timore dell’errore</b>, perfezionismo o allontanamento delle emozioni. All’inibizione dell’elaborazione emotiva si accompagnano <b>segni di tensione fisica</b>, come:<br />
<ul>
<li>
irrigidimento muscolare soprattutto al capo, al collo e al dorso,</li>
<li>
dolori diffusi e cefalee, tremori e contrazioni;</li>
<li>
iperattività neurovegetativa (respiro affannoso, palpitazione, sudorazione, secchezza delle fauci, sensazione di nodo alla gola o di testa vuota e leggera, vampate di caldo, disturbi gastroenterici);</li>
<li>
disturbi cognitivi, rappresentati principalmente dal rimuginìo, scarsa concentrazione e facile distraibilità, disturbi della memoria;</li>
<li>
disturbi della vigilanza (irrequietezza, irritabilità, nervosismo, stato di allarme);</li>
<li><a href="http://sglpsicologa.blogspot.it/2016/02/meditazione-cura-insonnia.html" target="_blank">disturbi del sonno</a> (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente).</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbAD-dEx2bUh1mU6cwtDhSh01Yj_IQpllhCPWnQzCqe4dQC552m_WlXN3B9STuz-xAQNYC1p4p2QXEfZeoIUX6uUV4AUR0FoZKZZ4SemkZR11KbTGC2PEjwYqGAOcHZxS-yPwkseSI_C0E/s1600/ansia+generalizzata+-+disturbi+del+sonno.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1600" height="512" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbAD-dEx2bUh1mU6cwtDhSh01Yj_IQpllhCPWnQzCqe4dQC552m_WlXN3B9STuz-xAQNYC1p4p2QXEfZeoIUX6uUV4AUR0FoZKZZ4SemkZR11KbTGC2PEjwYqGAOcHZxS-yPwkseSI_C0E/s640/ansia+generalizzata+-+disturbi+del+sonno.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: transparent; color: black; display: inline !important; float: none; font-family: Times New Roman; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">immagine: ansia generalizzata - disturbi del sonno / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/gbS_fhrFo10?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Bekah Russom</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr>
</tbody></table>
<div>
L’ansia patologica ha un decorso cronico e fluttuante e tende a peggiorare durante i periodi di stress. <b>Spesso i soggetti che ne soffrono ricorrono ad autoterapie disfunzionali</b> (come l’abuso di alcol o sostanze) e per questa ragione il disturbo si presenta frequentemente associato ad altri, come la depressione che insorge secondaria quando il paziente sente che sta perdendo il controllo della propria vita. Compare spesso in adolescenza, tuttavia è difficile da definire con esattezza, in quanto i pazienti hanno spesso la sensazione di soffrirne da sempre.</div>
<div>
Il disturbo d’ansia generalizzato <b>colpisce prevalentemente le donne</b> (circa il 60% dei pazienti ansiosi), soprattutto se separate, vedove, divorziate, disoccupate o casalinghe.</div>
<div>
In pochi si rivolgono allo psicologo, probabilmente perché la componente somatica dell’ansia spinge le persone a consultare altri specialisti e solo dopo il colloquio con loro si valuta la possibilità di un percorso psicologico.</div>
<div>
Le persone che soffrono di un disturbo d’ansia generalizzato hanno alcune <b>convinzioni che caratterizzano questo disagio</b>:</div>
<ul>
<li><b>
il mondo è considerato sempre minaccioso</b> (anche dietro a eventi neutri possono nascondersi pericoli che vanno scoperti);</li>
<li><b>
le emozioni fanno paura</b> ed è presente il circolo vizioso per cui lo stato di allerta viene scambiato per pericolo in sé;</li>
<li><b>
la tranquillità intimorisce</b>, perché viene scambiata per impreparazione al pericolo incombente;
se la mente è sgombra ci si concentra sui pericoli potenziali;</li>
<li><b>l’esito catastrofico atteso si basa su un senso di inadeguatezza personale</b> (in parole povere i soggetti ansiosi ritengono di non avere le capacità necessarie ad affrontare i problemi);</li>
<li><b>
ci si giudica negativamente</b>, facendo riferimento a una teoria costruita autonomamente su come non si debba essere psicologicamente deboli.</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrmvjkLS8GnGF_WS6RYDq8uNEyxhuCkB6C9TdAYkhePTdKlJtnjryA3Oh3TnTk1IJJuVR87Dp_bZHnchYHRPvzYP7lztB2oMMVjShc1jo8N8_PwwbAsU6VywZT_1dDvL-nWRJVIcG8wBB2/s1600/disturbo+ansia+generalizzato+-+convinzioni+catastrofiche.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrmvjkLS8GnGF_WS6RYDq8uNEyxhuCkB6C9TdAYkhePTdKlJtnjryA3Oh3TnTk1IJJuVR87Dp_bZHnchYHRPvzYP7lztB2oMMVjShc1jo8N8_PwwbAsU6VywZT_1dDvL-nWRJVIcG8wBB2/s640/disturbo+ansia+generalizzato+-+convinzioni+catastrofiche.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: transparent; color: black; display: inline !important; float: none; font-family: Times New Roman; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">immagine: disturbo ansia generalizzato - convinzioni catastrofiche / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/DY2miYwMchk?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Mario Azzi</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></span></td></tr>
</tbody></table>
<h3>
Gestire l’ansia è meglio (e più realistico) che evitarla</h3>
<div>
Per contrastare questa situazione così difficile da sopportare e alcune volte con pesanti ricadute sulla propria vita, <b>il punto di partenza è assumersi la responsabilità del controllo dei propri pensieri, sentimenti e comportamenti</b>: l’ansia non deve essere evitata, può essere gestita; i pensieri non sono fuori dal controllo, possiamo utilizzare adeguate strategie che ci permettono di riportare nella sfera della tolleranza le emozioni e in quella intenzionale i comportamenti. Bisogna quindi cercare di <b>distinguere le preoccupazioni irrealistiche da quelle ragionevoli, ma eccessive</b>. In seguito, possiamo:</div>
<ul>
<li><b>tenere un diario degli eventi e delle reazioni</b> che suscitano in noi per affrontare i pensieri catastrofici ogni volta che si presentano stimoli in grado di scatenarli: infatti la scrittura rende possibile un certo distanziamento che permette di riprendere il controllo sui pensieri.</li>
<li>
imparare a osservare i nostri pensieri riconoscendoli come tali (e quindi diversi da ciò che realmente sta accadendo) usando alcune <b>tecniche volte all’acquisizione di consapevolezza </b>(<i>mindfulness</i>): in questo modo non rimaniamo agganciati all’immagine, ma lasciamo andare, allenandoci a gestire la nostra mente, portandola a focalizzarsi su altri aspetti oltre il pensiero dominante.</li>
<li>
per completare il nostro percorso verso la calma, in alcuni casi si possono utilizzare gli <b>esercizi di rilassamento</b> (per esempio il <i><a href="http://www.gazzetta.it/Fitness/04-01-2013/stress-ansia-insonniaecco-training-autogeno-913679565092.shtml?refresh_ce-cp" target="_blank">training autogeno</a></i>).</li>
</ul>
<div>
Infine dobbiamo ricordare che non è realistico credere che anni di paure abituali e pensieri negativi possano essere del tutto superati in poche settimane; l<b>a modulazione dell’ansia richiede allenamento continuo</b>, anche quando l’intensità dell’emozione e dei sintomi si sarà ridotta. Contattami se vuoi <a href="http://sglpsicologa.blogspot.it/p/info-e-contatti.html" target="_blank">iniziare un percorso guidato e personalizzato per imparare a gestire emozioni e preoccupazioni</a>.</div>
Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6447191305609718042.post-82322963962990146822017-10-14T19:03:00.001+02:002017-10-14T19:03:52.968+02:00 Impara a dire grazie, sarai più felice. Lo dice la psicologiaÈ da diverso tempo ormai che gli studiosi, come <a href="http://www.huffingtonpost.it/2016/11/27/gratitudine-praticare_n_13262984.html" target="_blank">Robert Emmons o Randy Kamen</a>, hanno notato una <b>correlazione fra la gratitudine e la felicità</b>, intesa come una vita ricca di significato e soddisfacente. Il sentimento di gratitudine, quel senso di riconoscenza che ci riempie di una felicità condivisa con chi si mostra gentile nei nostri confronti, è un’emozione che abbiamo provato tutti qualche volta nella vita. Quand’è che questa sensazione così profonda si manifesta in noi? E come influisce sul nostro benessere?
<br />
<h2>
Quando proviamo gratitudine e perché</h2>
La gratitudine è quella sensazione che dovremmo provare di fronte ad un dono. Dovremmo, perché in realtà non è una reazione così scontata: molte volte tendiamo a non riconoscere un regalo vero, scambiando invece come tale una ricompensa (cioè quanto riceviamo per aver fatto qualcosa di utile, come un lavoro o un favore). <b>Un dono</b> è per definizione assolutamente gratis: non è dovuto, aspettato, meritato, guadagnato o pagato. <b>Viene fatto in nome dell’affetto e del piacere di offrire qualcosa per generare gioia nell’altro</b> e, proprio per questo, la gratitudine è un sentimento che fa provare una felicità condivisa.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheUncsIQyOcXNrXwVZAddx2_Fxwx7vXamk44MP-USSs1RRQ8kJi-j70vrqyhGaWO8vDHlW1zk45SMUENG0E65YqkvliJa_c5Xyvb_YWPzTCVAuhRuJs9eRLjAKjUNG2Up80tfU1-lR44Nz/s1600/gratitudine+-+dono.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1249" data-original-width="1600" height="498" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheUncsIQyOcXNrXwVZAddx2_Fxwx7vXamk44MP-USSs1RRQ8kJi-j70vrqyhGaWO8vDHlW1zk45SMUENG0E65YqkvliJa_c5Xyvb_YWPzTCVAuhRuJs9eRLjAKjUNG2Up80tfU1-lR44Nz/s640/gratitudine+-+dono.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: gratitudine - dono / photo by <a href="http://rawpixel.com/" target="_blank">rawpixel.com</a></td></tr>
</tbody></table>
Un dono vero <b>genera in noi</b> un piacere antico, fondamentale dal punto biologico ed essenziale per lo sviluppo psicologico: <b>la consapevolezza di meritare amore</b>. Questo bisogno basico, <b>il bisogno di sentirsi amati gratuitamente</b>, possiamo ritrovarlo <b>in almeno due specifiche fasi dello sviluppo</b> <b>umano:</b><br />
<ul>
<li>nella fiduciosa <b>richiesta di cure da piccoli</b> (che ci permettono di sopravvivere, non essendo ancora autosufficienti);</li>
<li>nel processo di <b>costruzione della sicurezza in noi stessi</b> per affrontare le sfide complesse di fronte a cui ci mette la vita, sapendo che la nostra esistenza ha un significato.</li>
</ul>
La gratitudine è l’emozione che proviamo quando <b>un dono vero ci ricorda che siamo importanti</b>. Il sentimento che proviamo di fronte a questa dichiarazione sottintesa, di fronte alla fortuna di poter vivere questo momento, è simile a uno stato di fusione che fa vibrare dentro di noi la bellezza della vita, di appartenere a lei e alla natura. E un dono su cui ci soffermiamo poco è proprio <b>quello spontaneo offerto dalla vita</b>: il fatto di essere qui, di avere occhi per vedere quanto c’è di bello nel mondo, di avere i sensi per odorare, ascoltare, toccare, esplorare; di avere questo preciso momento per poter agire o pensare. Nella sua <i>Critica della Ragion Pratica</i> il filosofo Immauel Kant affermava:<br />
<i>“Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.”</i><br />
Ma per apprezzare questi momenti <b>è necessario concedersi un po’ di tempo</b>: riuscire a fermare il flusso dei doveri e delle incombenze <b>per poter godere un momento della gioia di sorprenderci</b>. Ritrovare quella sorpresa antica <b>davanti agli eventi che ormai sono diventati conosciuti</b> e quindi non suscitano più emozioni: nel caso di Kant, il cielo stellato sopra di me. Si tratta di provare a <b>vivere in una nuova dimensione della coscienza: quella della consapevolezza</b> (o mindfulness), attraverso la quale possiamo riconoscere e vivere ogni istante senza trascurarlo e ricavandone un profondo senso di gratitudine.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4OUZX1vPqS7LOtU_sj8nR6mhb-mKumhNSoVIgQeWOfRolzgMaFXhbw_ar5YJCm_fmKa1F7E9xfEMkZeR0ePtMyUu1CAoJtjslRVIniEixga_Cc82JZHVCk86Nrj4vOpfDJ9vdJ0KGcNQO/s1600/gratitudine+-+gioia+di+sorprenderci.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4OUZX1vPqS7LOtU_sj8nR6mhb-mKumhNSoVIgQeWOfRolzgMaFXhbw_ar5YJCm_fmKa1F7E9xfEMkZeR0ePtMyUu1CAoJtjslRVIniEixga_Cc82JZHVCk86Nrj4vOpfDJ9vdJ0KGcNQO/s640/gratitudine+-+gioia+di+sorprenderci.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: gratitudine - gioia di sorprenderci / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/Z-4kOr93RCI?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Luca Upper</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
</tbody></table>
<h3>
Perché il sentimento di gratitudine è così importante?</h3>
Perché <b>saper provare gratitudine è un tratto del carattere di cui sembrano dotate le persone che si percepiscono serene e realizzate</b>. Si potrebbe pensare che sia la loro fortunata situazione a sviluppare in esse questo senso di riconoscenza; in realtà questo meccanismo non si innesca sempre in modo automatico. Tutti conosciamo individui che avrebbero ogni possibilità per godersi la loro felicità, eppure ci capita di vederli scontenti, qualche volta addirittura in crisi. La capacità di saper vedere doni intorno a noi - doni ricevuti in maniera totalmente gratuita - <b>ci mette nella posizione di notare il meglio in quanto abbiamo già, predisponendoci alla felicità</b>. La gratitudine genera in noi un <b>senso di appagamento e di pienezza che rende inutili emozioni difficili da gestire come ansia, rabbia e rancore</b>, che pertanto si dileguano. I livelli di stress si riducono, mentre aumenta un <b>senso di fiducia in noi stessi che rafforza la <a href="http://sglpsicologa.blogspot.it/2016/08/resilienza.html" target="_blank">resilienza</a></b><a href="http://sglpsicologa.blogspot.it/2016/08/resilienza.html" target="_blank"> </a>nei momenti difficili della vita; infine, sostiene Robert Emmons, questa emozione <b>facilita l’integrazione sociale</b>: questo significa che, se sappiamo praticare la gratitudine, <b>potremo contare su una rete di solidarietà</b> intorno a noi quando saremo in difficoltà.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjWmBM15FGp5xoV9mQGVkJ6bELa7ZEKMFqU4BqLIpwDNo7Q0vs0Fp9ftklQgUUnYOpSg2kcBv26fJIog_zLA5_E1RLY-AmySvEAHmTEumDm4C66oYLEiMj6ZC_tHLbTpqny-VGYbfxOzke/s1600/gratitudine+-+integrazione+sociale.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1092" data-original-width="1600" height="436" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjWmBM15FGp5xoV9mQGVkJ6bELa7ZEKMFqU4BqLIpwDNo7Q0vs0Fp9ftklQgUUnYOpSg2kcBv26fJIog_zLA5_E1RLY-AmySvEAHmTEumDm4C66oYLEiMj6ZC_tHLbTpqny-VGYbfxOzke/s640/gratitudine+-+integrazione+sociale.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">immagine: gratitudine - integrazione sociale / Photo by <a href="https://unsplash.com/photos/3BK_DyRVf90?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">rawpixel.com</a> on <a href="https://unsplash.com/?utm_source=unsplash&utm_medium=referral&utm_content=creditCopyText" target="_blank">Unsplash</a></td></tr>
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<h4>
Riconoscenti si nasce… E si diventa</h4>
La nostra capacità di provare o meno gratitudine può dipendere dal tipo di famiglia in cui siamo cresciuti, a seconda che ci siamo sentiti amati gratuitamente oppure ci siamo percepiti come individui performanti, cioè bimbi che l’amore lo devono meritare. Nel primo caso saremo naturalmente più propensi a dimostrare questa abilità. Ma niente paura, anche nel secondo caso <b>il senso di riconoscenza verso gli altri e la gioia che ne consegue possono essere imparati e allenati</b>, fino a farne la modalità con cui affrontiamo spontaneamente le nostre giornate. Come?<br />
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<li><b>Possiamo scrivere in un diario ogni giorno qualche cosa per cui siamo stati felici</b>; bastano anche piccole cose. La gioia che proviamo nel farlo piano piano crescerà, fino a diventare un nuovo modo di vedere la realtà.</li>
<li><b>Possiamo imparare a ringraziare, anche procedendo per piccoli passi</b>: cominciare a farlo per iscritto, poi a voce (anche per telefono), per arrivare infine a guardare negli occhi la persona a cui ci stiamo rivolgendo; in qualunque modo decidiamo di esprimerci, il piccolo atto del ringraziare genererà immediatamente un momento di condivisione e gioia che resterà a lungo. </li>
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Provare gratitudine può davvero migliorare la qualità percepita della tua vita. <a href="http://sglpsicologa.blogspot.it/p/info-e-contatti.html" target="_blank">Vuoi sviluppare questa capacità?</a> Parliamone insieme.Sveva Giribaldi Laurentihttp://www.blogger.com/profile/09632017079653539202noreply@blogger.com0